La Guardia di Finanza e la Procura di Milano accusano Google di aver evaso le tasse in Italia per 300 milioni di euro nel periodo 2008-2013 (su un imponibile presunto di circa 800 milioni) e chiedono al gigante di Mountain View di versare al Fisco italiano questa somma per sanare la propria posizione. Lo scrive oggi il quotidiano La Repubblica, precisando che l’evasione sarebbe stata realizzata in termini di imponibile sottratto a tassazione (circa un terzo) e di ritenute non operate (gli altri due terzi), facendo risultare la sede fiscale della società non in Italia. In sostanza, l’azienda avrebbe registrato gli utili nei bilanci di altri Paesi con regole fiscali più convenienti, come l’Irlanda, dove la tassazione è di poco superiore al 12%, contro il 27,50% dell’Ires italiana.
“Noi rispettiamo le normative fiscali in tutti i Paesi in cui operiamo”, ha replicato Google.
La direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, ha confermato però questa mattina che le Fiamme Gialle stanno notificando in queste ore un verbale al colosso californiano.
Arriva perciò il primo atto ufficiale dopo una trattativa durata mesi fra le parti e indiscrezioni trapelate – ma poi smentite – su possibili accordi per un patteggiamento fra i 150 e i 200 milioni di euro.
La Repubblica scrive che a questo punto Google potrebbe accettare di pagare una somma compresa fra i 220 e i 270 milioni di euro. Se però il contenzioso penale e quello amministrativo dovessero prolungarsi, alla fine il gruppo potrebbe dover pagare un conto ben più salato, comprensivo di penali e interessi.
Sarebbe una punizione ben più severa di quella inferta a Google dal fisco britannico, che lunedì 25 gennaio ha annunciato di aver trovato un accordo con Mountain View per il pagamento di 130 milioni di sterline a fronte di un imponibile teorico evaso di quasi 4 miliardi. Non a caso, ieri il quotidiano londinese “The Times” titolava: “L’Italia fa vedere come mostrarsi risoluti con Google”.
Poco dopo Natale, inoltre, il Fisco italiano aveva ricevuto un bonifico di 318 milioni di euro da un altro colosso della California, Apple, che aveva accettato senza obiezioni i calcoli dell’Agenzia delle Entrate. In quel caso, il verbale di contestazione parlava di un miliardo di imponibile non versato.