La regola “Non serve predire la pioggia, ma conta saper costruire l’Arca”, come espressa da Warren Buffett (visti i suoi forti interessi nel settore assicurativo) ha chiaramente anche implicazioni più ampie sulla strutturazione di un investimento. Se parliamo di investimenti globali, cercare di predire il prossimo acquazzone può essere futile, ma gli investitori farebbero comunque bene a pensare al tipo di arca da costruire in caso di cambiamenti “meteo” strutturali, soprattutto quelli generati da politiche, normative e dinamiche del ciclo economico.
Come casa d’investimento, crediamo fortemente nel valore della costruzione delle arche, ma facciamo un passo in più pensando alla costruzione di soluzioni basate sui fondamentali “adatte allo scopo”, in grado di resistere alle tempeste che i cambiamenti di cicli economici, politiche e normative possono scatenare.
Controllo meteo (I) – Recessione globale all’orizzonte?
Visti i bruschi movimenti nei mercati degli asset rischiosi dall’inizio dell’anno, il primo controllo meteo da fare è valutare la probabilità di recessione nei principali centri economici del mondo. Iniziando dagli Stati Uniti, le dinamiche del mercato del lavoro continuano ad apparire sane, nonostante i recenti dati sull’occupazione non agricola inferiori alle attese. La disoccupazione è calata e l’aumento dei salari ha mostrato segni di accelerazione. Il settore manifatturiero, insieme agli investimenti dell’economia (aspetto colto da indicatori ad alta frequenza sul tipo di ordini di beni durevoli) sono stati la fonte principale di revisione al ribasso nel recente momento di crescita, il che si spiega alla luce del drastico calo dei prezzi del petrolio. Tuttavia, l’ambito consumer dell’economia resta resiliente e indicatori come le vendite delle auto mostrano solidi trend sottostanti. Cosa ancora più importante, non ci sono segnali di aumento nei non-performing loans (NPL) né di una reale riduzione del credito, che indicherebbero preoccupanti meccanismi di contrazione del credito (figure 1 e 2).
Passando all’Eurozona, la graduale tendenza alla ripresa delle attività resta intatta e la concessione di credito, soprattutto nel settore domestico, continua a migliorare. A gennaio i dati delle indagini economiche hanno evidenziato i segnali di un’inversione (motore principale dietro il crollo degli indicatori di sorpresa visto di recente), tuttavia pensiamo che ciò sia strettamente correlato agli sviluppi del mercato più che a questioni fondamentali sottostanti, viste le condizioni di credito in continuo miglioramento. Sulla base dell’attuale livello di diversi indicatori di attività (Figura 3), delle tendenze di erogazione del credito e del costante miglioramento della redditività delle aziende, crediamo che la probabilità di una recessione nell’Eurozona nei prossimi 6-12 mesi resti piuttosto bassa.
Infine, in Cina gli indicatori di attività reale restano deboli. È però chiaro che il deterioramento nel trend ha iniziato a stabilizzarsi (ad esempio il PMI di Caixin China Manufacturing resta ben al di sopra dei valori minimi visti a settembre 2015 ed entro l’intervallo recente). In termini di dati concreti, ci sono certamente stati alcuni raggi di luce nelle importazioni delle commodity: il rame ha toccato una quantità record, come dimostrato dagli ultimi dati. Dopo il panico nei mercati degli asset cinesi all’inizio di gennaio, sembra che la PBoC abbia pompato ulteriore liquidità, ipotesi che sarà probabilmente confermata dai dati sulla massa monetaria e sui nuovi prestiti in yuan che saranno resi noti nei prossimi giorni. In generale, i risultati relativi ai fondamentali non mostrano segnali di un’imminente recessione nell’economia globale. Le sacche di debolezza legate al rallentamento cinese e alla difficoltà del settore delle commodity sono ancora visibili nei numeri relativi all’attività, ma le dinamiche del ciclo creditizio e i trend delle attività nei servizi a livello nazionale mostrano una ridotta possibilità di recessione imminente nei principali centri economici globali.
Controllo meteo (II) – Aumento dei rischi sistemici
Preoccupa che, nonostante le basse probabilità di recessione in base ai trend evidenziati dai dati concreti, le recenti evoluzioni dei prezzi nei mercati degli asset rischiosi mostrano un forte irrigidimento delle condizioni finanziarie (figura 4) che, se persiste, rischia di pesare sui risultati economici reali. Questa connessione è ancora più importante nel ciclo attuale, visto il grande ruolo della politica monetaria (e, per estensione, delle condizioni finanziarie) come fonte fondamentale di stimolo in molte economie avanzate. Inoltre, le pesanti pressioni sul settore finanziario europeo (soprattutto nello spazio creditizio) evidenziano un cambiamento nella natura dell’attuale sell-off: oggi sembra piuttosto trainato da timori sistemici più che dalla paura di una recessione economica (con l’epicentro in Cina e nelle commodity), come era invece il caso a gennaio. Ad esempio, i CDS delle principali banche europee sono oggi vicini ai giorni neri del 2011/12, quando le principali fonti di timore erano la disgregazione dell’euro e una possibile ridenominazione delle valute, cosa difficile da spiegare solo alla luce dell’esposizione all’energia del settore finanziario. Dal 2012 le banche centrali hanno certamente inondato il sistema finanziario con liquidità in eccesso, con lo specifico intento di proteggere il settore finanziario da chiamate a margine indotte da questioni di liquidità.
In termini di rischio di un reale evento di liquidità, come evidenziato da un recente report di Goldman Sachs, restano inutilizzati diversi strumenti di standby (come le operazioni TLTRO) e, cosa ancora più importante, i mercati del finanziamento (sia in dollari che in euro) non mostrano segni di un’effettiva riduzione della liquidità. Visti i movimenti di mercato, per molte importanti banche europee oggi è certamente molto più economico finanziarsi a lungo termine presso la BCE piuttosto che con i mercati, come indicano le ultime notizie secondo cui Deutsche Bank sta pensando di riacquistare una quantità consistente del proprio titolo senior. In questo contesto, crediamo di trovarci oggi di fronte a un grave “incidente” di liquidità del mercato obbligazionario/creditizio, in cui comportamenti imitativi (il cosiddetto herding) e il deterioramento strutturale della disponibilità di microliquidità stanno portando a bruschi movimenti nei mercati creditizi (tema che abbiamo costantemente affrontato negli ultimi 15 mesi). Superficialmente, sembrerebbe un problema di rischio sistemico, ma pensiamo che la natura della bestia con cui abbiamo a che fare sia piuttosto diversa dal 2008/9 o dal 2011/12.
Controllo meteo (III) – Le banche centrali si orientano verso una nuova “pioggia di liquidità”
Innanzitutto, la longevità delle turbative odierne dipenderà da come le banche centrali principali reagiranno agli attuali sviluppi. I dati storici ci mostrano che le misure di allentamento delle banche centrali (o promesse credibili in tal senso) tendono a essere più efficaci quando le valutazioni sono basse e lo stress è elevato (ad esempio all’inizio del 2009 e del 2012). Se pensiamo ai reali risultati economici, si può dubitare dell’efficacia a lungo termine del QE e di tassi d’interesse negativi; tuttavia, vista la disponibilità di liquidità che le misure di easing generano, l’impatto sulle condizioni di liquidità e, per estensione, sugli asset finanziari è fuori discussione. Visto l’aumento dei rischi sistemici e il drastico irrigidimento delle condizioni finanziarie che abbiamo visto nelle ultime settimane, riteniamo che le principali banche centrali attueranno consistenti misure di easing per mitigare l’effetto negativo su crescita economica e inflazione. Nel caso della BCE, ci aspettiamo un taglio dei tassi di 20 bps nella prossima riunione e un ampliamento del programma di QE in termini sia di portata che durata, accompagnato dalla promessa di ulteriori interventi analoghi se necessario. È inoltre probabile che rivedremo l’ampia gamma di protezioni a disposizione delle banche centrali per sostenere il sistema finanziario. Nel caso della Fed, ci aspettiamo un approccio molto cauto, con gli aumenti dei tassi momentaneamente accantonati visto il forte irrigidimento delle condizioni finanziarie. La PBoC sta già pompando liquidità nel sistema nazionale e i recenti dati sulle riserve mostrano segnali di stress, ma non di panico come alla fine dello scorso anno. Infine, prevediamo che il Giappone allenti ulteriormente la politica monetaria nei prossimi mesi per garantire che la sua posizione relativa resti in linea con i cambiamenti globali.
Costruire un’arca (I) – I titoli azionari europei sono molto sensibili alle dinamiche della politica della BCE, ma cogliere la differenziazione è essenziale
Se abbiamo ragione nel pensare che l’attuale livello di stress negli asset rischiosi mondiali sia generato da un incidente di liquidità del mercato creditizio, crediamo anche che un easing coordinato delle banche centrali possa mandare in corto circuito la spirale negativa. Strutturalmente, come abbiamo già sostenuto più volte, è probabile che l’incidenza delle tempeste indotte dalla liquidità resterà significativa visti i cambiamenti nel contesto regolamentare. Ma questi incidenti non sono nulla di più: sono incidenti. Il contesto globale di disinflazione e deflazione implica infatti che le banche centrale possano continuare a usare nuova iniezione di liquidità per spingere gli investitori ad assumersi rischio quando le valutazioni diventano interessanti tenuto conto della liquidità.
Per evidenziare il potere delle banche centrali rispetto agli asset rischiosi, mostriamo di seguito le dinamiche dei mercati dei titoli europei prima e dopo importanti sviluppi di politica monetaria (Figure 5, 6, 7 e 8). Con il price-to-book dell’indice MSCI Europe ai livelli bassi del 2011/12 (Figura 9) pensiamo che oggi le valutazioni tengano conto di stress sufficiente affinché le misure di easing delle banche centrali abbiano un effetto immediato e continuo.
In termini di implementazione di questa visione attualmente contraria, pensiamo che conti la qualità dell'”arca” che si può costruire. Crediamo che la differenziazione tra settori/stili di investimento continuerà a essere un tema forte, insieme alla prevalenza di fattori idiosincratici, e determinerà sia la volatilità che il profilo di rendimento a lungo termine di qualsiasi esposizione, soprattutto alla luce della realtà che le attuali turbative di liquidità hanno radici strutturali. Pensiamo pertanto che il semplice beta non sia adatto ad affrontare le sfide odierne e che una solida abilità gestionale possa fare molto per affrontare le complesse interconnessioni economiche e finanziarie globali.
Costruire un’arca (II) – Il fixed income dei mercati emergenti offre rendimento e supporto alle valutazioni, ma le recenti sfide spingono verso un approccio incentrato sui fondamentali
Con profili dei tassi d’interesse negativi del tutto intatti nei principali centri economici, un ulteriore easing da parte delle banche centrali sarà probabilmente un tema importante nel 2016. Ad alto livello, creerebbe un contesto che favorisce il bisogno di diversificazione (dati i rischi di coda tangibili) e la una ricerca di rendimento “prudente”. In termini di costruzione degli investimenti, significherebbe guardare a fonti di rendimento non tradizionali (come liquidità non correlate e strategie) e/o migliore implementazione, laddove il beta offre ancora un certo potenziale di rendimento a lungo termine. Su questo ultimo punto, con il rallentamento cinese accompagnato dal crollo dei prezzi degli asset dei mercati emergenti negli ultimi due anni e mezzo, gli asset EM hanno indubbiamente subito forti pressioni. Tuttavia, i dati sui flussi di capitale dell’IIF mostrano che gli investitori internazionali sono oggi sistematicamente sottopesati nei mercati emergenti, in un periodo in cui il profilo esterno di diversi mercati in via di sviluppo inizia a migliorare (figura 10), mentre gli indicatori basati sulle valutazioni iniziano a evidenziare segnali di un profondo divario tra fair value e valori correnti (soprattutto se parliamo di FX). Per quanto riguarda la Cina, continuiamo a pensare che i timori di un tracollo finanziario siano esagerati, vista l’ampia gamma di misure di protezione a disposizione delle autorità e che potranno essere usate per arrestare la perdita di fiducia nella valuta locale da parte dei cittadini (Emerging Markets: Challenges versus Opportunities).
In questo contesto, pensiamo che nei prossimi mesi la liquidità in più disponibile nelle economie avanzate probabilmente troverà la propria strada verso i mercati emergenti, vista la minore proprietà straniera e gli interessanti profili di rendimento offerti dall’asset class in un mondo di tassi d’interesse negativi profondi e diffusi (Figura 11). Questo tipo di cuscinetto esiste anche nello spazio azionario dei mercati emergenti, dove vediamo valutazioni interessanti, soprattutto se raffrontate ai mercati sviluppati.