Nel settimo anniversario della crisi economica finanziaria mondiale (o Global Financial Crisis), la Nuova Zelanda – gli antipodi (in tutti i sensi) con l’Italia – guarda con fiducia al futuro. Entrato in recessione prima dell’inizio ufficiale della Gfc, il Paese australe è riuscito a uscirne in scioltezza, grazie all’avveduta politica di Wellington che ha puntato sugli investimenti e sull’espansione. E ora la nazione down-under si trova ai primi posti nella classifica dei Paesi in crescita, con previsioni superiori al 3% annuo per il 2014.
In particolare, secondo Paul Bloxham, chief economist di Hsbc per l’Australia e la Nuova Zelanda, la crescita di Wellington sarà superiore a quella della maggior parte dei Paesi Ocse. Secondo Bloxham, che definito quella neozelandese “l’economia rock star” del 2014, la crescita kiwi per quest’anno sarà pari al 3,4 per cento. Per il 2013 è atteso un dato pari al 3 per cento. Ugualmente buone sono le prospettive per il dollaro neozelandese, definito la valuta più “hot” del 2014 da Kathy Lien, managing director di BK Asset Management, anche se questo crea un po’ di grattacapi alle aziende esportatrici kiwi.
I fattori della crescita
Sono tre i fattori che probabilmente contribuiranno a una performance di tutto rispetto. Innanzitutto, gli investimenti per la ricostruzione della città di Christchurch, colpita da un terribile terremoto il 22 febbraio del 2011. Secondo la società londinese di ricerche economiche Capital Economics le spese per la ricostruzione raggiungeranno il picco solo nel 2017 e fino ad allora continueranno a dare slancio all’economia locale. Un secondo fattore è il boom del mercato immobiliare, alimentato da tassi d’interesse ai minimi e dall’afflusso di immigrati dall’estero che, tradizionalmente, tendono ad acquistare una casa nei primi mesi della rilocazione.
Per evitare una bolla, la Banca centrale neozelandese ha reso più difficile l’accesso ai mutui (eliminando la possibilità di erogazioni al 100% del valore dell’immobile) e ha alzato i tassi d’interesse dal minimo storico del 2,5% all’attuale 3,5%, realizzando quattro rialzi dal marzo del 2014 a oggi. Le previsioni, tuttavia, indicano che questo livello rimarrà invariato almeno fino a fine anno, considerato il livello dell’inflazione (registrata all’1,6% a luglio) al di sotto delle previsioni della Banca centrale (1,7%) e dei mercati (1,8%). Secondo gli esperti l’investimento del mercato immobiliare residenziale rimarrà robusto. Anche per ragioni storiche: il tipico kiwi considera l’investimento immobiliare l’investimento più sicuro che resta il più gradito a scapito della Borsa, che pure ha dato ottimi risultati l’anno scorso e ancora da inizio anno: dall’inizio del 2014, per esempio, ha fatto un balzo del 7 per cento.
L’ultimo fattore è quello del prezzo del latte, salito del 50% rispetto al 2013 ma sceso di botto dell’8,4% agli inizi di agosto. Si tratta comunque di livelli di tutto rispetto, sostenuti dalla domanda del mercato cinese. Ed è forse su questo punto che conviene adottare un po’ di cautela. Secondo Daniel Martin, Asia economist di Capital Economics, i due maggiori mercati dell’export neozelandese, l’Australia e, appunto la Cina, potrebbero rallentare nel 2014, con possibili conseguenze sulle esportazioni kiwi.
Un ripresa invidiabile
Come si diceva la Nuova Zelanda è entrata in recessione prima dello scoppio della GFC a causa della siccità che ha colpito le campagne nel 2007/2008 e l’outlook dell’economia, ancora prevalentemente agricola, è peggiorato dopo l’agosto del 2008. Il Governo e la Banca centrale hanno risposto a questa sfida abbassando il livello dei tassi d’interesse dall’8,25% del luglio 2008 al 2,5% dell’aprile del 2009. La Banca centrale ha anche introdotto misure per aumentare la liquidità degli istituti di credito kiwi. L’esecutivo laburista ha poi proceduto con un taglio delle tasse il 1 ottobre 2008, iniziativa continuata con il seguente Governo conservatore.
Infine a seguito del terremoto del 2011, il secondo evento naturale più catastrofico della storia neozelandese (che ha causato danni per 40 miliardi di dollari neozelandesi), Wellington ha approntato pacchetti di assistenza economica per le piccole e medie imprese e ha investito pesantemente in progetti infrastrutturali nell’area. Dalla metà del 2012 l’attività nel campo delle costruzioni è aumentata in maniera progressiva, contribuendo alla ripresa economica. Nello stesso periodo, la disoccupazione è calata dal picco negativo del settembre 2012, al 6% del dicembre 2013.
Il futuro
Oggi con i prezzi di commodity come carne e latte a livelli di tutto rispetto, la Nuova Zelanda guarda con fiducia al futuro, Cina permettendo. La politica di sostegno all’economia, avviata dal Governo laburista e continuata da quello conservatore, ha dato i frutti sperati. E ora Wellington, dopo una politica di privatizzazioni nel settore dell’energia e dei trasporti aerei, conta pure di tornare a un surplus di budget nell’anno fiscale 204-2015. Cosa si può volere di più?