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Fashion Style: come sarà il nostro guardaroba in futuro: affittato, riciclato e rigenerato

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Il mercato sta cambiando e questo è supportato dalla strategia tessile dell’UE, che mira a fermare completamente la Fast Fashion e a ridurre l’impronta di carbonio e ambientale del settore.

Ma sarà così o interverranno altre scelte dettate dai nuovi consumatori?

Dopo cibo, alloggi e trasporti, il consumo europeo di prodotti tessili è al quarto posto in termini di impatto sull’ambiente e sul clima. I rifiuti tessili, in particolare, rappresentano un enorme problema a livello globale, con un camion pieno di vecchi vestiti e tessili che ogni secondo finisce in discarica o inceneriti e non è certo una novità? Tornando al nostro precedente articolo, l’impatto del fast fashion si fa sentire lungo tutta la filiera: dall’uso eccessivo di acqua per coltivare fibre come il cotone, all’uso di combustibili fossili per produrre fibre sintetiche; dall’inquinamento dell’acqua durante i processi di tintura e finissaggio, alle emissioni di carbonio generate durante la produzione e il trasporto.

Parallelamente l’innovazione dei materiali ha fatto rapidi progressi negli ultimi anni

Esistono nuovi materiali di origine vegetale – spesso chiamati “biomateriali” – che vengono prodotti imitando i processi naturali e possono competere con i materiali sintetici ampiamente utilizzati. Ci sono delle alternative in pelle realizzate con cactus, mela e ananas che saranno probabilmente disponibili entro il 2030. Dobbiamo pensare ad un futuro non sarà caratterizzato da materiali futuristici, ma anche da un pieno uso di tessuti naturali, sostenibili e affidabili che già esistono oggi. Un esempio è il tessuto ottenuto dalla canapa, una coltura coltivata in tutta Europa. Ma anche il lino che non sono solo sono naturali, leggeri e durevoli, nonché completamente compostabili o riciclabili, ma sono anche migliori per la nostra salute e l’ambiente, poiché per produrli vengono utilizzate meno sostanze chimiche tossiche. A differenza del poliestere e del nylon, ad esempio, utilizzati oggi per realizzare molti tipi di indumenti, non rilasciano microfibre di plastica nelle acque reflue domestiche quando vengono lavati, il che può causare danni all’ambiente e alla vita marina.

Materiali naturali e riciclati

Una volta utilizzati, i materiali naturali o riciclati, se vogliono essere veramente circolari, dovrebbero avere una lunga vita prima di rientrare definitivamente nella catena di approvvigionamento. E stanno già emergendo soluzioni innovative e tecnologiche per supportare questo ciclo. Anche la digitalizzazione del processo di acquisto di vestiti sostiene la circolarità, e i mercati online dell’usato e del noleggio sono esplosi negli ultimi anni. Il mercato dell’usato potrà essere due volte più grande di quello del fast fashion perchè la sensibilizzazione a favore della “Second Hand“potrà avere una crescita del mercato dell’usato sconcertante. Ma non si tratta solo di usato messo nei mercatini dai privati ma anche pezzi che aziende si trovano in giacenza nei magazzini, magari di una collezione della stagione precedente. E così invece di aumentare il consumismo con il “black friday” perchè rimettere in vendita un prodotto passato di stagione ma ancora nuovo evitando così portare tutto nelle migliaia di discariche sparse nel mondo? Ma c’è chi ci ha già pensato allestendo luoghi commerciali di “seconda mano” che stanno conquistano le nuove generazioni e non solo!

Torniamo così a riparlare dell’importanza del DPP (Digital Product Passport) come parte della strategia tessile dell’UE

Ossia passaporti digitali dei prodotti contenenti informazioni affidabili sull’impatto ambientale e sociale di un articolo. Questi diranno ai consumatori come e dove sono stati realizzati i loro vestiti e da cosa; quanta acqua è stata utilizzata per produrli; quali sostanze chimiche contengono; e se possono essere riparati, riutilizzati o riciclati. Ciò non solo responsabilizza i produttori, ma dà anche la possibilità ai consumatori di fare scelte in linea con i loro valori. Un sistema noto ma non ancora preso seriamente in considerazione, anche per un ritardo effettivo di un reale consapevolezza al valore della sostenibilità, se ne parla – anche troppo – ma non si applica ancora. Probabilmente allo scadere del tempo massimo l’applicazione regolamentare del DPP ci sarà la corsa per adottarlo in tempo, come sempre succede in Italia. In ogni caso, indipendentemente dalle nuove normative che andranno in vigore nei prossimi anni, ci sono passi che possiamo già da ora intraprendere come consumatori per avere un rapporto più sostenibile con la moda.

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Categories: Economia e Imprese