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Fenomeno Qatar: dal petrolio al calcio, lo Stato arabo più ricco diventa anche il più “occidentale”

Piccolissimo geograficamente, ma ricchissimo economicamente (70 miliardi di dollari di attivo), e ora sempre più influente per la politica grazie alle sue scelte moderate e filo-occidentali: è il Qatar, 1,7 milioni di abitanti col reddito pro capite da 80mila dollari. Decisivo il suo ruolo diplomatico nella primavera araba, non piace ai Paesi fondamentalisti

Fenomeno Qatar: dal petrolio al calcio, lo Stato arabo più ricco diventa anche il più “occidentale”

Nuovi ricchi, uguale nuovi invidiosi. E’ un’equazione confermata da un’analisi dell’Economist, riguardo ai Paesi mediorientali tanto piccoli geograficamente, quanto ricchi in materie prime, e dunque in potere economico e ora, sempre di più, in potere politico e diplomatico a livello internazionale.

Si tratta soprattutto del Qatar, definita nel 2001 dall’allora presidente egiziano Mubarak una scatola di fiammiferi. Beh in effetti la penisola ha una superficie di appena 11mila metri quadrati, veramente un’inezia di fronte al gigante nordafricano. Anche i suoi abitanti (1,7 milioni) sono poco di più di quelli di in una città come Milano (1,3 milioni) e un decimo di metropoli come Parigi e Londra.

Ma il segreto di tanto successo (e tanta invidia) è ormai noto a tutti: in quella scatoletta ci sono i fiammiferi più ricchi del mondo, con un reddito pro capite di 80mila dollari. Perchè quei fiammiferi, tra l’altro, si potrebbero accendere anche da soli, avendo una riserva infinita di gas e petrolio in quello spicchio di terra baciato dal Dio denaro.

E ricchezza economica, nel terzo millennio, significa influenza politica. Se la sai usare con intelligenza e lungimiranza, s’intende. Benchè l’emirato dello sceicco Hamad ibn Khalifa al-Thani non abbia nemmeno un vero esercito, il suo ruolo nella recente primavera araba è stato decisivo, soprattutto in Libia, ma anche in Sudan, Siria, Yemen e Libano, dove ha mosso sapientemente i suoi “pedoni” diplomatici per risolvere le situazioni. Molto di più delle tanto declamate bombe atomiche di Gheddafi o della politica fallimentare di Mubarak, per intenderci.

Ma non è tutto. L’ascesa della credibilità del Qatar non solo come partner commerciale o come interlocutore politico moderato si nota anche sulla scena economica occidentale.

I suoi sceicchi siedono nei consigli d’amministrazione delle più importanti società multinazionali, e possiedono ormai gran parte degli immobili e delle boutique di Londra. Il portafoglio dell’emiro insomma non si limita al petrolio (e già ne basterebbe…) ma si arricchisce di raffinerie in Cina, griffes internazionali, maisons de coutures francesi e italiane.

Per non parlare del calcio, da diversi anni sinonimo dell’ingresso nell’olimpo della geopolitica mondiale. Sempre più club europei sono di proprietà di sceicchi, soprattutto in Inghilterra, dal Fulham di Al-Fayed all’opulentissimo Manchester City dello sceicco Mansour, ma anche in Spagna con il Malaga di Abdullah Al Thani, che dal nulla sta diventando una buona squadra, e da ultimo il glorioso Paris Saint-Germain, squadra storica della capitale francese, da anni in crisi di risultati ma ora pronta a vincere tutto con i petroldollari di Tamim Al Thani, parente dello “spagnolo”.

Insomma, quasi una cricca ormai, che sta ribaltando gli equilibri calcistici in Europa, e che ha portato il presidente della Fifa Blatter a concedere al Qatar persino l’organizzazione dei Mondiali 2022. Da un Paese che ha 70 miliardi di dollari di attivo, non è stato difficile farsi ingolosire.

Il Qatar si presenta dunque come il Paese più occidentale del Medio Oriente, scatenando di conseguenza le invidie e le malfidenze dei “fratelli musulmani” degli Stati vicini, che ancora vivono di fondamentalismo e ideologie.

Il Qatar, soprattutto tramite la sua first lady Cheikha Mozah, pratica invece tolleranza sociale e pragmatismo. Una piccola scatola di fiammiferi, che però solo altri vorrebbero accendere…

Leggi The Economist

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