FIAT, MEGLIO IL CONVERTENDO DELL’AUMENTOMA PER GLI ANALISTI CONTA IL PIANO INDUSTRIALE
Aumento di capitale no, convertendo sì. Nell’intervista concessa a Repubblica, Sergio Marchionne scioglie, caso mai ve ne fosse bisogno, il dubbio sulle prossime strategie finanziarie del gruppo: l’aumento di capitale, dice “sarebbe una distruzione di valore. Ci sono modelli diversi ed innovativi per finanziare gli investimenti”. Tra questi, “il convertendo potrebbe essere una misura adatta” per almeno due ragioni: a) “abbiamo bisogno di soldi per finanziare la ripartenza”; b) il convertendo potrebbe garantire questi mezzi senza provocare il downgrade di Moody’s per l’indebitamento eccessivo. “Ma ricordo – replica a distanza il ceo di Fiat e Chrylser – che nel 2007, prima che scoppiasse quel bordello nei mercati, arrivammo a zero debiti”.
La ricetta Marchionne, ha giudicare dalla reazione degli analisti, piace.Il team di Banca Akros (buy e target price a 7,50 euro) apprezza che Marchionne abbia definito l’aumento di capitale un’operazione distruttiva a livello di valore. Al contrario, la partita si gioca sul successo del piano industriale di aprile. “La nostra lettura – è il commento – è che la Fiat presenterà un piano che si concentrerà anche su una forte generazione di cassa. Per questo riteniamo che l’intervista possa avere un impatto positivo sul prezzo delle azioni in borsa”.
Equita (buy e target price a 7,9 euro confermati sul titolo) ritiene “ragionevole” un convertendo da 1,5 miliardi di euro. Certo, il termine convertendo evoca il ricordo di una delle stagione più buie del Lingotto quando sembrava probabile, anzi scontato, il passaggio del controllo al pool delle banche finanziatrici (“quando venivano al Linotto mancava solo che prendessero le misure delle sedie” ha ironizzato Marchionne). Ma oggi il quadro è radicalmente diverso. Gli analisti di Banca Imi considerano il prestito obbligazionario convertibile un “mezzo ragionevole ed efficace per il rafforzamento della struttura finanziaria del gruppo”. Per l’azionista la diluizione potenziale, comunque ad una sola cifra, potrebbe essere compensata da un prezzo di esercizio del bond convertibile a premio rispetto alle attuali quotazioni del titolo in borsa e dalla riduzione degli oneri finanziari che gravano su Fiat.
Analoga l’opinione di Intermonte: il convertendo (1-2 miliardi che si potrebbe concretizzare già nel corso di questo trimestre) avrà effetti diluitivi limitati: “Confermiamo la raccomandazione outperform e il target price a 7,50 euro sull’azione”. In sintesi, la road map finanziaria è convincente. Così come la decisione di accelerare i tempi della discontinuità aziendale (“la nuova società avrà un nome nuovo”) e la decisione di puntare sui mercati “ove è più facile l’accesso ai capitali”. New York meglio di Milano ma, se del caso, si “può andare anche ad Hong Kong pur di finanziare lo sforzo di Fiat-Chrysler”.
A leggere i vari report che commentano a caldo le parole del ceo italo-canadese emerge che mai come stavolta la scommessa industriale fa premio su valutazioni speculative. Per il Financial Times Marchionne si è confermato per l’ennesima volta il re dei dealmaker, uno che non è saggio sfidare a poker. Ma sarà in grado di affermarsi anche come industriale dell’auto alla stregua dei vari Carlos Ghosn o Martin Winterkorn? Il Lingotto ce la farà a qualificarsi come un marchio premium?
Equita non dimentica che il rilancio dell’Alfa Romeo sia stata finora un’eterna promessa (quello di aprile sarà il quarto piano di rilancio dall’inizio dell’era Marchionne) e che, per giunta, si riparte quasi da zero (due soli modelli, MiTo e Giulietta, meno di 100 mila esemplari venduti denl 2013). Ma il team di Equita ritiene comunque che col lancio di nuovi modelli e lo sfruttamento della rete distributiva di Chrysler la redditività (oggi in forte perdita a livello operativo, anche se manca la conferma di un dato ufficiale) non possa che migliorare.
Comunque, “le indicazioni di Marchionne sono positive e confermano il forte impegno a rilanciare il gruppo sul fronte premium facendo leva sulla base produttiva presente in Europa e sulla rete distributiva in Nord America”, commentano gli analisti di Intermonte. Perciò, è il ragionamento di Banca Imi: “Continuiamo a consigliare l’acquisto del titolo Fiat in attesa del piano industriale del gruppo ad aprile da cui ci aspettiamo un flusso di notizie più dettagliato sulle ulteriori sinergie con Chrysler, non ancora inserite nel nostro target price a 7,20 euro”. Al proposito “sarebbero anche ben accolte notizie su possibili future partnership con player asiatici per meglio saturare la capacità produttiva degli stabilimenti italiani”.