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FINALI NBA – Spurs campioni, Miami battuta 4 a 1. Belinelli primo italiano sul trono Nba

La vendetta va bene anche calda. A questo avrà pensato Gregg Popovich mentre i suoi giocatori (tutti quanti, dal primo all’ultimo) bombardavano il canestro dei Miami Heat. Va bene anche calda, anche perchè se c’è una cosa che San Antonio non ha dalla sua parte è il tempo. Il tempo per farla raffreddare, quella vendetta, prima di servirla. Il tempo per fermare il tempo e le lancette, e gli anni che passano inesorabili, per tutti.

I San Antonio Spurs battono i Miami Heat di Lebron James nella riedizione delle finali dello scorso anno e sono campioni Nba per la quinta volta nella loro storia. La quinta da quando, nel 1997, si è formato il sodalizio Popovich-Duncan, uno dei matrimoni più duraturi e vincenti della storia della pallacanestro americana. 

L’Mvp delle finali è il più giovane della truppa neroargento: Kawhi Leonard, autore di una serie strepitosa su entrambi i lati del campo. Ieri, 22 punti e 10 rimbalzi per lui, simbolo vivente e vincente della new wave Spurs, la nuova linfa che ha riportato San Antonio sul trono dell’Nba. Passeranno a lui, probabilmente, i gradi di comandante in campo della truppa: l’abbraccio paterno di Tim Duncan ai suoi compagni, a fine partita, ha il sapore di un addio dolcissimo, e anche Manu Ginobili potrebbe salutare, chiudendo con il quarto titolo Nba la sua strepitosa carriera. 

Sembra la fine di un era, la migliore possibile. Anche sull’era dei vinti, i Miami Heat dei big three (quattro finali consecutive e due titoli) potrebbero scorrere i titoli di coda: le strade di James, Bosh e Wade rischiano di dividersi, in quella che si annuncia come una lunga estate calda, giù a Miami.

Lebron ci ha provato fino all’ultimo, cercando di dare l’esempio ai suoi con un primo quarto da stropicciarsi gli occhi (17 punti e una marcatura asfissiante su Parker). Ma, dopo aver attaccato a testa bassa, si è girato indietro e ha visto che nessuno dei suoi l’aveva seguito: non Wade, che sembra sempre più indirizzato lungo la strada di un prematuro tramonto, nè Chris Bosh, e neanche Ray Allen o Rashard Lewis.

Gli Heat, semplicemente, non ne hanno abbastanza, o forse sono gli altri ad averne troppa. Dal secondo quarto in poi lo spartito della sinfonia neroargento riprende da dove si era interrotto, dalle due trasferte di Miami che hanno scavato il solco decisivo tra le squadre. Leonard è imprendibile, Duncan è enciclopedi, Ginobili va a fiammate, ma quando si accende semina il panico. Patty Mills si iscrive nell’albo degli eroi di una notte e bombarda il canestro Heat senza alcuna pietà. C’è spazio per Marco Belinelli, che firma con quattro punti la prima vittoria di un titolo Nba per un giocatore italiano.

Scorrono i titoli di coda sulla serie, con Tim Duncan che abbraccia tutti, in lacrime. Comunque vada, stanotte è finita un’epoca.

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