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Ferragosto a Roma: a Palazzo Barberini: Paesaggi, Vedute e Capricci, una mostra tutta da scoprire

Per chi non è al mare o in montagna, la Capitale offre mille possibilità di vedere con calma molti musei aperti e mostre interessanti. A Roma, Palazzo Barberini ci introduce in un percorso “Di natura e d’invenzione. Paesaggi, Vedute e Capricci”. Un riscoprire il paesaggismo antico e illuminista

Ferragosto a Roma: a Palazzo Barberini: Paesaggi, Vedute e Capricci, una mostra tutta da scoprire

Le opere provengono dai depositi delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, e l’esposizione è a cura di Luigi Gallo con Paola Nicita e Yuri Primarosa. Palazzo Barberini.

La Sala dei Paesaggi, situata al piano nobile di Palazzo Barberini, fungeva in origine da sala da pranzo privata. Le pareti, decorate nel 1859 in uno stile neo-barocco, sono scandite da grandi riquadri che rappresentano i feudi laziali della famiglia Barberini. Qui sono esposti quattordici dipinti, provenienti in parte dai depositi, e in parte dal Museo Laboratorio delle Gallerie, la quadreria al secondo piano di Palazzo Barberini dove vengono conservate opere abitualmente destinate a progetti di ricerca e didattica per studiosi, specialisti e specializzandi in Storia dell’arte, e solo raramente accessibili al pubblico.
I quattordici paesaggi testimoniano la definizione di un nuovo rapporto dell’uomo con la natura e il rinnovamento del genere fra XVII e XVIII secolo, stimolati dal sodalizio fra artisti e uomini di scienze, che portò ad una profonda trasformazione nel modo di osservare e raffigurare il paesaggio, che da mero elemento di sfondo, diventa protagonista.

Paesaggi, capricci e rovine romane


In mostra sono rappresentate le diverse tipologie di paesaggio che spaziano dalle composizioni ideali alle vedute, dalle evocazioni campestri ai capricci con rovine antiche. Si va dai poetici dipinti di Nicolas Poussin (Les Andelys, 1594 – Roma, 1665), campione della pittura seicentesca francese, al cosiddetto Maestro della betulla, identificato in Gaspard Dughet, fino al fiammingo Jan Frans van Bloemen, detto l’Orizzonte
(Anversa, 1662 – Roma, 1749), in cui la natura ospita vicende mitologiche e sacre offrendo mirabili effetti luministici. Si passa poi alle vedute esatte, come la magnifica opera di Pietro da Cortona (Cortona, 1596 – Roma, 1669), uno fra i primi quadri da camera con la rappresentazione di un luogo esistente, e del tedesco Jacob Philipp Hackert (Prenzlau, 1737 – Careggi, 1807), il maggior rappresentante del paesaggismo analitico illuminista: i maestri, a distanza di un secolo l’uno dall’altro, raffigurano con maestria la luce inconfondibile del paesaggio romano. E ancora possiamo ammirare i capricci architettonici e le scene pastorali, generi che conobbero una grande fortuna in Italia e in Francia, come testimoniano le tele di Andrea Locatelli (Roma, 1695-1741) e Giovanni Paolo Pannini (Piacenza, 1691 – Roma, 1765), e dei più celebri pittori della corte di Versailles nel Settecento, François Boucher (Parigi, 1703 – 1770), Jean-Honoré
Fragonard (Grasse, 1732 – Parigi, 1806) e Hubert Robert (Parigi, 1733 – 1808), che nella capitale pontificia hanno soggiornato come pensionnaires dell’Accademia di Francia. Nei dipinti esposti, Roma e la sua campagna divengono spunti d’ispirazione per rappresentare una natura visionaria, intrisa di sensibilitàpreromantica, dove le azioni dei personaggi e le architetture fanno da contrappunto all’atemporalità del mondo classico.

Opera in copertina: Jacob Philipp Hackert (Prenzlau, 1737 – Careggi, 1807) Veduta dei Colli Albani dall’Osteria del Fico, 1789 olio su tela, 50 x 82 cm Courtesy foto: Gallerie Nazionali di Arte Antica, Roma (MiC) – Bibliotheca Hertziana, Istituto Max Planck per la storia dell’arte/Enrico Fontolan.
L’opera raffigura la campagna a sud di Roma, nei pressi del lago di Albano. Sulla roccia è dipinta l’iscrizione “All’osteria del fico / verso Marino. / Ph. Hackert p. 1789”. L’osteria è tutt’oggi individuabile a Grottaferrata sulla via Latina. Sullo sfondo si stagliano i profili dei palazzi e chiese di Marino e Castel Gandolfo. Il pittore conosceva bene questi scenari, ma realizza il dipinto due anni dopo aver visto i luoghi per l’ultima volta, in viaggio con Goethe. Nelle sue vedute, Hackert abbandona l’idealizzazione classica della natura e sperimenta un nuovo tipo di pittura dal vero, lenticolare e analitica, di stampo illuminista. Ha scelto con cura il paesaggio da raffigurare, in un punto in cui il rapporto fra gli elementi è armonioso, calibrando il momento esatto in cui la luce dorata esprime i suoi effetti migliori sulla natura.

Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini (Sala dei Paesaggi) Roma, via delle Quattro Fontane 13

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