Non passa settimana che non arrivi la notizia di un nuovo femminicidio. Ma il caso di Giulia Cecchettin e di Filippo Turetta ci ha lasciati ancora più sconvolti, perché stavolta si è trattato di ragazzi. Che cosa è cambiato nella società e nella testa degli uomini? Come si devono comportare le donne? Lo abbiamo chiesto ad Annamaria Bernardini de Pace, celebre avvocato del foro di Milano dal 1989, specializzata nel diritto civile con particolare attenzione al diritto della famiglia, della persona e alla tutela del patrimonio, sul cui tavolo ogni anno arrivano oltre 300 cause.
Avvocato, dal suo osservatorio, come valuta l’episodio dei due ragazzi veneti? Finora avevamo visto gli adulti aggredire violentemente le donne. Questo nuovo episodio in cui i protagonisti sono ragazzi, che cosa ci dice? Qualcuno riconduce il fatto a una cultura patriarcale. Che cosa ne pensa?
“Non è colpa di una cultura patriarcale. L’episodio di questi due ragazzi mette in evidenza
la grande mancanza di attenzioni dei genitori verso i figli, mancanza di condivisioni di vita, di emozioni. I genitori si comportano verso i figli come verso i follower: puntano solo ad avere like. Ma non insegnano, non dicono mai di no, dicono sempre di sì per evitare di affrontare un confronto e in questo modo si liberano del problema. I ragazzi invece si formano con regole, spiegazioni e punizioni. Altrimenti non diventano emotivamente adulti: non accettano le decisioni altrui, non sanno gestire il senso del possesso. E nemmeno il dolore”.
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I ragazzi se non hanno la guida dai genitori, come raccolgono le informazioni? Qual è il ruolo di internet e dei social?
“Invece di trovare risposte dai genitori, ora per ogni cosa si ricorre a Internet. Anche per il sesso. Basti vedere il successo dei siti porno, dove non c’è una carezza, un bacio, ma semmai schiaffi, volgarità e si passa subito alla penetrazione. Lo stesso dicasi dell’influenza che hanno sui ragazzi i film in cui protagonisti sono serial killer. I maestri sono diventati la tv e i social. Basta vedere come si comportano molte famiglie al ristorante: il più piccolo con un iPad, gli altri con il telefonino, adulti compresi: manca totalmente la condivisione e i figli sono smarriti e dementi dal punto di vista emotivo. Oltre al fatto che vedono gli adulti stessi comportarsi in modo violento”.
Che cosa sta succedendo agli uomini? Perché tutta questa violenza nei confronti delle donne? Che cosa passa loro per la testa?
“Gli uomini stanno esplodendo. Prevale il senso del possesso di un bambino viziato non cresciuto, che vuole tutto per sé, che rompe i giochi per rabbia. E quando diventa adulto rompe le donne. Sono uomini che non hanno imparato a controllare le situazioni nel modo corretto”.
Avvocato, ci dica 3 suoi consigli da dare alle donne.
“Le donne devono imparare a difendersi. E lo devono fare prima di tutto evitando di stare sole con uomini che non vanno bene, con quei bambini mai cresciuti. Inoltre devono capire, e mi riferisco ai movimenti femministi del momento, che il “diritto di fare quello che voglio” è diverso dal “diritto alla libertà”: la libertà va tutelata e protetta. Se cammino in un campo minato devo fare attenzione a dove metto i piedi, se cammino in mezzo alla strada, potrebbe accadermi qualcosa di spiacevole. Allo stesso modo occorre valutare i rischi delle situazioni e comportarsi di conseguenza. Infine le donne devono imparare a reagire, a non fare le vittime. Negli anni 70 si diceva “l’utero è mio, il corpo è mio, e lo gestisco io”. Allo stesso modo, più che manifestare contro il governo o contro i maschi, occorre che le donne prendano in mano la responsabilità della propria tutela”.
Sono oltre 100 gli omicidi registrati dall’inizio dell’anno in Italia le cui vittime sono donne. Dal suo osservatorio, le sembra che ci sia stato di fatto un aumento delle violenze oppure se ne parla di più e sono aumentate le denunce?
“I dati dicono che le violenze in sé sono di fatto diminuite, ma certamente ora ci sono più denunce e quindi se ne parla di più. Si dice che le donne ora hanno più coraggio di denunciare: ma non è una questione di coraggio, la denuncia è un dovere”.
Che contesto trova una donna che fa una denuncia per violenza?
“Purtroppo una volta fatta denuncia, non sempre le donne trovano persone e professioni specializzate nel gestire situazioni di violenza. Manca la formazione delle istituzioni: dei carabinieri, delle infermiere, degli ospedali, degli avvocati. Ognuna di queste figure deve essere in grado di gestire la situazione. Ma manca la formazione”.