Non nascerà il campione europeo dei cantieri navali. A pochi giorni dalla scadenza fissata dall’Antitrust europeo (il 31 gennaio), il dado è già tratto: l’accordo tra l’armatore italiano Fincantieri e lo storico gruppo francese Chantiers de l’Atlantique non ha più ragion d’essere. Ufficialmente, a porre fine alla telenovela iniziata ormai nel 2016, quando il gruppo coreano Stx è uscito da Saint Nazaire (poi la lunga trattativa con Fincantieri e l’accordo trovato nel 2018, anno dal quale è sottoposto all’esame di Bruxelles), sarà il Covid e la crisi da esso innescata, soprattutto nel settore del turismo e delle crociere. Molti ricorderanno che l’inizio della pandemia è associato anche al caso della Diamond Princess, con i suoi 3.600 passeggeri in quarantena al largo del Giappone, circa un anno fa. Poi per mesi il settore è stato fermo, ripartendo solo ad agosto 2020 ma tra mille difficoltà.
Ecco perché, dal punto di vista industriale, il deal che avrebbe visto Fincantieri rilevare il 50+1% di Chantiers de l’Atlantique, con l’1% che assegnava la maggioranza assoluta “in prestito” dallo Stato francese (che oggi detiene l’84,3% del gruppo), ha meno senso di qualche tempo fa, quando il settore era in piena espansione. Ed è per questo che invece rimane assolutamente in piedi la joint venture navale militare, attraverso Naviris. Tuttavia, dietro al flop di uno dei matrimoni più attesi degli ultimi anni, che avrebbe visto per una volta un gruppo italiano “predatore” e non “predato”, c’è anche molto altro. Intanto, l’ostacolo dell’Antitrust europeo: la fusione Fincantieri-Saint Nazaire avrebbe sì creato un colosso in grado di competere a livello internazionale, in particolare al cospetto della Cina che inizia a dominare anche questo mercato, ma allo stesso tempo avrebbe ridotto la concorrenza all’interno del continente da tre a due grandi gruppi.
I player sarebbero dunque stati il nascituro gruppo italo-francese e poi il solo armatore tedesco Meyer Werft. Ecco perché più volte la commissaria Ue alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, ha chiesto a Fincantieri ulteriore documentazione per scongiurare il rischio di duopolio: il verdetto era inizialmente atteso addirittura nel 2019, poi ci si era trascinati fino alla scadenza dello scorso 31 dicembre, prorogata di un ulteriore mese che però – salvo sorprese – non è bastato a dirimere la questione. Questione che è di fatto già chiusa, anche per i motivi politici che hanno sin da subito accompagnato l’operazione. La Francia, anche sotto la presidenza “europeista” di Emmanuel Macron, ha confermato di essere un Paese che preferisce non mollare i propri campioni nazionali, a maggior ragione se – come capita regolarmente – è lo Stato a detenerne il controllo, spesso con partecipazioni molto alte come nel caso di Saint Nazaire.
L’accordo con “les italiens” era stato faticosamente trovato, ma ancora di recente il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ha tenuto a ribadire che Parigi “non vuole cedere il controllo dei grandi gruppi nazionali, ma è disposta ad accogliere investitori stranieri”. Un po’ come avrebbe voluto fare con Fincantieri: bene la fusione, ma con una presenza ancora massiccia dello Stato francese nel capitale, e il mantenimento dell’intera forza lavoro (i dipendenti di Chantiers de l’Atlantique possiedono il 2,4% del capitale). Anche la commissione Affari economici del Senato ha storto il naso, sottolineando più volte i rischi per la “sovranità industriale” e il timore di veder disperso un know-how tecnologico, poiché nel frattempo il promesso socio triestino era diventato anche partner della cinese China State Shipbuilding Corporation (Cssc). Il ministro nell’intervento citato si riferiva ad un altro caso recente, che rende l’idea del modus operandi transalpino.
Poche settimane fa il colosso della grande distribuzione Carrefour stava per finire in mano al gruppo canadese Couche-Tard: operazione immediatamente bloccata dal Governo francese, tra l’altro con l’approvazione di tutti i partiti politici, compresa l’opposizione. A tal punto che mentre Macron parlava di “scelta obbligata” e molti hanno visto in questa mossa l’ammirevole volontà di difendere il lavoro degli impiegati dei supermercati, tra gli “eroi” del Covid, un quotidiano autorevole come Le Monde si è interrogato sull’immagine eccessivamente protezionistica che la Francia sta dando di sé. Da parte italiana (lo Stato detiene il 71% di Fincantieri attraverso Cdp), in questo momento di crisi politica e con un Recovery Plan in alto mare c’è poca volontà di tenere il punto e andare allo scontro con i colleghi francesi e/o con Bruxelles. Per tutti questi motivi, salterà la conquista dei cantieri della Loira.