L’accordo politico sul falso in bilancio dovrebbe essere ormai alle porte. Il nuovo emendamento del governo, in dirittura d’arrivo, non contempla più soglie di non punibilità, ma introduce un nuovo criterio in base al quale comminare pene più o meno gravi: da 2 a 6 anni di carcere per i responsabili di società con un fatturato superiore a una certa soglia e da 1 a 3 anni per le aziende che rimangono al di sotto del limite di ricavi. Uno degli aspetti ancora in discussione è proprio l’altezza a cui fissare l’asticella che marcherà il confine fra una pena e l’altra. Sembra che una cifra di riferimento sia a quota 600mila euro.
L’obiettivo del doppio binario è tutelare le società più piccole (aprendo loro la strada del patteggiamento o di altre soluzioni, almeno la prima volta), che si suppone siano più esposte a errori, soprattutto perché non sempre dispongono al proprio interno di quelle competenze tecniche che invece non mancano mai nelle società più grandi.
L’emendamento, una volta messo a punto in maniera definitiva, sarà presentato non in commissione Giustizia al Senato, dov’è in corso l’esame del ddl anticorruzione (che prevede anche le misure sul falso in bilancio), ma direttamente in Aula.
Il Disegno di legge originario del Governo prevedeva delle soglie di non punibilità per le società non quotate: la pena non scattava per falsità o omissioni che determinassero una variazione del risultato economico non superiore al 5%. La nuova soluzione, invece, prevede che il reato sia sempre punito.