L’attesa sta per finire. L’Antitrust europeo si accinge ad annunciare la sua decisione sulle nozze tra Fiat Chrysler e Peugeot. Ma i pronostici da Bruxelles anticipano che, con ogni probabilità, per le pubblicazioni del matrimonio del secolo si dovrà attendere ancora, almeno fino ad ottobre. I burocrati di Bruxelles non sono stati convinti, secondo le indiscrezioni dalla capitale della Comunità, dalle rassicurazioni dei due gruppi sulla quota detenuta dai due gruppi nei veicoli commerciali. Le due case assieme controllano il 34 per cento del mercato dei minivan, contro il 16 di Renault e di Ford. Ma la quota sale al 45 per cento per il mercato francese, egemonizzato da Psa, ed al 48% in Italia. A rigor di legge questi numeri sono compatibili col matrimonio ma, come ha dichiarato il presidente di Alix Partners Stefano Aversa ”ogni percentuale oltre il 40 per cento è vista con sospetto dall’Antitrust” specie in questo caso, visto che nel 2019 Psa ha introdotto in tutti i Paesi Ue il Combo Opel/Vauxhall presto balzato in testa alle classifiche.
Di qui la sensazione di un probabile supplemento di pratica che i mercati sembrano aver in parte già digerito: Fca +0,18% è in lieve progresso, in calo Psa -0,51%. Ma, almeno per ora, a condizionare le quotazioni sembrano essere soprattutto i numeri dell’Europa di maggio, un altro mese difficile del terribile 2020: nel vecchio Continente sono state immatricolate in tutto 581.161 vetture, la metà delle 1,2 milioni vetture del 2019. Fanalino coda la Spagna (-72,7%), Italia e Francia quasi appaiate con una perdita rispettivamente del 49,6% e del 50,3%. Risultati pesanti che solo in parte verranno compensati nella seconda parte dell’anno, anticipano gli esperti che prevedono un salasso dei 12 mesi, attorno al 30 per cento.
È questo lo scenario nel quale dovrà operare John Elkann per scongiurare la sindrome del “quasi goal” per scomodare un paragone calcistico: dopo il flop della mancata vendita di Partner.Re a Covéa un altro no in extremis avrebbe il sapore della maledizione.
In realtà, sembra molto improbabile che uno dei due promessi sposi intenda fare un passo indietro. E non solo perché la rottura del fidanzamento comporterebbe una penale di 500 milioni di euro. Troppo importanti per i partners sono i benefici della fusione per rimettere in discussione la liaison, nonostante i “sacrifici” necessari per convincere Bruxelles. La vera questione, però, è un’altra: i termini dell’accordo siglato nello scorso dicembre sono davvero “scolpiti nella pietra” oppure c’è margine per una revisione a fronte delle novità drammatiche della crisi che ha in pratica dimezzato le quotazioni delle due case?
Rispetto ad allora sia Fca che Psa hanno rinunciato a distribuire il dividendo ordinario (1,1 miliardi). Ma più complesso è il nodo del dividendo straordinario (5,5 miliardi) destinato ai soci Fca in vista della fusione nonché la distribuzione agli azionisti Peugeot delle azioni della controllata Faurecia per riequilibrare i pesi del merger tra eguali. I titoli del gruppo transalpino della componentistica, che hanno accusato pesanti perdite nel 2020, rappresentano ancora una contropartita adeguata per i soci francesi? E, come chiedono diversi analisti, non sarebbe il caso di ripensare alla maxicedola straordinaria a vantaggio dei soci Fca per consolidare la cassa in attesa di un anno complicato? Lo si capirà meglio dopo il verdetto dell’Antitrust che rischia di spostare dalla primavera all’esatte la celebrazione delle nozze.
Intanto, la sensazione è che la crisi abbia spostato in avanti le lancette dei programmi industriali del gruppo italo-americano in attesa di una data precisa per il varo della 500 elettrica e di programmi più dettagliati sull’alleanza. “Nel piano Macron sull’auto – fa notare Giuseppe Berta – non c’è un solo cenno agli sviluppi delle alleanze internazionali di Peugeot”. Il che non è un buon segnale per un gruppo probabilmente condannato a decollare con una strategia all’insegna dei tagli.