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Fallimenti: boom in arrivo a fine 2020

Per la seconda metà del 2020 è previsto un aumento delle insolvenze pari al 26% su scala globale – Ma tra i Paesi con il più forte calo di default nel 2021 si trovano quelli dell’Europa meridionale, tra cui l’Italia. Le stime Atradius

Fallimenti: boom in arrivo a fine 2020

Il Gruppo assicurativo e di recupero crediti Atradius prevede per il Pil globale una contrazione del 4,5% su base annua, il che rende questa recessione peggiore della crisi del 2009. La Cina è l’unico mercato importante che si prevede possa sfuggire alla recessione: essendo in anticipo sulla curva epidemica, Pechino ha avvertito il maggiore impatto economico nel primo trimestre del 2020, mentre nel secondo l’attività economica ha registrato una ripresa del 3,2% su base annua. La ripresa nel 2021 è in ogni caso incerta: sarà infatti condizionata dalla realizzazione di un vaccino o, in alternativa, da uno stato del mondo in cui gli effetti dell’allontanamento sociale sulle attività economiche saranno ampiamente superati.

RECESSIONE, LOCKDOWN E SETTORI ECONOMICI

La portata della contrazione economica varia da paese a paese ed è influenzata da numerosi fattori. Innanzitutto, si prevede che la recessione economica sarà maggiore nei paesi dove sono stati applicati lockdown più lunghi e restrittivi: Italia, Francia e Spagna sono gravemente colpite dal virus e hanno attuato lunghe e severe misure di contenimento. In secondo luogo, vanno considerate questioni di strutturazione settoriale: paesi dell’Europa meridionale come Spagna, Italia, Francia, Portogallo e Grecia sono più esposti alla crisi attuale, in quanto fortemente dipendenti da turismo e servizi. D’altra parte, i paesi dell’Europa del Nord dovrebbero in generale assistere a minori contrazioni: Germania, Danimarca, Austria e Paesi Bassi sono meno dipendenti dal turismo e stanno riuscendo meglio a contenere le nuove infezioni, con economie che sembrano adattarsi più facilmente alle restrizioni sociali. Al di fuori dell’Europa, Usa, Giappone e Australia hanno una prospettiva più positiva rispetto alla maggior parte dei paesi europei.

LE MODIFICHE AL DIRITTO FALLIMENTARE

La maggior parte dei paesi ha apportato modifiche temporanee al quadro normativo in materia di diritto fallimentare per proteggere le imprese dal fallimento: queste misure includono la sospensione temporanea delle procedure concorsuali, rese inammissibili nei tribunali, ad esempio impedendo ai creditori di avviare le procedure o innalzando la soglia del debito necessario per una dichiarazione di fallimento. La durata varia a seconda dei paesi, con il termine fissato in media tra maggio e dicembre 2020. Belgio, Italia e Spagna hanno emanato leggi che congelano temporaneamente le procedure concorsuali o dichiarano inammissibili i fallimenti: ciò significa che i creditori non possono ricorrere in tribunale per il fallimento di un’impresa che non è in grado di onorare i propri debiti. Altri paesi, come Singapore e l’Australia, hanno aumentato la soglia di indebitamento per dichiarare fallimento. Un terzo gruppo di paesi, tra cui Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Irlanda, Regno Unito e Usa, non ha apportato modifiche sostanziali ai propri regolamenti. Tuttavia, nel caso di Paesi Bassi e Regno Unito, la legislazione fallimentare è soggetta a una revisione più ampia che può influire sui fallimenti attualmente in corso. In Olanda, ad esempio, sarà più facile imporre ai creditori una ristrutturazione aziendale, il che potrebbe portare a un minor numero di fallimenti.

LE POLITICHE FISCALI

In secondo luogo, i governi e le banche centrali di tutto il mondo hanno adottato misure per contrastare gli effetti economici e sostenere le piccole imprese. Le misure fiscali hanno avuto l’impatto maggiore nel secondo trimestre, quando i lockdown erano più rigidi ed estesi. A loro volta, i governi di Germania, Paesi Bassi, Francia e Australia hanno dichiarato pubblicamente che le misure saranno estese oltre il secondo trimestre. Nell’Unione Europea è stato approvato il Recovery Fund da 750 miliardi di euro che ridistribuisce i fondi dei paesi che hanno avuto meno difficoltà durante la pandemia a quelli che ne hanno sofferto maggiormente gli effetti. Pur essendo efficaci nel breve periodo, è improbabile che le misure di spesa diretta e riduzione delle imposte impediscano a lungo termine un aumento delle insolvenze: anche se coprono i costi, non potranno evitare le perdite continuative di profitti, così nei settori interessati non si avrà altra scelta se non quella di presentare istanza di fallimento e riassegnare il capitale rimanente a settori più promettenti. Inoltre, i pacchetti fiscali approvati per far fronte alla crisi pesano enormemente sul bilancio pubblico, diventando insostenibile se protratti troppo a lungo, in particolare per Italia e Grecia. Ecco allora che il margine di bilancio resta limitato.

LE DIFFICOLTÀ PER L’EXPORT

In questo scenario, i dati diffusi dall’Istat segnalano ad agosto un mese timido per l’export italiano che ha fatto registrare un lieve calo congiunturale. Dopo le performance di maggio (+37,6%) e giugno (+14,9%), il mese scorso le vendite verso i mercati extra-Ue hanno fatto registrare una lieve diminuzione congiunturale, pari al -0,3%. La lieve flessione su base mensile dell’export è sintesi di dinamiche differenziate: in calo le vendite di energia (-19,6%), beni di consumo non durevoli (-1,6%) e beni strumentali (-1,3%), in aumento quelle di beni di consumo durevoli (+7,0%) e intermedi (+2,2%). Tuttavia, su base trimestrale, l’export segna una variazione ampiamente positiva (+25,9%) diffusa a tutti i raggruppamenti, ad eccezione di quello dell’energia, cui contribuiscono soprattutto i beni di consumo durevoli (+85,1%) e strumentali (+43,5%).

Per quanto riguarda le destinazioni del Made in Italy, l’export verso paesi Opec (-27,5%), Mercosur (-25,5%) e Russia (-20,0%) è in forte calo su base annua, mentre aumentano le vendite verso la Cina (+4,8%). Prosegue invece la fase di risalita delle importazioni, cresciute sia nell’ultimo mese (+5,1%) grazie soprattutto ad un incremento molto intenso per i beni intermedi (+22,4%), che su base trimestrale (+17,3%), con gli incrementi maggiori per beni di consumo durevoli (+70,7%) e beni strumentali (+31,3%). Tuttavia, su base tendenziale le importazioni registrano una contrazione più ampia ma in attenuazione (-16,4%), determinata principalmente dal forte calo degli acquisti di energia (-50,3%). Gli acquisti da Russia (-41,2%), Turchia (-28,8%), Usa (-24,7%) e Regno Unito (-23,3%) registrano flessioni tendenziali molto più ampie della media delle importazioni dai paesi extra Ue mentre appaiono in deciso aumento gli acquisti dai Paesi Mercosur (+25,1%). La stima del saldo commerciale ad agosto 2020 è pari a +3.272 milioni (contro +3.039 mln ad agosto 2019). Diminuisce l’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici (da + 6.220 mln a +4.882 mln).

BOOM DI FALLIMENTI IN ARRIVO

Gli analisti prevedono un numero molto più elevato di fallimenti nella seconda metà del 2020, +26% delle insolvenze a livello globale, sulla base di una graduale eliminazione delle misure di stimolo fiscale e una riapertura di tribunali e procedure fallimentari. Il temporaneo allentamento delle leggi in materia fallimentare per la maggior parte dei casi dovrebbe concludersi nel terzo trimestre di quest’anno, dal momento che gravano pesantemente sui bilanci pubblici. Gli aumenti più contenuti di insolvenze si riscontrano tutti in Europa: in Germania, Francia, Austria, Belgio, Svizzera e Italia le insolvenze aumenteranno probabilmente in percentuali che vanno dal 6% al 20%. La contrazione economica in questi paesi è generalmente più bassa, ad eccezione di Belgio e Italia, e hanno una minore reattività delle insolvenze al Pil.

Alla base di questa minore elasticità vi sono ragioni istituzionali. In Germania, ad esempio, la legislazione non incoraggia le imprese in difficoltà a presentare istanza di fallimento, bensì a tentare la strada della ristrutturazione. D’altra parte, anche l’Italia ha una relativamente bassa elasticità storica delle insolvenze ai cicli economici, ma per ragioni diverse: le procedure fallimentari sono lunghe e costose, dunque la maggior parte delle imprese in difficoltà preferisce liquidare i creditori attraverso i cosiddetti accordi di concordato preventivo. Tra le economie in cui si prevede un forte aumento delle insolvenze troviamo Turchia, Usa, Hong Kong, e in Europa Portogallo, Paesi Bassi e Spagna. Per tutti questi paesi ci si aspetta una notevole contrazione economica a giustificare il forte aumento delle insolvenze.

Le previsioni sulle insolvenze per il 2021 mostrano per alcuni paesi un aumento dovuto al ritardo delle registrazioni per via dalla sospensione temporanea dei procedimenti giudiziari. È il caso di Spagna, Australia, Canada, Francia, Svizzera, Norvegia e Finlandia, paesi che si prevede ne registreranno i maggiori aumenti. Per Svezia e Paesi Bassi, la crescita economica relativamente più debole a seguito della più lieve contrazione nel 2020, unita al ritiro dei pacchetti di sostegno fiscale, porta a prevedere un aumento leggero delle insolvenze.

Tra i paesi con il più forte calo di insolvenze nel 2021 si trovano quelli dell’Europa meridionale, tra cui Grecia, Portogallo e Italia: tutti beneficeranno di una ripresa economica relativamente forte. Atene rappresenta un caso particolare, dal momento che negli ultimi anni ha registrato una tendenza al ribasso delle insolvenze dovuta a riforme che rendono più facile la ristrutturazione di una società senza il coinvolgimento di un tribunale fallimentare. La Grecia è anche l’unico paese previsto con una diminuzione cumulativa delle insolvenze nel biennio 2019-21. Ulteriori esempi arrivano da Nuova Zelanda e Repubblica Ceca, che dovrebbero beneficiare di una ripresa economica relativamente forte nel corso del prossimo anno. Se nel complesso tutti i mercati vedranno un leggero calo delle insolvenze nel 2021, confrontando i numeri con quelli precedenti la recessione le stime sottolineano un livello di rischio comunque più elevato (+25%), nonostante la moderata ripresa economica prevista.

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