No a una preconcetta avversità agli strumenti finanziari digitali, sì ad una loro adeguata regolamentazione, sia sul versante specificamente tecnico, sia su quello del contrasto penale.
È questo, in estrema sintesi, il messaggio emerso dal Convegno di studi “La digitalizzazione degli strumenti finanziari: opportunità e rischi”, organizzato dalla sede milanese della Banca d’Italia, diretta da Giorgio Gobbi, in collaborazione con l’Associazione Nazionale per lo Studio dei Problemi del credito, presieduta da Ercole Pellicanò.
Un ambito di riflessioni su un tema di particolare attualità e complessità, svolte in una duplice chiave legalitario-giuridica ed economica.
Infatti, il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, nella sua Relazione ha rinnovato un appello lanciato già trent’anni fa da Giovanni Falcone circa la “necessità di un contrasto economico e finanziario alla mafia, necessità oggi ancora più vera ed urgente”, aggiungendo che “vanno aggrediti i sistemi che portano i soldi delle mafie all’interno del sistema legale economico” e che “le criptovalute sono tra le più pericolose, quando si parla di pagamenti anonimi non tracciabili con la possibilità di rappresentare un percorso primario per impieghi illeciti, come il narcotraffico”. Occorre, quindi, per Cafiero de Raho, grande fermezza nell’applicazione anche in questo caso del principio del “follow the money” per bloccare le transazioni illecite e arrivare fino ai conti correnti sospetti che potrebbero venir sequestrati.
Dal canto suo Piero Cipollone, Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, la cui Relazione si è concentrata sugli aspetti tecnici legati alle valute digitali, preso atto che l’utilizzo del contante è diminuito dell’11% tra il 2016 e il 2019 e che la pandemia da Covid 19 ha esaltato le potenzialità di crescita del commercio digitale, ha ricordato che “la crescita delle tecnologie private con l’aumento dell‘utilizzo delle valute digitali in mano a imprese e multinazionali private mette a rischio il valore delle monete nazionali“.
Di fronte a queste trasformazioni – ha sottolineato Cipollone – “la Banca Centrale deve fornire ai cittadini un sistema di pagamento nel mondo digitale che rappresenti quello che nel mondo fisico è il contante”. Ecco, perché l’emissione di un euro digitale, attualmente in fase di studio presso la Banca Centrale Europea, “rappresenterebbe un efficace strumento di contrasto alla diffusione delle criptovalute che sono invece schemi di pagamento privati”.
Lo scenario sfidante e, per certi versi, inquietante emerso da queste due Relazioni ha costituito, per la ricchezza di suggestioni e stimoli forniti, la base per la successiva discussione, alla quale hanno preso parte esponenti del mondo accademico, della Magistratura e delle Authorities.
Per Antonella Sciarrone Alibrandi, Ordinaria di Diritto dell’Economia presso l’Università Cattolica di Milano, fermo restando che la proposta europea MICAR (Markets in Cripto Activities Regulation) è un primo passo significativo per una compiuta disciplina delle cripto attività, va sottolineata “la necessità di considerare adeguatamente, sia il problema della loro collocazione rispetto al quadro normativo vigente in tema di strumenti finanziari, sia le implicazioni in termini di stabilità del sistema e di politica monetaria”.
Dal canto suo Donato Masciandaro, Ordinario di Economia presso l’Università Bocconi di Milano, soffermandosi sullo specifico aspetto delle monete pubbliche digitali ha sottolineato che “prima di creare una moneta digitale occorrerà interrogarsi sulle sue proprietà economiche che sono almeno tre, ciascuna rispondente all’esigenza di dotare gli individui di uno strumento per affrontare al meglio forme diverse di rischio”. Infatti, oltre ai rischi di illiquidità e di svalutazione, “il disegno delle monete digitali dovrà tener conto che esiste una terza proprietà della moneta, l’essere una riserva di informazione, cui è associato il rischio di privacy”. In definitiva, per Masciandaro “l’appetibilità di una moneta digitale dipenderà dalle capacità di offrire le tre proprietà in modo da risultare conforme alle preferenze dei potenziali utenti”.
Quanto a Eugenio Fusco, Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Milano, va puntato il dito sui rischi criminali nuovi, associabili alla digitalizzazione della finanza e delle valute, “fenomeni di grande allarme sociale non facilmente sussumibili nelle fattispecie astratte previste dal legislatore, nonché difficilmente perseguibili, ancorché agevolmente qualificabili come reato”. Pertanto, non si possono fronteggiare queste nuove emergenze di criminalità con i consueti schemi investigativi, ma “per un efficace enforcement del crimine digitalizzato si dovrà ragionare in chiave sovranazionale, sia sul piano regolatorio, sia su quello delle indagini da svolgersi puntando sugli aspetti, sia di specializzazione, sia di ripensamento di norme come quella sulla competenza territoriale nel processo penale, in quanto il luogo di consumazione del reato è totalmente sganciato dai criteri naturalistici fissati”.
Ed, infine, Tiziana Togna, Vice Direttore Generale della Consob, nel ricordare esempi tratti da legislazioni di Paesi a noi vicini, come Francia e Germania, ha auspicato l’introduzione anche in Italia di normative in grado di rafforzare la capacita di prevenzione delle Authorities in tema di abusivismo finanziario, in particolare nel comparto degli strumenti che implicano operatività su cryptoattività. Un versante, quello dell’abusivismo finanziario, più in generale, dove – è bene sottolinearlo – la Consob si è dimostrata particolarmente attiva negli ultimi tempi.