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Fed: taglio di 25 o 50 punti base? Mai tanta incertezza. Ecco le previsioni e le possibili reazioni dei mercati

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È arrivato il giorno tanto atteso. Nella settimana delle quattro streghe, ma anche delle banche centrali, gli occhi dei mercati finanziari mondiali sono puntati sulla Federal Reserve che oggi taglierà i tassi d’interesse per la prima volta in quattro anni, chiudendo ufficialmente una fase di forti rialzi, la più aggressiva dagli anni ’80, per aprirne una di tagli che potrebbe durare un paio d’anni. 

Di dubbi sulla sforbiciata ormai non ce ne sono più. Dal meeting di Jackson Hole di fine agosto, dove il presidente Jerome Powell ha anticipato l’intenzione di allentare la politica monetaria, la domanda è un’altra: il taglio sarà di 25 o di 50 punti base? “Eccezion fatta per il taglio di emergenza dei tassi effettuato dalla Fed nel marzo 2020 all’inizio della pandemia, non c’era mai stata un’incertezza così grande sulle mosse della Fed dal 2007 in poi”, scrive Bloomberg.

Le previsioni sul taglio della Federal Reserve

Dopo dieci rialzi dei tassi tra il 2022 e il 2023 e diversi mesi di stop, attualmente, il tasso di riferimento dei Fed Funds è in una banda di oscillazione del 5,25-5,50%. E se fino a qualche giorno fa tutti consideravano più probabile un taglio di 25 punti base, adesso cresce la schiera di coloro che si aspettano una Federal Reserve molto più aggressiva, intenzionata ad intervenire sulla politica monetaria con una sforbiciata di 50 punti. “I mercati dei futures scontano già pienamente un taglio di un quarto di punto e ora indicano quasi il 70% di possibilità che la Fed possa allentare i tassi di mezzo punto percentuale”, spiega Reuters. La settimana scorsa questa opzione veniva data al 15%.

Della stessa opinione anche gli esperti di ActivTrades, secondo cui “le probabilità di una riduzione dello 0,5% sono ora giunte intorno al 60%“, e il FedWatch Tool del Cme Group, con i trader che puntano decisi verso un taglio di 50 punti base: fino a domenica le due opzioni erano date 50-50. Da lunedì invece, il 59% dei trader pende per una sforbiciata di mezzo punto, contro il restante 41% che invece continua a scommettere su un taglio di un quarto di punto percentuale. 

C’è però anche chi invoca prudenza: “Nella Boutique obbligazionaria di Vontobel propendiamo per un taglio di 25 punti base. L’economia statunitense ha subito un rallentamento significativo negli ultimi mesi e il percorso dell’inflazione sembra molto più favorevole rispetto all’inizio dell’anno. Tuttavia, non vediamo un rischio imminente di recessione negli Stati Uniti e riteniamo che tagli graduali ma coerenti sarebbero appropriati finché i dati economici non si deteriorano ulteriormente”, spiega a Radiocor Carlos de Sousa, Portfolio Manager di Vontobel. Una sforbiciata di un quarto di punto è anche la previsione di Xiao Cui, senior economist di Pictet Wealth Management, secondo cui “il Fomc inizierà con un taglio da 25 punti base” e “le proiezioni sui tassi indicheranno un ritmo graduale di allentamento coerente con la normalizzazione della politica monetaria e non con un salvataggio del mercato del lavoro”. 

In questo contesto occorre considerare anche le previsioni sul 2024: le attese sono di tagli complessivi per 120 punti base per l’anno in corso. Numeri alla mano, significa che se il taglio di oggi dovesse ammontare a 25 punti base, la Fed dovrà poi effettuare due tagli consecutivi da 50 punti. Uno scenario considerato altamente improbabile.

Fed: attenzione alle parole di Powell

Sono in molti a immaginare grandi festeggiamenti sui mercati, con un rally del mercato obbligazionario e delle Borse, se la Fed deciderà davvero di tagliare i tassi di 50 punti base. Eppure, potrebbe non essere così, anzi. Soprattutto le piazze azionarie potrebbero reagire male di fronte a una scelta che fino a qualche giorno fa veniva considerata come “fortemente improbabile” Il motivo? Secondo Bloomberg, una mossa tanto eccessiva potrebbe indicare “una lettura più pessimistica dei dati macroeconomici giunti nell’ultimo periodo, che sembrano preannunciare una fase recessiva”. “Il problema”, aggiunge Neil Shearing, capo economista del gruppo Capital Economics, “è che si tratta di un’asticella molto alta per un grande taglio dei tassi, soprattutto all’inizio del ciclo di allentamento. Se non altro, crea l’impressione che i banchieri centrali abbiano commesso un errore e siano rimasti indietro rispetto alla curva”.

Parlando in parole povere un taglio così ampio potrebbe essere interpretato come “recessivo”, segno di una Fed molto più preoccupata del previsto per lo stato dell’economia statunitense.

Ed è così che diventano fondamentali le parole che utilizzerà il numero uno della Federal Reserve Jerome Powell per spiegare la decisione, qualunque essa sia, della banca centrale statunitense. “Importante tanto quanto il dibattito tra 25 e 50 sarà anche la comunicazione della Fed. 50 punti percentuali saranno l’inizio dei tagli da 50 o una mossa una tantum per avviare il ciclo? Un taglio da 25 punti base significherebbe che l’asticella per successivi tagli da 50 punti base è alta? Ci saranno molte cose da digerire”, ha sottolineato in una nota un gruppo di strategist di Deutsche Bank, guidati da Jim Reid.

Gli ultimi dati sull’economia Usa

Un quadro in chiaroscuro. Potrebbero essere riassunti così gli ultimi dati sull’economia statunitense. Perché se è vero che sull’inflazione sono stati realizzati ampi progressi, è altrettanto vero che il mercato del lavoro sembra dare qualche segnale di sofferenza.

Le ultime novità sono arrivate ieri: le vendite al dettaglio, ad agosto, sono cresciute dello 0,1% rispetto al mese precedente a 710,8 miliardi di dollari, dopo il +1,1% di luglio (rivisto dall’iniziale +1%); le attese erano per un -0,2%. Parlando dei prezzi, i dati più recenti sembrano mostrare che l’inflazione, scesa ad agosto al 2,5% su base annua dal 2,9% di luglio, sta rientrando verso gli obiettivi. Il dato core, il più osservato dalla Federal Reserve che esclude le componenti più volatili come cibo ed energia, è invece rimasto stabile al 3,2% ed in linea con le attese. Anche l’indice Pce Price Index, diffuso a fine agosto, aveva confermato un’inflazione al consumo al 2,6%, inferiore alle attese degli analisti (2,7%). 

A preoccupare però è un mercato del lavoro in decelerazione, nonostante non ci siano ancora segnali chiari di una recessione imminente. Ad agosto, i posti di lavoro – escludendo l’agricoltura – sono aumentati al ritmo più basso dalla fine della pandemia. La crescita è stata infatti di 142mila posti, ben al di sotto dei 164 mila attesi dal mercato. Tuttavia, la disoccupazione è leggermente diminuita al 4,2% e le retribuzioni medie orarie sono aumentate più del previsto. Di fronte a questi numeri, alcuni analisti continuano a parlare di recessione per il terzo trimestre, nonostante la revisione al rialzo del PIL del 2° trimestre al 3%. Quale sarà l’interpretazione della Fed? Lo scopriremo stasera.

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Categories: Finanza e Mercati