“Con Versalis la chimica Eni è tornata a giocare in serie A”. Daniele Ferrari, Ceo di Versalis, non nasconde la sua soddisfazione. Sta per chiudere un anno record alla guida della controllata Eni per la chimica nata dalle ceneri di Polimeri Europa e di Enimont che le avevano caricato sul collo una disastrosa eredità. È appena rientrato da un convegno che ha celebrato il centenario di Porto Marghera dove il petrolchimico è stato aperto nel 1917 in piena guerra e alla vigilia della rivoluzione russa. Il giorno prima era in Medio Oriente al GPCA, la conferenza internazionale chimica a Dubai, per promuovere anche gli oilfield chemicals (i prodotti destinati all’industria petrolifera) forte dell’intesa firmata con la locale Mazrui Energy Services. Ed era appena rientrato dalla Corea del Sud dove era stato inaugurato l’impianto realizzato con Lotte Chemical nel settore degli elastomeri. Sono tutte tappe che raccolgono il frutto della strategia avviata nel 2012 con la nascita, appunto, di Versalis e di cui gli abbiamo chiesto di parlare in questa intervista a FIRST online. Ben sapendo che la chimica poggia su nomi un po’ oscuri – come polimeri stirenici, elastomeri, polietilene, intermedi – che però ritroviamo ad ogni passo nella vita quotidiana sotto forma di giocattoli, automobili, elettrodomestici, pneumatici, bottiglie per l’acqua e le altre mille applicazioni della plastica. E quindi ci riguarda tutti.
L’Eni ha trovato un tesoro in Versalis? L’ultima trimestrale Eni sembra propendere decisamente per il sì e per Versalis il 2017 si preannuncia come un anno record. Come si è passati da una perdita operativa di 688 milioni, sei anni fa, ad un utile operativo di 420 milioni nei primi nove mesi di quest’anno, in crescita tendenziale del 42%?
“Diciamo che Versalis è un tesoro da costruire e che la sua trasformazione è un processo in continua evoluzione dopo gli anni difficili che hanno portato ad un ridimensionamento della presenza all’estero e a concentrare il market share in Italia. Il mandato che abbiamo ricevuto nel 2012, quello di ristrutturare la chimica, era molto complesso. Dal punto di vista dei conti, inoltre, la situazione era davvero drammatica. Scandali e crisi cicliche avevano fortemente appannato il marchio e ricostruire non era impresa facile”.
Sicuramente. Tanto che Claudio Descalzi, poco tempo dopo essere salito al vertice Eni annunciò nel 2015 che Versalis era in vendita – dopo essere costata la bellezza di 3,6 miliardi di perdite nei 10 anni precedenti. Ora però ha cambiato idea. Cosa è successo?
“Abbiamo seguito tre direttrici fondamentali. La prima: la chimica è un business integrato; perciò abbiamo puntato a ricreare l’integrazione produttiva, rinnovando e rifocalizzando il portafoglio su prodotti a maggior valore aggiunto. Abbiamo poi deciso di chiudere gli impianti senza futuro, riposizionando gli stabilimenti su nuove produzioni, là dove era possibile. È il caso di Porto Torres nella chimica verde e di Priolo in Sicilia, di Hythe in Inghilterra e di Sarroch in Sardegna. Il terzo pilastro è il ritorno sulla scena internazionale”.
Restiamo sui conti e sulla nuova strategia di Versalis. I risultati si vedono ma si possono considerare strutturali, come una vera e propria inversione di ciclo, o sono almeno in parte legati alla caduta dei prezzi della materia prima, il petrolio?
“Le scelte che abbiamo fatto, le misure che abbiamo adottato ci consentono di normalizzare il nostro futuro. Su quali livelli? Forse non su quelli del 2017 che va considerato un anno record influenzato anche dal contesto favorevole esterno. Ma proprio le azioni intraprese ci mettono al riparo dalla ciclicità e rendono realistico stabilizzare l’Ebit adjusted a 300-350 milioni l’anno. Se riusciremo a completare tutte le attività di sviluppo intraprese, queste andranno ad accrescere il risultato”.
Versalis sta mutando pelle: dalla chimica di base tradizionale verso le lavorazioni premium, come abbiamo detto. Ma anche verso la chimica verde. Come procedono?
“La chimica verde è un progetto e un obiettivo su cui puntiamo. A Porto Torres, in joint venture con Novamont, siamo riusciti a sostituire i vecchi impianti non più sostenibili con nuove produzioni rinnovabili e un investimento di 280 milioni finora. La sperimentazione è in corso, abbiamo avuto alcune difficoltà in avviamento su cui stiamo lavorando. Risolte quelle, valuteremo il passaggio alla terza e ultima fase. A Porto Marghera vogliamo affiancare in futuro la chimica tradizionale con chimica da rinnovabili. Abbiamo poi molte altre iniziative, ad esempio la sperimentazione agronomica con il guayule, un arbusto dal quale si può estrarre una gomma naturale ipoallergenica o i processi bio-chimici per la produzione di intermedi chimici da zuccheri, in joint venture con Genomatica”.
Il capitolo degli accordi internazionali ha visto una decisa accelerazione nel corso del 2017.
“Era necessario cambiare rotta e lo abbiamo fatto velocemente, facendo leva sul nostro patrimonio in tecnologie proprietarie. Proprio quel patrimonio è stato uno dei punti di forza che abbiamo portato in giro per il mondo: ha portato a joint venture con partner locali, quindi con rischi più contenuti. La recente inaugurazione dello stabilimento Lotte Versalis Elastomers in Corea del Sud, costruito nel tempo record di 26 mesi, è il frutto di questa strategia e siamo pronti a replicarla in altre aree geografiche. Sempre nel 2017 abbiamo chiuso accordi con Sonatrach in Algeria, con Mazrui ad Abu Dhabi e con Elevance Renewables per Porto Marghera: sono arrivati ora ma sono partiti anni prima. Nel 2012 non eravamo più presenti in Asia, oggi siamo tornati con sedi commerciali in India, Cina, Singapore e persino in Australia”.
Alcune di queste aree incorporano un rischio geopolitico…
“Eni ha una diversificazione geopolitica enorme e questo riduce i rischi ipotetici. Inoltre il gruppo vanta una eccezionale capacità di gestione dei rapporti internazionali. Infine, va considerato che nei prossimi 5 anni il 75% della crescita che farà il settore chimico sarà in Asia e Cina. Dunque per crescere è imperativo essere lì: è lì che si costruiscono le automobili, i telefonini, i pneumatici. E la Corea del Sud è la posizione ideale per rifornire il Sud Est asiatico e la Cina”.
Prossime tappe?
“Spero potremo annunciare presto una partnership negli Stati Uniti. Lì il target sono i polimeri di elastomeri o stirenici (gomme o materie base del polistirolo), dove abbiamo tecnologie proprietarie da valorizzare: siamo presenti con uffici commerciali a Houston ma non abbiamo ancora un’unità produttiva. Sarà quello il prossimo passo”.
La chimica è cambiata in questi anni non solo in Italia ma anche nel resto del mondo con il quale Versalis si confronta?
“Tra il Duemila e il 2010 abbiamo assistito a una divisione netta tra la chimica di base e la chimica di specialità. La prima è migrata in Medio Oriente nei Paesi del Golfo dove le materie prime sono a bocca d’impianto; le seconde si sono concentrate in Europa e negli Usa dove la novità dello shale gas e dell’etano hanno recentemente spinto forti investimenti su tutta la filiera.
La Cina è uno dei maggiori utilizzatori di queste produzioni ma ora ha iniziato anche ad accogliere società straniere con prodotti qualificati ma, soprattutto, a diventare sempre più autosufficiente. Basti pensare che nel 2017 gli investimenti in ricerca e sviluppo sono saliti a 11 miliardi, scavalcando per la prima volta gli Stati Uniti (9 miliardi) e l’Europa (8 miliardi). Si stanno quindi ridistribuendo ricchezza e know how. Le prospettive per l’Europa sono nei prodotti di specialità, nell’alta qualità della forza lavoro, nelle tecnologie. Non a caso abbiamo assistito ad una bella rinascita anche nel Vecchio continente”.
Da poco lei è stato nominato, primo italiano, presidente di PlasticsEurope, l’associazione delle industrie europee delle materie plastiche e siede nel board di Cefic, che raggruppa i Ceo delle aziende chimiche. Quali dossier ha sul tavolo?
“Siamo in prima linea sul Pacchetto Economia Circolare e sulla strategia Ue sulla plastica: due temi sensibili per il nostro settore nei quali è facile sconfinare nella propaganda e molto più difficile fissare obiettivi realistici per l’industria. Sono comunque due nomine che rappresentano un riconoscimento importante per Eni e per Versalis. E premiano la strategia di partnership internazionale che abbiamo intrapreso”.
Un’ultima domanda. Nel 2016 l’Eni ha rinunciato alla ricerca del “compagno di viaggio” per Versalis individuato nel Fondo SK Capital Partners e alla cessione dell’azienda o di una quota rilevante del capitale. Poi si è parlato di un polo della chimica sotto la regia di Cdp che mettesse insieme Versalis e Mossi Ghisolfi. O ancora della possibilità di un’Ipo, con quotazione in Borsa. Ma Versalis può camminare da sola di fronte a giganti come quelli tedeschi e francesi o all’espansione dell’industria asiatica?
“Sulla strategia di Eni nei confronti di Versalis si è più volte espresso l’Ad di Eni e vi rimando alle sue parole, ma non mi sembra che vi siano attualmente sul tavolo specifiche operazioni. Per quanto riguarda Versalis, posso rispondere che siamo felici del rinnovato interesse di Eni a fare crescere la chimica. Ci garantisce quella base solida per proseguire la strategia avviata, attraverso partnership come quelle con Lotte Chemical, Genomatica, Elevance e gli altri gruppi di cui abbiamo parlato. Ci porta ad avere una presenza internazionale che ci viene riconosciuta dai partner e dagli organismi rappresentativi, come abbiamo visto”.