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Farmacie, in arrivo servizi e medicinali nuovi: ma la riforma voluta dai fondi finanziari mostra qualche crepa

Imagoeconomica

Mentre si fatica a trovare un medico di base sollecito e vicino alle esigenze del paziente, mentre si affollano le sale dei pronto soccorso, le oltre 20.000 farmacie italiane hanno dimostrato, anche negli anni della pandemia, di essere un importante presidio nella filiera della sanità e un punto di riferimento dei pazienti che chiedono al farmacista il primissimo consulto.

Il modello di farmacia di un tempo ha lasciato il posto a un hub in cui confluire una serie di attività sanitarie con il duplice scopo di alleggerire da una parte i medici di base, dall’altra gli ospedali. Fin qui tutto bene. Tuttavia questa trasformazione regge, se resta alta e riconosciuta la competenza e la preparazione del farmacista, il vero protagonista del settore. O almeno dovrebbe essere, visto il suo ricorso a questa figura professione competente da parte di molta parte della popolazione. Invece, mentre la farmacia in alcuni casi assomiglia sempre più a un centro della grande distribuzione, dall’altra i professionisti si sentono schiacciati. Ma ci sono delle novità in arrivo che potrebbero far rivedere ancora gli assetti. Vediamo come si è trasformato il sistema e quale sarà la prossima evoluzione

La “Farmacia dei servizi” entra nel vivo. Cambieranno anche le insegne

In questi mesi si sta perfezionando, di regione in regione, la mappa delle nuove farmacie, che dispensano non solo farmaci, ma anche servizi medici aggiuntivi. “La farmacia si sta trasformando sempre più in un presidio della sanità territoriale” stigmatizza Marco Cossolo, Presidente Federfarma.

Era l’autunno del 2019 quando la Conferenza Stato-Regioni aveva dato l’ok all’esecuzione di specifici servizi sanitari, avviando la sperimentazione della cosiddetta “Farmacia dei Servizi”, finanziata con appositi fondi stanziati a livello nazionale. Ma subito è arrivata la pandemia e quel processo ha tirato il freno perchè le farmacie si sono dovute concentrare soprattutto nella distribuzione dei vaccini anti Covid-19 e, per la prima volta, è stata data al farmacista la facoltà di eseguire prelievi di sangue capillare, per rilevare la presenza anticorpi IgG e IgM, per isolare i soggetti positivi, per monitorare la situazione epidemiologica e decongestionare le strutture ospedaliere.

La formula della “Farmacia dei servizi” sembrava accantonata, ma alcune farmacie, su base volontaria, hanno raccolto la sfida e hanno iniziato già allora a fornire servizi sanitari aggiuntivi, come le analisi di prima istanza tra cui test diagnostici del sangue (per esempio per glicemia, colesterolo), ma anche holter pressorio e cardiaco, elettrocardiogramma, autospirometria e gli screening per il tumore al colon retto, compresi i servizi di telemedicina. “I farmacisti, in particolare durante gli anni della pandemia, hanno dato un nuovo impulso alla professione in termini di impegno, competenze e vicinanza ai bisogni degli italiani” dice Andrea Mandelli, Presidente della Federazioni Ordini Farmacisti Italiani (Fofi). “La professione è cambiata, abbiamo ampliato i nostri ambiti di azione, dalle vaccinazioni, il più importante strumento di prevenzione, alla telemedicina che può contribuire all’abbattimento delle liste d’attesa”.

Ma in questi giorni sono arrivate ulteriori novità. Con il disegno di legge semplificazioni approvato lo scorso marzo, su proposta del ministro Paolo Zangrillo, sono state dati indicazioni anche per le farmacie: si prevede per loro la possibilità di somministrare ai maggiori di 12 anni tutti i vaccini, non più solo quello contro il Covid, e di offrire maggiori servizi in un’ottica di medicina di prossimità: dalla telemedicina alla possibilità di scegliere il proprio medico curante e il pediatra di libera scelta tra quelli convenzionati con il servizio sanitario regionale. Nuova anche l’insegna: accanto alla tradizionale croce verde comparirà la scritta “Farmacia dei servizi”.

Al via la riforma della distribuzione dei farmaci: si inizia con gli antidiabete

Inoltre lo scorso 10 maggio, con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, è partita la prima tranche della riforma della distribuzione dei farmaci, in base alla determina dell’Agenzia italiana del farmaco. Si partirà con gli antidiabete orali per oltre 200 prodotti. Con le nuove regole, nel caso di farmaci trasferiti dalla cosiddetta “Distribuzione Diretta”, i cittadini non dovranno più recarsi presso la farmacia ospedaliera per ritirare i medicinali, ma potranno farlo nella farmacia di comunità più vicina, con il controllo del proprio medico di famiglia. “Controlleremo la tenuta economica di questo meccanismo e se andrà bene come prevediamo, l’anno prossimo sarà la volta di altri medicinali”, ha confermato il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.

Il farmacista: il consulente competente per il primo consulto

La farmacia sta dunque diventando un hub della sanità alleggerendo le pressioni sui pronto soccorso e ospedali e per tamponare la carenza dei medici di base. Ascoltando, sul campo, il parere dei professionisti del farmaco si sentono pareri positivi rispetto ai nuovi ruoli, ma emergono criticità che rendono la professionalità difficile. “Abbiamo vissuto l’onere e l’onore dell’indispensabile ruolo assunto dalle farmacie nel corso della pandemia” dice Andrea de Zanetti, titolare di una farmacia a Milano, che è già da tempo che è diventata un hub di servizi, con tanto di laboratorio. “E’ molto positivo che le farmacie supportino i pazienti quando sono carenti altre strutture. Tuttavia il valore centrale della competenza del professionista non deve essere intaccata: ci sono servizi che ricadono su di noi che non sono pertinenti con la professione, ma implicano tempo e impegno sottratti al servizio principale, la consulenza qualificata professionale del farmacista”.

Come si è trasformato il settore: da singola farmacia alle “catene”

Dal decreto Bersani del 2006, che ha permesso la distribuzione di farmaci da banco anche al di fuori delle farmacie, ma soprattutto dal 2017 quando Matteo Renzi ha aperto il mercato della farmacia al capitale societario, permettendo a grandi catene di acquistare le farmacie e le loro autorizzazioni, “si è spostata l’attenzione dalle competenze del farmacista a supporto del paziente, al business” dice de Zanetti che spiega: “Dopo il decreto Bersani, molte farmacie sotto il peso della concorrenza soprattutto della grande distribuzione sono fallite e hanno dovuto chiudere. Altre sono entrate in profonda crisi. Poi, con la decisione di aprire il capitale ad altri soggetti si è visto l’ingresso di molti fondi finanziari, che per loro natura hanno obiettivi diversi rispetto al servizio professionale di un farmacista e il panorama è completamente cambiato” dice il farmacista.

Il numero dei pazienti per farmacia è sceso vertiginosamente nell’ultimo decennio traducendosi in un calo della redditività per le farmacie, dovuto anche al fatto che la maggior parte dei farmaci innovativi, risultano essere anche i più costosi. Sono così arrivati grossi Gruppi e fondi internazionali che hanno iniziato ad acquistare a mani basse le farmacie, raggruppandole poi in catene, sulla scia soprattutto di quanto è accaduto negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone, portando le farmacie a diventare sempre più simili alla Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) dove il farmacista può essere sostituito da un direttore.

Sono cinque le maggiori catene del capitale in Italia, per lo meno quelle che hanno aderito all’Anagrafe delle Società, l’albo istituito da Federfarma: Hippocrates, Farmacie Italiane, Farmagorà, Farma Acquisition ((Boots) e Neo Apotek. Hippocrates guida la classifica con 382 farmacie iscritte, segue Neo Apotek con 114, Farmacie Italiane con 48, Farma Acquisition con 45 e Farmagorà con 30. E tra quelle che ancora mancano all’appello, incuriosisce soprattutto il caso di Dr.Max: le sue farmacie non aderiscono a Federfarma, ma ha sorpreso l’adesione all’Anagrafe delle società di Neo Apotek, che il gruppo ha acquisito nel novembre scorso e che oggi ha per amministratore delegato lo stesso ceo di Dr. Max Italia, Alessandro Urbani. Secondo l’Osservatorio catene by Iqvia e Pharmacy Scanner il 5,1% delle farmacie presenti in Italia appartiene a una catena del capitale e in nessuna regione l’incidenza si avvicina al tetto del 20% fissato dalla legge 124/2017 sulla concorrenza: la concentrazione maggiore si riscontra in Lombardia, dove le farmacie del capitale risultano il 12% del totale; seguono la Valle d’Aosta con l’11%, la Toscana con il 10.

La struttura in catene sembrava ottimale: ma non è così. Ora si torna al via

Ma anche questa organizzazione basata sulle catene, che sembrava ottimale perchè avrebbe dovuto portare più business, sta mostrando criticità e qualcosa sta di nuovo cambiando. “Proprio là, dove tutto questo processo è iniziato, negli Usa e nel mondo anglosassone, si iniziano a vedere alcune crepe importanti e si sta tornando indietro” osserva ancora de Zanetti.

Nei Paesi anglosassoni, chiusure e razionalizzazioni sono all’ordine del giorno. Negli Usa per esempio è del mese scorso la notizia che Rite Aid, terza insegna del paese con oltre duemila filiali, si appresta a chiudere altre 53 farmacie, in aggiunta alle 200 circa già dismesse dall’ottobre scorso, quando ha avviato la procedura di concordato. Dagli Usa al Regno Unito, l’aria non cambia. Nelle settimane scorse infatti Well Pharmacy, la seconda catena britannica con 780 sedi circa, ha rivelato di avere registrato nel 2023 una perdita al netto delle tasse di oltre 29 milioni di sterline (circa 33 milioni di euro). Considerato che il gruppo aveva invece chiuso il 2022 con profitti per 4,14 milioni, scrive la rivista inglese Chemist&Druggist, si deduce che soltanto nell’ultimo anno i ricavi sono calati di oltre 33 milioni di sterline.

Che la situazione sia da allarme rosso lo conferma un recente rapporto della Cca (Company chemists’ association, il sindacato delle grandi insegne): nell’anno fiscale 2023/2024 hanno chiuso in Inghilterra 432 farmacie, in media oltre otto esercizi alla settimana. “Anni di pressioni finanziarie e operative spingono le imprese al limite delle loro possibilità” dice Janet Morrison, amministratore delegato di Community pharmacy England (Cpe, il comitato che rappresenta le farmacie nelle negoziazioni con il servizio sanitario). “Ci sono insegne che sono costrette a chiudere filiali o ridurre gli orari di apertura: se non si inverte questa politica, e rapidamente, l’impatto sulle attività farmaceutiche sarà catastrofico”.


Che cosa accadrà ora? “Che si torna da capo” dice ancora de Zanetti. “Si stanno rendendo conto che quel sistema non regge più”. E ora “si iniziano a vedere le prime vendite di singole farmacie che tornano ai privati. Come nel gioco dell’oca, si ritorna al via. Vedremo se accadrà anche da noi e soprattutto si tornerà a valorizzare la figura del farmacista e il ruolo della farmacia come primo presidio nella filiera della salute” dice de Zanetti.

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Categories: Economia e Imprese