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Finmeccanica, Hitachi, le due Ansaldo e la Consob

Nel febbraio 2015 Finmeccanica ha ceduto Ansaldo STS e Ansaldo Breda ad Hitachi. Il deal sembrerebbe avere una plausibile logica industriale, e di ciò appaiono convinti anche gli analisti. I quali hanno però al contempo manifestato perplessità circa i numeri ufficiali dell’operazione: versando €30 mln. per vari rami di azienda di Ansaldo Breda (non escluse le passività) e €761 mln. per il 40% di Ansaldo STS, Hitachi avrebbe pagato per Breda un prezzo eccessivo (ca. €30 mln. a fronte di una valutazione negativa oscillante tra €200 e €400 mln.); e per il 40% di Ansaldo STS un importo che implica una valutazione più o meno corrispondentemente inferiore.

Se davvero fosse così, come si spiegherebbe questa appariscente anomalia? E cosa implicherebbe? Una possibile risposta alla prima domanda è che venditore e compratore del 40% di Ansaldo STS abbiano tentato di sfruttare disponibilità di un canale alternativo (il 100% di Ansaldo Breda) per il pagamento di una parte del corrispettivo dovuto a fronte della cessione della partecipazione di controllo in Ansaldo STS. Gonfiare il prezzo della non quotata potrebbe aver consentito a Finmeccanica di cancellare certe minusvalenze e così migliorare i propri bilanci; e ad Hitachi di conseguire un significativo risparmio sui costi della successiva opa obbligatoria.

Ne deriverebbe però un grave pregiudizio per i soci di minoranza di Ansaldo STS, che dovrebbero accontentarsi – ed ecco la risposta alla seconda domanda – di un corrispettivo “scontato”. Sebbene sulla scorta delle sole informazioni pubbliche non sia possibile pervenire ad alcuna conclusione, parrebbe confermare questa ipotesi il fatto che, prima dell’apertura dell’offerta, il prezzo di scambio delle azioni della target si sia attestato nettamente al di sopra del corrispettivo offerto da Hitachi. Inoltre, appresi i termini della transazione, ha sobbalzato persino il collegio sindacale di Ansaldo STS: il che – dato il ruolo puramente “notarile” cui tale organo è spesso relegato – potrebbe forse leggersi come un indicatore della gravità della situazione. Immediati erano da subito stati anche i mugugni dei più sofisticati membri dell’azionariato della stessa società, i quali, infatti, si sono poi rivolti all’Autorità di vigilanza. Da ultimo, neppure gli amministratori indipendenti hanno rilasciato parere positivo in merito alla congruità del corrispettivo opa. Alcuni (tra cui addirittura uno degli amministratori eletto nelle liste di maggioranza su indicazione della stessa Hitachi) l’hanno senza esitazioni detto incongruo; altri, pur con la deferenza propria di chi sta lì grazie ai voti del socio di controllo, hanno ritenuto di non poter andare oltre l’affermazione secondo cui il corrispettivo si collocherebbe in un range di congruità ed inoltre soggiunto, quasi a riconoscere la sussistenza di uno “scompenso” cui porre in qualche modo rimedio, che sarebbe comunque auspicabile distribuire l’utile maturato tra l’annuncio dell’operazione e la data in cui verrà versato il corrispettivo per le azioni apportate.

Salvo voler ipotizzare che sindaci, soci e amministratori indipendenti di Ansaldo STS siano caduti in errore o abbiano addirittura agito pretestuosamente, gli elementi a disposizione valgono quantomeno ad instillare il dubbio che qualcosa non va. Una approfondita indagine sulla vicenda e, se del caso, un intervento correttivo da parte della Consob appaiono quindi doverosi, non solo in ragione della sua mission istituzionale, ma anche – e soprattutto – perché da noi è proprio dall’operato dell’Autorità di vigilanza che dipende la tutela “in action” delle minoranze di fronte a transazioni di questo tipo: non essendo in vigore una disciplina dei conflitti di interesse così adattabile e pervasiva come quella statunitense e non essendo disponibile neppure un rimedio analogo all’appraisal right (simile al nostro diritto di recesso), a cose fatte vi sarebbe spazio soltanto per chiedere il risarcimento del danno (senza peraltro poter contare su alcun precedente specifico): il che – si capisce – avrebbe costi proibitivi (almeno) per i piccoli azionisti.

La Consob comunque – e ciò fa ben sperare – sinora non è stata a guardare. Dopo aver sospeso lo scorso novembre il procedimento d’approvazione del documento di offerta, ha poi dato semaforo verde ai primi di dicembre ma senza affatto escludere «eventuali ulteriori valutazioni sul prezzo». È però proprio alla luce di questo rinvio che alla Consob (che giá nel 2012 e nel 2013 ha mostrato una certa sensibilità rispetto a questo genere di problemi; ma ha anche talvolta negato la fondatezza delle istanze degli investitori, che paiono ora decisi a far valere i propri diritti in altra sede) adesso si impone di procedere ad uno scrutinio che  vada ben oltre le esteriori forme dello scambio e pervenga ad una precisa misurazione dell’esatto corrispettivo versato a Finmeccanica per il 40% di Ansaldo STS.

Una revisione di mera facciata del prezzo offerto ovvero una soluzione di compromesso servirebbero a poco e rappresenterebbero due opzioni poco gradite al mercato ed istituzionalmente inadeguate. Auspicabile, invece, è che per quanto possibile (ie, nei limiti in cui la complessità della vicenda ed in particolare le difficoltà di valutazione di una azienda lo consentono) si pervenga ad una definizione puntuale dei veri valori in gioco, così da dimostrare che il nostro è un mercato in cui chi detiene quote di minoranza in una società quotata non è sol perciò rimesso alla mercé dei soci di controllo, ma può confidare di ottenere la remunerazione dell’investimento concordata, anche grazie ad una Autorità pronta a garantire l’osservanza (dello spirito, non solo della lettera) delle discipline vigenti. I fondi intanto continuano a dirsi insoddisfatti dell´offerta ricevuta ed a rastrellare (diritti su) azioni in vista del conseguimento di una facile plusvalenza. La decisione della Consob è attesa oggi (o al più tardi venerdì), quando sarà finalmente dato sapere se “Italy´s corporate governance is [really] changing for the better”.

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