Questo Ferragosto sarà ricordato per la tragedia del Ponte Morandi di Genova e per le vittime e i feriti che ha fatto il suo incredibile crollo. Ma in Italia ci sono altri luoghi simbolo che ci aiutano a decifrare tempi difficili come quelli che viviamo. Uno di questi è Portopalo di Capo Passero: è il sud del nord del mondo, la punta estrema di una Sicilia che sulle contraddizioni e sugli incontri ha costruito la sua bellezza.
È un puntino piccolo sulla carta geografica, talmente piccolo che spesso molti non lo notano nemmeno. Eppure è proprio lì che finisce l’Italia (più a sud solo il comune delle isole di Lampedusa e Linosa) ed è sempre lì che l’Europa incontra quel confine naturale oltre il quale comincia “l’altro sud”, quello – secondo il mainstream sovranista – da disprezzare e respingere. Paradossalmente però è proprio per la sua posizione che sempre più persone scelgono Portopalo di Capo Passero (Siracusa) come meta turistica d’eccezione, una chicca da visitare in un viaggio in Sicilia degno di un Grand Tour del XVII secolo. Si fa il bagno nelle acque caraibiche di Playa Carratois o nelle acque selvagge della Riserva di Vendicari, si osserva con stupore la fortezza spagnola dell’Isola di Capo Passero, ci si sveglia di buon ora per comprare il pesce, quello buono buono, direttamente dal pescatore che approda nel porticciolo alle prime ore del mattino, si gusta il tonno – all’ombra della splendida tonnara del ‘700 – insieme ai pomodorini di Pachino, altra bontà di una terra cui è meglio non avvicinarsi se si è in odore di dieta.
Portopalo di Capo Passero è un paesino di meno di 4mila anime che potrebbe rappresentare la sintesi perfetta di un’isola baciata dalla natura, un “centro prodigioso in cui convergono tanti raggi della storia del mondo”, la definì Goethe nel suo Viaggio in Italia. La punta piccola piccola dell’isola sembra essere l’essenza di questo prodigio.
Molti dicono (esagerando un po’) che nelle giornate più belle, quelle con il cielo totalmente limpido e il sole a picco su Portopalo, dall’Isola delle Correnti – dove s’incontrano Mar Ionio e Mar Mediterraneo – si riescano addirittura a scorgere le coste africane. Quelle stesse coste da cui nel dicembre del 1996 partirono centinaia di migranti che nella notte tra il 24 e il 26 dicembre naufragarono a 19 miglia nautiche al largo di Portopalo di Capo Passero: morirono 283 persone in quella che fu la seconda più grande tragedia navale del Mediterraneo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Da quelle stesse coste continuano a partire anche oggi dei poveri disperati che in quel lembo di terra che chiude l’Europa vedono la salvezza. senza sapere che al loro arrivo troveranno ministri e politici pronti a trasformarli nel simbolo di ogni male. E non importa se il numero dei migranti sbarcati è calato dagli oltre 100mila del 2016 ai 19mila aggiornati al 13 agosto 2018 (fonte ministero dell’Interno), alla macchina della propaganda i dati interessano ben poco.
Sono arrivata a Portopalo di Capo Passero il 7 agosto, 3 giorni dopo la guardia Costiera ha intercettato al largo delle sue coste una barca a vela con a bordo 61 migranti di origine pakistana poi trasferiti ad Augusta. Per compiere la traversata, hanno raccontato di aver pagato 5 mila euro a testa.
Difficile a questo punto non tornare alle contraddizioni cui si faceva riferimento prima raccontando di una terra dove turismo e immigrazione si fondono insieme in un mix ossimorico di accoglienza e rifiuto che da qui parte per poi propagarsi in tutta Italia. Per fare la turista nella mia terra ho scelto un piccolo alberghetto affacciato sul mare, senza troppe pretese ma curato in ogni dettaglio. Alla reception ad accoglierci un ragazzo gentile, professionale, ma con quell’ironia matelica che solo i veri siculi possono avere. La sua attenzione viene attirata dal luogo di nascita del mio accompagnatore: “Svizzera”, legge ad alta voce. Poi fa una domanda apparentemente innocua: “Ma hai la cittadinanza?”. La risposta negativa sembra piacergli molto: “Vedete? Quello sì che è un Paese civile, altro che Ius Soli e integrazione”. Da accoglienza a intollerenza il passo è stato brevissimo. Eppure camminando per le vie di Portopalo quell’integrazione tanto disprezzata sembra essere naturalmente riuscita. Servono giovani, servono lavoratori per rispondere al boom estivo e chi se ne frega del luogo di nascita. Un vecchietto scherza con un ragazzo di colore che avrà al massimo 25 anni “Chi fai ca cu mia,Iu all’età to a st’ura ieva appressu e fimmini” (Perché sei qua con me, io alla tua età a quest’ora ero già a corteggiare qualche ragazza, ndr.). Mi strappa un sorriso: da intolleranza si torna ad accoglienza.
Secondo i dati dell’Osservatorio economico di Confartigianato Sicilia, quest’anno la Trinacria ha ufficialmente conosciuto la sua rinascita turistica. La ripresa dello scorso anno viene surclassata dai numeri del 2018: le presenze turistiche ammontano a 14,7 milioni, in crescita del 7,3% negli ultimi dodici mesi, un numero che supera di un milione il dato del 2016 e sfiora il massimo storico toccato nel 2014. Boom di arrivi: 4.857.542 (+449 mila sul 2016, pari al +10,2%). Tra gli stranieri a primeggiare sono i turisti francesi (7,9% degli arrivi totali), seguiti da tedeschi (6,4%) e americani (3,5%), anche se tra i 20 Paesi presi in esame si registra soprattutto un forte incremento dei turisti provenienti da Russia (+58,7%). Dati anche questi come i precedenti, che però stavolta vengono presi in considerazione – giustamente – e declamati con orgoglio e soddisfazione.
Se Portopalo di Capo Passero può rappresentare, nel suo piccolo, la Sicilia, la Sicilia può rappresentare l’Italia intera. Guardando il Paese dal suo punto di più basso e remoto i sentimenti contraddittori sembrano essere gli stessi: accoglienza e rifiuto. A quanto pare, la politica oggi dominante ha deciso di puntare sul secondo.