La cosiddetta “tassa sui bancomat” non vedrà mai la luce, ma il Fisco potrà avviare controlli e contestazioni sui conti correnti, anche se non per tutte le categorie di lavoratori.
1) LA “TASSA SUI BANCOMAT”
In realtà, quella su cui il governo ha fatto marcia indietro non era una vera e propria tassa sui bancomat, ma una sanzione pari al 10-50% del prelievo (allo sportello o al bancomat) che sarebbe dovuta scattare sulle operazioni ingiustificate, cioè quelle non contabilizzate e in cui manchi o risulti inesatta l’indicazione del beneficiario.
2) IL DECRETO E LA MARCIA INDIETRO DEL GOVERNO
All’inizio dell’estate l’applicazione di questa norma sembrava certa, ma lo scorso 4 settembre il Consiglio dei ministri ha deciso di cancellarla dal decreto sulle sanzioni amministrative tributarie, uno dei provvedimenti attuativi della delega fiscale. Il testo ha ricevuto il secondo via libera preliminare dal governo e ora attende l’ultimo parere delle commissioni parlamentari. L’approvazione definitiva dovrebbe arrivare entro fine mese.
3) I CONTROLLI SUI CONTI CORRENTI IN CASO DI PRELIEVI INGIUSTIFICATI
La “tassa sui bancomat”, perciò, rimarrà lettera morta, ma in caso di prelievi ingiustificati potranno scattare comunque controlli e contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sui conti correnti. Per questo tipo di operazioni sospette, infatti, varrà la presunzione legale che i soldi prelevati siano maggiori compensi o ricavi non dichiarati, ovvero frutto di evasione.
4) LE CATEGORIE A RISCHIO
La possibilità d’incorrere in questo genere di contestazione fiscale non riguarderà però tutti i contribuenti. Anzi: seguendo le indicazioni della Corte Costituzionale (sentenza n. 228/2014) il governo ha eliminato dal decreto anche l’equiparazione automatica dei lavoratori autonomi agli imprenditori. Di conseguenza, rimangono a rischio controlli soltanto gli imprenditori puri e quelle figure professionali che – pur avendo caratteristiche più simili a quelle dei lavoratori autonomi – producono reddito d’impresa perché vengono retribuiti con provvigioni sugli affari conclusi (ad esempio i promotori finanziari, gli agenti di commercio e i mediatori immobiliari).
5) COSA FARE IN CASO DI CONTESTAZIONE
Queste categorie, in caso di contestazione, saranno tenute a fornire “prove contrarie e non generiche” che giustifichino i prelievi considerati sospetti dal Fisco. D’altra parte, come chiarisce la circolare 32/E/2006 dell’Agenzia delle Entrate, a chi opera i controlli viene raccomandato di non essere troppo rigido, così da non “trascurare le eventuali dimostrazioni, anche di natura presuntiva, che trattasi di spese non aventi rilevanza fiscale sia per la loro esiguità, sia per la loro occasionalità e, comunque, per la loro coerenza con il tenore di vita rapportabile al volume di affari dichiarato”.