La rassegna raccoglie 120 opere tra le più significative della produzione dei due pittori di origine spagnola. Il nucleo più consistente è rappresentato da quelle concesse dagli eredi a cui si sommano i prestiti provenienti da importanti realtà museali, da prestigiose fondazioni e da collezionisti privati con diversi inediti.
Il progetto segue le fortunate iniziative realizzate a Villa Bardini attorno alle figure di Pietro Annigoni e Gregorio Sciltian e chiude il doveroso approfondimento (impreziosito anche dalla monografica su Alfredo Serri) sull’intricata e breve esperienza del Gruppo dei Pittori Moderni della Realtà (1947-1949).
Il catalogo della mostra – Edizioni Polistampa – contiene contributi di Susanna Ragionieri, Giorgio Bedoni e l’introduzione di Philippe Daverio, presidente onorario dell’Associazione Culturale Bueno che ha sede a Firenze.
La mostra celebra e documenta la vicenda creativa e umana di due complesse personalità votate alla più autentica pratica pittorica che, con originalità, ebbero modo di avvicinarsi al vivace ambiente culturale fiorentino a partire dagli anni quaranta, guadagnandosi in un lungo e tormentato percorso di crescita e adattamento stilistico, un ruolo da protagonisti nel panorama artistico italiano del secondo Novecento.
Sullo sfondo dei profondi cambiamenti culturali nei vivaci anni del dopoguerra, segnati dall’antinomia avanguardia e figurazione, l’indagine approfondisce, per la prima volta, la simbiosi esistenziale tra i due fratelli mettendone in luce, da una parte, i punti di tangenza nel delicato meccanismo dei reciproci condizionamenti e scambi di influenze, specie negli anni della formazione e, dall’altra, le fasi del distacco e dell’affrancamento individuale che portarono alle rispettive maturità stilistiche.
I fratelli Xavier (1915-1979) e Antonio Bueno (1918-1984) giunsero in Italia nei difficili anni della guerra dopo un’infanzia trascorsa tra Berlino, Ginevra e Parigi al seguito del padre giornalista, e arrivarono a Firenze nel 1940, motivati dallo studio della straordinaria eredità artistica rinascimentale della città. Ma quello che avrebbe dovuto essere un soggiorno breve e temporaneo si trasformò, per entrambi, in un’esperienza di vita definitiva e totalizzante perché nel capoluogo toscano trascorsero il resto della loro vita.
Il biglietto d’ingresso alla mostra consentirà agli appassionati dell’arte d’immergersi nel parco naturalistico e architettonico del Giardino Bardini, luogo tra i più affascinanti di Firenze, dal cui Belvedere si potrà godere di una spettacolare vista sulla città. Sono quattro ettari di bosco, orto frutteto e giardino piantato a rose, iris, oltre a ortensie e ad altre piante decorative, a contatto con le mura medievali di Firenze.
Il “Giardino dei tre giardini”, secondo la definizione data dall’antiquario Stefano Bardini, ultimo proprietario privato, si presenta con il bosco all’inglese, la scalinata barocca e il parco agricolo, e si configura come eclettica stratigrafia di usi e gusti, di mode e utilizzi. Sono circa duecento i pezzi tra le statue e i vasi censite, oltre alle piccole architetture, alle fontane e agli arredi lapidei, oggi tornati al loro antico splendore, dopo un accurato restauro durato cinque anni.
Tra i servizi, si segnala inoltre un ristorante di alta qualità che garantirà al visitatore una maggiore e più gradevole fruizione del giardino stesso.
Il Giardino Bardini. Una breve storia
La storia del Giardino Bardini segue parallelamente quella di Firenze.
La prima fase dell’area verde Bardini risale all’età medievale e vede protagonista la ricchissima famiglia Mozzi la quale, già nel Duecento, era proprietaria di numerose case e terreni tra cui la cosiddetta “collina di Montecuccoli”, dove si estende attualmente il Giardino.
Le alterne vicende della proprietà, frazionata lungo i secoli in due porzioni, trovano una sintesi nel 1839, quando la famiglia Mozzi riunisce le due parti. Tuttavia, nel corso del XIX secolo, il giardino incorse in un inesorabile declino, a causa delle difficoltà economiche della famiglia. Nel 1880 il complesso, ormai in stato di abbandono, viene espropriato all’ultimo erede della famiglia Mozzi e acquistato dai principi Carolath von Beuthen, che ne saranno proprietari fino al 1913, dotando il giardino di elementi di gusto vittoriano.
Agli inizi del Novecento avviene quindi il passaggio della proprietà dalla famiglia von Beuthen a Stefano Bardini che, subito dopo l’acquisto, rinnova l’intero complesso per adeguarlo alle proprie esigenze di rappresentanza, conferendogli uno stile ancora più eclettico di quanto già non avesse.
Il giardino, arricchito da elementi decorativi di varia provenienza assemblati col gusto tipico del collezionista che nulla esclude, diventa così un labirinto di tranelli per il conoscitore d’arte che stenta a riconoscere i materiali veri da quelli falsificati, i rimontaggi con inserimenti moderni dalle opere autentiche.
La costruzione di un viale per raggiungere la villa e la conseguente demolizione dei giardini murati, l’accorpamento degli edifici sulla costa S. Giorgio e la costruzione di una loggia sul Belvedere, inserita tra i due padiglioni dell’antica Kaffehaus, sono alcune tra le modifiche più evidenti volute dall’antiquario Bardini, in quella che fu la stagione più intensa del giardino.
Nel 1965, con la morte del figlio di Stefano Bardini, Ugo, ha inizio un lungo e complicato iter burocratico sull’eredità, conclusosi solo nel 2000 con l’interessamento dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, attraverso la Fondazione Parchi Monumentali Bardini Peyron, che gestisce attualmente la proprietà.
L’esposizione, dal titolo DOPPIO RITRATTO – Antonio e Xavier Bueno. Contrappunti alla realtà tra avanguardia e figurazione, curata da Stefano Sbarbaro, è promossa dalla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze in collaborazione con l’Associazione Culturale Bueno.