Stavolta la Cina non c’entra, salvo per la gradita sorpresa dell’incasso, prima del previsto, dei risarcimenti per l’incendio nel porto di Tianjin che aveva danneggiato le consegne del gruppo nel Paese del Drago nell’agosto del 2015. Né contano le voci più o meno fondate sugli spezzatini o altre operazioni straordinarie che alimentano costantemente i report degli analisti su Fiat Chrysler. Anzi, anche stavolta, nel comunicato, non si fa cenno di prossime dismissioni o operazioni corporate che saranno semmai oggetto del prossimo piano industriale, quello che Sergio Marchionne si accinge a completare prima di cedere la guida dell’azienda (e ritirarsi, si fa per dire, a Maranello)
A dar conforto al mercato sono bastati i conti del terzo trimestre di Fiat Chrysler sufficienti a giustificare il nuovo balzo in avanti del titolo, su del 70% circa da inizio anno, arrivato a quota 14,8 euro (+4,5% abbondante) su forti volumi di vendite. Dai numeri emerge che il gruppo viaggia in linea con gli obiettivi fissati per il 2017 dal piano industriale:ricavi netti tra 115 e 120 miliardi di euro, ebit adjusted superiore a 7 miliardi di euro, utile netto adjusted sopra 3 miliardi di euro e indebitamento netto industriale inferiore a 2,5 miliardi di euro. Anzi, Mediobanca Securities avanza stime più alte: utile operativo di 7,4 miliardi di euro, un utile netto a 3,8 miliardi di euro e un indebitamento netto a circa 2 miliardi di euro.
Insomma, una promozione a voti (quasi) pieni. L’unica pecca è rappresentata da una lieve discesa dei ricavi (-2%) 26,41 miliardi di euro), 300 milioni in meno del previsto, a causa del calo delle consegne di Maserati, frenate dalle nuove regole doganali in Cina. Il consenso si aspettava ricavi pari a 26,915 miliardi di euro. Le consegne globali complessive sono ammontate a 1.123.000 veicoli, in linea con il terzo trimestre 2016.
Molto meglio le altre indicazioni. L’ebit adjusted è in progresso del 17% a 1,758 miliardi di euro, oltre le stime del consenso (1,674 miliardi di euro). Il margine si è attestato al 6,7% (+110 punti base) con tutti i settori in miglioramento: Nafta (Usa, Canada, Messico) all’8%, Maserati al 13,8% e Componenti al 5,3%. Inoltre l’utile netto adjusted è aumentato del 25% a 922 milioni di euro e l’utile netto del 50% a 910 milioni di euro, oltre gli 836 milioni previsti dal consenso. In lieve aumento l’’indebitamento netto, salito di 200 milioni rispetto a giugno a 4,405 miliardi ma solo per effetto delle oscillazioni delle valute. La maggior parte dei profitti resta legata al mercato del Nord America.
La nota più positiva riguarda l’utile netto, quasi raddoppiato nei primi nove mesi (+93%), molto di più dei ricavi (+1% a 82,058 miliardi) dopo consegne complessive per 3.493.000 veicoli, in linea con l’anno precedente: si è rivelata vincente la scelta di sacrificare le vendite di flotte aziendali in Usa dalla marginalità ridotta. In luogo delle Sedan, ormai fuori mercato, il gruppo ha puntato sui Suv Jeep e i Ram oltre che sul successo di Stelvio Alfa Romeo. In questa cornice l’azienda puà sperare in un finale d’anno a tutto sprint. Ma far previsioni è davvero complicato: sul mondo dell’auto, non solo su Fca, incombe il rischio di multe sulle emissioni o il rischio di ritiro di modelli ritenuti fuori norma. E’ questa la scossa più temuta da Marchionne, peraltro scettico sul futuro dell’auto elettrica.