È stabile la situazione del settore metalmeccanico nel secondo semestre del 2023. Sono 1.200 i nuovi lavoratori coinvolti in diverse crisi legate: finanziaria, di settore e transizione, legate alla carenza di materie prime e alle tensioni geopolitiche e guerre. Il numero di lavoratori coinvolti è passato da 83,617 a 84,817 tra il 30 giugno 2023 e il 31 dicembre 2023. Questo aumento si correla con i dati Istat che segnalano una diminuzione della produzione industriale e una frenata del PIL nel quarto trimestre dell’anno.
A tracciare il quadro è il report del II semestre 2023 sulle crisi industriali del settore metalmeccanico a cura della Fim Cisl.
Il report sul settore metalmeccanico indica che, nonostante la dinamicità complessiva del settore nel corso del 2023, si osserva un inizio di rallentamento verso la fine dell’anno.
Pesano l’aumento del costo del denaro e le crisi globali
Le difficoltà finanziarie legate al costo del denaro continuano a essere rilevanti nonostante i tassi siano rimasti stabili nell’ultima parte dell’anno. In particolare, molte aziende stanno affrontando sfide nella gestione della transizione verso pratiche più sostenibili nel contesto ambientale ed energetico, soprattutto nei settori dell’automotive e della siderurgia.
La crisi delle materie prime, iniziata prima della pandemia e amplificata dalla guerra in Ucraina, persiste. A questo si aggiunge la guerra tra Israele e Hamas che ha innescato una crisi politica nell’area Medio-Orientale che si è acuito all’inizio del 2024 con il blocco del Canale di Suez, il quale rischia di aggravare ulteriormente la situazione nel corso dell’anno.
A soffrire maggiormente la situazione sono alcune regioni del Nord, in particolare Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia che continuiamo a registrare gli effetti derivanti dal conflitto tra Russia ed Ucraina. I settori più colpiti sono quelli dei serramenti, macchinari e impiantistica industriale.
Risalgono le delocalizzazioni
Nel confronto con il semestre precedente, si registra un aumento di circa 1.000 lavoratori coinvolti nelle delocalizzazioni, principalmente nelle aziende legate alla transizione green nel settore dell’automotive, che decidono di spostare la produzione di componentistica in altri paesi. In questo settore, persiste la carenza di semiconduttori e componenti.
Nonostante la ripresa del mercato automobilistico dopo quattro anni di calo delle vendite, preoccupa la decisione di fermare la produzione dei motori endotermici in tutta Europa nel 2035, con impatti sull’indotto di componentistica italiano. Il tavolo dell’automotive, avviato a dicembre, rappresenta un primo passo, ma l’Italia è ancora in ritardo rispetto alla gestione della transizione green nel settore, coinvolgendo oltre 256 mila lavoratori diretti.
Le piccole e medie imprese continuano a risentire della loro dimensione minore, con limitata capacità di reazione nella ricerca di mercati e carenza di liquidità per investire nella transizione. Oltre agli aiuti pubblici, si sottolinea la necessità di un coordinamento tra istituzioni, grandi multinazionali, sindacato e centri di ricerca per facilitare la transizione di alcune aziende coinvolte.
Electrolux licenzia, preoccupa il termomeccanico
Il settore dell’elettrodomestico sta attraversando una ristrutturazione che coinvolge tutti i siti italiani da diversi anni. Recentemente, Electrolux ha annunciato un piano di ristrutturazione a inizio 2024, con la previsione di 375 esuberi in tutti i suoi siti nel paese. Nella stessa industria, l’uso della cassa integrazione rimane elevato.
Sebbene attenuate rispetto alla prima metà del 2023, persistono situazioni di fermo produttivo in laminatoi e fonderie, principalmente a causa dell’incremento dei costi dell’energia e della carenza di materie prime. Le commesse, soprattutto nel settore edile, hanno registrato una leggera diminuzione.
Il settore termomeccanico è ancora sotto osservazione, coinvolto nella transizione green e nelle nuove regole dell’UE per la termomeccanica. A dicembre, è stato istituito il primo tavolo della termomeccanica per anticipare e avviare politiche industriali di sostegno alla transizione legata al riscaldamento, alla climatizzazione e alla refrigerazione.
Ex-Ilva: con il commissariamento il via ad una nuova fase
Il Gruppo ex-Ilva, attualmente Acciaierie d’Italia, con 10,700 lavoratori diretti e circa 20,000 coinvolti in appalti e forniture, costituisce una vertenza storica. Alla fine e all’inizio dell’anno, il governo ha avviato la procedura di commissariamento a causa delle inadempienze da parte dei Mittal. Questa situazione, che rappresenta una delle vertenze più importanti del Paese, entra in una nuova fase che richiederà una gestione attenta.
Il rilancio di questa vertenza è cruciale per la capacità dell’Italia di guidare il resto dell’industria italiana attraverso la transizione green. Considerando le attuali tensioni geopolitiche mondiali, mantenere un impianto produttivo di acciaio come quello di Taranto rimane strategico per l’intera industria italiana.
Preoccupazione per 47 mila lavori coinvolti in crisi di settore
La situazione dei 47,358 lavoratori coinvolti nelle crisi di settore è motivo di preoccupazione. Questi dipendenti sono principalmente impiegati in piccole e medie imprese legate all’indotto dei settori dell’auto, dell’elettronica e dell’impiantistica.
In particolare, aziende come Alpitel, Sirti, Valtellina, Italtel, Site, ecc., sono gravate dai meccanismi delle gare a massimo ribasso, che stanno portando molte aziende storiche dell’impiantistica fuori dal mercato. Un settore quello delle TLC che tra aziende dirette ed indotto occupa oltre 200.000 lavoratori.
Invariato il quadro delle “crisi storiche”
Il quadro delle “crisi storiche” nel settore metalmeccanico, con oltre 50 tavoli di crisi presso il MiMIT, rimane sostanzialmente invariato. Coinvolge aziende con oltre 200 dipendenti come Blutec, Firema, Jsw Piombino (ex-Lucchini), Jabil (ex-Ilva), e tutte le altre. Buone notizie arrivano riguardo a Piombino, dove è in corso un progetto promosso dal Governo per creare un polo siderurgico integrato green. Questo progetto prevede la costruzione di una nuova acciaieria con una capacità produttiva di circa tre milioni di tonnellate, affiancata all’acciaieria ex-Lucchini ora di Jsw Steel Italy del gruppo indiano Jindal, grazie alla joint venture Metinvest-Danieli, leader nelle tecnologie del settore.
“Abbiamo bisogno di politiche industriali e interventi che rimettano la “questione industriale” al centro delle risposte e delle politiche economiche del nostro Paese” dichiara il segretario generale della Fim, Roberto Benaglia. “Serve una politica industriale che governi e sostenga imprese e lavoratori più coinvolti nelle transizioni. Al governo continuiamo a chiedere atti e piani concordati che diano certezze e segnino il rilancio possibile di aziende e filiere. Chiederemo nei prossimi appuntamenti che abbiamo con il Governo che i tavoli ministeriali siano punti di svolta in questo senso, a partire dal prossimo incontro del 1 febbraio con il ministro Urso sul tavolo automotive che deve riportare non solo le misure per gli incentivi ma soprattutto il sostegno alla transizione e ai lavoratori coinvolti in questo grandissimo processo. Per quanto riguarda la “madre di tutte le vertenze” l’ex-Ilva, Acciaierie D’Italia riteniamo che da qui possa partire un rilancio complessivo della siderurgia nel nostro Paese e avere forti occasioni di rilancio, tutto, a condizione che il governo garantisca investimenti e continuità industriale”. Per Benaglia “l’industria metalmeccanica mantiene grandi potenzialità e un dinamismo che va accompagnato”.