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Famiglie, associazioni, partiti e sindacati: l’importanza dei corpi intermedi

Per rivitalizzare la democrazia insidiata dal populismo è fondamentale recuperare il ruolo dei cosiddetti corpi intermedi della società

Famiglie, associazioni, partiti e sindacati: l’importanza dei corpi intermedi

Popolo e sovranità, democrazia e liberalismo. Le profonde trasformazioni che sta attraversando la società di inizio millennio sono testimoniate anche dall’utilizzo ripetuto, quasi inflazionato, di queste delicate categorie concettuali e dalla pubblicistica che su di esse si produce. 

Su questi temi torna, ad esempio, il francese Yves Mény, studioso di scienze politiche, che, da tempo, si occupa principalmente dell’evoluzione delle istituzioni pubbliche e che, già in passato, aveva affrontato il tema del rapporto tra populismo e democrazia con una particolare attenzione a come questo rapporto si sia configurato nella nostra epoca cosiddetta “postideologica e transnazionale” individuando, principalmente, nella globalizzazione e nella crisi delle élite tradizionali le spinte maggiori allo svilupparsi delle istanze populiste delle quali si guarda bene di dare un’accezione negativa o antidemocratica ma, al contrario, ne vede e sottolinea la funzione “purificatrice” grazie anche alla quale è possibile un ritorno ai veri e originali principi e valori della democrazia. Con “Popolo ma non troppo”, il suo ultimo saggio, fa un passo avanti nell’affrontare il vulnus aperto dalla disaffezione dei cittadini verso chi li ha governati nel recente passato e che reputa responsabili della crisi nella quale essi stessi sono precipitati pagandone, sulla propria pelle, le disastrose conseguenze in termini di benessere economico ma non solo. Politici, governanti, partiti, élites e mercati sono considerati gli espropriatori di quel potere che invece nel passato detenevano e amministravano. 

Si potrebbe continuare a dirla con Churchill secondo il quale “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora” ma, di certo oggi, la democrazia rappresentativa (l’unica che conosciamo) è sempre più in crisi, addirittura, secondo alcuni starebbe vivendo il suo tramonto definitivo. Il paradosso è dato dal fatto che uno dei maggiori artefici di questa crisi è da cercarsi in ciò che più ha aperto la strada al suo affermarsi nell’età moderna e contemporanea. Il liberalismo, impostato totalmente sulla difesa dei diritti e delle libertà individuali, considerati naturali e unica giustificazione dell’autorità statale, ha sicuramente e meritoriamente messo l’individuo al centro dell’intero sistema relazionale e, dunque, reso possibile il diffondersi della democrazia intesa come potere esercitato dal popolo. Ma, lo stesso liberalismo, in questo processo di “individualizzazione” della società e di conseguenza anche dell’economia e della politica, ha forse – ed è questa la tesi anche di Mény – un po’ “esagerato”, arrivando a distruggere in un sol colpo tutte quelle strutture sociali intermedie che si sono succedute e affiancate, anche in forme diverse, nel corso della storia dell’umanità. Quei legami tra individui a cominciare dalla famiglia, dalle associazioni, dalle leghe, dai partiti, dai sindacati, sono stati, di fatto, messi da parte dall’assolutizzazione del liberalismo che, così, è finito con il trasformarsi in individualismo. Certamente, la rivoluzione tecnologica ha giocato un ruolo fondamentale in questa corsa nel perseguire l’idea che si potesse fare a meno di ogni struttura di mediazione delle quali, al contrario, la democrazia non può fare a meno. Non è, però, soltanto la democrazia che non può esistere senza strutture associative, dalle più semplici alle più complesse. In realtà nessun tipo di società può sopravvivere senza legami, orizzontali o verticali che siano, tra le singole persone. Non c’è famiglia, non c’è comunità, paese, città, nazione, non c’è religione, non c’è Stato, che possa prescindere dalle relazioni interpersonali. Ecco, dunque, che il grande tema dei nostri giorni non è “semplicemente” quale possa essere il futuro della democrazia dinanzi all’avanzare dei populismi (che sono una conseguenza e non certo una causa della crisi) ma, bisogna allargare lo sguardo a quale potrebbe essere il futuro di una società che prova a fare a meno di ogni struttura intermedia.

Ma c’è un altro elemento che va considerato e indagato. Quello che, per facilità, possiamo definire l’eccesso di liberalismo se, come abbiamo visto, con una mano sta eliminando – o tentando di eliminare visto che la partita è ancora aperta – tutti i corpi sociali intermedi, organi vitali per democrazia e società, con l’altra ha prodotto un proliferare di istituzioni, soprattutto sovranazionali, che hanno di fatto realizzato un effettivo indebolimento di ogni capacità decisionale delle istituzioni democratiche conosciute. Una tenaglia dunque: dal basso la distruzione delle strutture associative e dall’alto il trasferimento dei poteri a soggetti sovranazionali sempre più lontani ed impersonali, ma anche incapaci di decidere. Non ci si stupisca allora del disincanto, della disaffezione dei cittadini verso i governi, ritenuti colpevoli, assieme a partiti, élites e mercati di averli espropriati del loro potere. L’effetto non poteva che essere una frustrazione di quello che, con una certa ipocrisia, continua ad essere definito il “popolo sovrano” e che, privato di ogni funzione sociale e decisionale, sceglie di riprendersi quella sovranità che gli è stata scippata. Un popolo che per questo diviene ingombrante per un regime che ha preteso di incarnarlo ma che in realtà non ha fatto altro che esautorarlo salvo poi accorgersi di averlo perso per guardarlo con una certa sufficienza usando in maniera dispregiativa la categoria di “populismo”. 

Thomas Stearns Eliot si domandava se “è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa”. Lo stesso potremmo fare noi oggi e domandarci se è la democrazia che ha abbandonato il popolo o il popolo che ha rinunciato alla democrazia. Di certo, qualunque risposta si voglia dare, “extra Ecclesiam nulla salus”. Come la Chiesa che pure ha bisogno di contrastare un pericoloso processo di laicizzazione, rimane necessaria e indispensabile per la salvezza perché traccia storica del disegno di Dio, anche la salvezza dell’umanità non può che passare attraverso la ricostruzione della politica, della sua capacità di decidere, delle sue diverse forme comunitarie, intermedie. Per farlo è necessario iniziare a correggere gli eccessi di liberalismo che, sacrificando la persona all’individualismo, ha pericolosamente eroso le fondamenta della società stessa. 

*Segretario Generale, Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

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