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Finto made in Italy, in Asia i preferiti sono i sughi pronti

I prodotti “pseudo-italiani” che tirano di più in Asia? Salse, sughi pronti e oli d’oliva. Ancora di più rispetto alla pasta e all’inimitabile mozzarella di bufala. A rilevare la mappa del cosiddetto “Italian Sounding” (i prodotti che “suonano” italiani ma assolutamente non lo sono) è un’indagine condotta da Assocamerestero in collaborazione con le 8 Camere di Commercio italiane presenti in Asia e cioè in Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Singapore, Thailandia e Vietnam.

L’analisi del finto made in Italy, ovvero del fenomeno del ricorso improprio a denominazioni che si rifanno all’Italia per indurre all’acquisto, si inserisce nel contesto del Progetto “True Italian Taste”, promosso e finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nell’ambito della campagna di promozione del cibo 100% italiano. Tra i 600 prodotti censiti, è dunque emerso che la categoria più colpita dall’Italian Sounding è quella dei condimenti, ovvero salse, sughi, oli, con il 26,8% dei prodotti che evocano l’autentico Made in Italy. Al secondo posto tra i prodotti più imitati, i surgelati e piatti pronti (con una quota del 19,6%), seguiti a brevissima distanza dalla pasta (19,1%). Si attestano invece al 17,5% i prodotti lattiero-caseari.

Assocamerestero si è concentrata anche sui motivi della diffusione del fenomeno e le cause principali emerse sono due: difficoltà di reperimento dei prodotti italiani autentici sui mercati esteri e costo inferiore. In particolare, su questo ultimo aspetto, la pasta arriva a costare in media oltre il 30% in meno (ad Hong Kong addirittura -71%!), seguita dai surgelati (-21,6%) e condimenti (-11,9%). Il Paese che vende di più finti condimenti italiani (prodotti come Ragu Pizza Sauce, dove però non c’è la carne, o pesti genovesi col rosmarino al posto del pesto o copie maldestre dell’aceto balsamico di Modena) è l’India, davanti a Corea e Cina.

A Singapore invece è la pasta l’alimento Italian Sounding più diffuso (38,6%), importata in particolare dall’Australia. La mozzarella (e in generale i latticini) va per la maggiore in Thailandia, mentre in Cina, un terzo del food Italian Sounding è composto dai surgelati e piatti pronti (soprattutto pasta e pizza surgelati) con i condimenti che si attestano al secondo posto.

“Le prospettive di sviluppo dell’export Made in Italy e la competitività dei prodotti italiani – ha commentato Gaetano Fausto Esposito, Segretario Generale di Assocamerestero – passano inevitabilmente attraverso la consapevolezza e conoscenza approfondita del fenomeno dell’Italian Sounding. La mappatura rappresenta in questo senso un tassello importante in quanto evidenzia come alla base della diffusione dei prodotti di imitazione ci sia spesso non solo una ridotta conoscenza ma anche un problema di presenza e posizionamento sui mercati esteri del Made in Italy. Per contrastare questo fenomeno e valorizzare la qualità della filiera italiana risulta pertanto fondamentale portare avanti – di concerto con la Rete delle CCIE e le Istituzioni – azioni mirate di valorizzazione e sostegno del nostro sistema produttivo; ciò vale in particolare in una fase come quella attuale caratterizzata dalla ridefinizione di assetti e degli equilibri geoeconomici commerciali.”

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