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Fisco: Governo al lavoro su secondo figlio e fondi pensione

Attraverso una legge delega l’Esecutivo vuole riorganizzare gli strumenti a sostegno della famiglia e non è escluso che bonus bebè e detrazioni si possano concentrare sul secondo figlio, in modo da incentivare la natalità – Possibile anche una parziale marcia indietro sulle aliquote dei fondi pensione, alzate l’anno scorso.

Fisco: Governo al lavoro su secondo figlio e fondi pensione

Incentivi fiscali concentrati sul secondo figlio per sostenere la natalità e parziale marcia indietro sulle tasse che gravano sui fondi pensione, quasi raddoppiate l’anno scorso. Sarebbero questi, secondo quanto riporta oggi Il Messaggero, due dei prossimi interventi in materia di fisco su cui il Governo sta lavorando.

Il primo rientra nel contesto di una generale “revisione degli strumenti di sostegno diretto e indiretto in favore delle famiglie – come si legge nel programma nazionale di riforma inserito nel Def –, anche al fine di incentivare la natalità”.

Oggi gli strumenti sono molti. Le detrazioni riconosciute per i familiari a carico sono decrescenti al crescere del reddito (ovvero sono collegate all’imponibile Irpef del singolo contribuente, anche se nella maggior parte dei casi il beneficio si ripartisce fra i due genitori) e si annullano a un reddito di circa 90mila euro. Nel 2014 valevano 14 miliardi di euro e sono state percepite da 12 milioni di italiani.

C’è poi l’assegno al nucleo familiare (Anf), un’erogazione diretta dell’Inps nelle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e dei pensionati ex dipendenti. Anche in questo caso il beneficio si riduce con l’aumentare del reddito, ma quest’ultimo è misurato su base familiare e comprendere anche voci esenti dall’Irpef. Sempre nel 2014, questa misura valeva oltre 4 miliardi e riguardava circa tre milioni di persone.

Inoltre, anche i Comuni gestiscono in proprio un assegno per la maternità e uno riservato ai nuclei con tre figli minori. Per questi strumenti il diritto all’accesso si valuta in base all’indicatore della situazione economica equivalente (Isee).

In uno scenario così complesso, dal 2015 si è aggiunto anche il bonus bebè (960 euro annui da corrispondere fino al terzo anno di età o adozione del bambino; nel caso in cui il reddito sia inferiore di 7.000 euro annui la famiglia del bebè riceve il doppio, 1.920 euro annui, pari a 160 euro al mese). La nuova misura non ha inciso minimamente sulla tendenza demografica negativa, al punto che nel primo anno di applicazione sono state erogate meno risorse di quelle stanziate.

A questo punto, perciò, il Governo punta, attraverso una delega, a “unificare la complessa normativa sulla famiglia – si legge ancora nel piano di riforma – attraverso la redazione di un apposito Testo unico che collochi in un quadro unitario le numerose risorse esistenti”. Non è escluso che, per sostenere la natalità, si scelga di concentrare bonus e detrazioni sul secondo figlio.

Per quanto riguarda la previdenza complementare, nel 2015 l’Esecutivo aveva portato l’aliquota sui rendimenti dei fondi pensione dall’11,5% (più bassa di quella applicata sui titoli di Stato) al 20%. Per le casse di previdenza, invece, il prelievo era salito dal 20 al 26%. 

Le percentuali riscendono tuttavia rispettivamente all’11% e al 20% nel caso in cui fondi e Casse investano nell’economia reale. Anche se quindi la cosa “più logica” sembrerebbe quella di riportare genericamente le aliquote al livello pre-2015, l’intenzione prevalente, riferiscono fonti vicine al governo, sarebbe invece quella di mantenere viva la condizione favorevole all’investimento in attività non speculative. Da qui la probabilità che la riduzione non sia di 9 e 6 punti, ma leggermente inferiore, con la possibilità di ampliare comunque il vantaggio fiscale alle stesse condizioni in vigore oggi.

Possibile anche un incremento della deducibilità fiscale dei versamenti effettuati (che oggi non deve superare i 5.164,57 euro).

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