Altro che 50 milioni. I profili Facebook violati da Cambridge Analytica, la società di marketing politico che rubava dati personali per utilizzarli in campagne di propaganda, sono quasi il doppio di quanto emerso inizialmente: ben 87 milioni. La conferma arriva direttamente dal social network di Mark Zuckerberg.
“In totale – scrivono da Facebook – riteniamo che le informazioni di un massimo di 87 milioni di persone, per lo più negli Stati Uniti, possano essere state condivise in modo improprio con Cambridge Analytica”.
Di questi, 214.134 erano profili di utenti italiani (il dato arriva sempre da Facebook, che ha fornito anche i dettagli relativi ai singoli Paesi), coinvolti nello scandalo a causa dell’effetto domino innescato da soli 57 utenti del nostro Paese che hanno scaricato e installato la famosa app progettata dal docente Kogan e poi finita nelle mani di Cambridge Analytica. Di amico in amico, lo sguardo della società britannica ha allargato il proprio orizzonte con una progressione esponenziale.
Non solo: Facebook ha ammesso anche che i dati della maggior parte dei suoi due miliardi di utenti potrebbero aver subìto accessi impropri a causa delle possibilità di ricerca in base al numero di telefono o all’indirizzo e-mail.
Per questo la società ha annunciato un aggiornamento del trattamento dei dati personali che riguarderà anche le controllate Messenger, Instagram, Whatsapp e i visori Oculus. Per tutta l’armata sarà prevista la stessa politica.
“È chiaro che non abbiamo fatto abbastanza sulle fake news, sulle interferenze straniere nelle elezioni: è stato un grosso errore, è stato un mio errore”, ha detto Zuckerberg in una conference call con i giornalisti, ribadendo però che la strada per arrivare ai giusti livelli di sicurezza sarà ancora lunga.
Il Ceo, che ha confermato di voler testimoniare davanti al Congresso degli Stati Uniti l’11 aprile, ha anche detto di non essere a conoscenza del fatto che qualcuno voglia sfiduciarlo e alla domanda se pensa di essere ancora la persona giusta per guidare Facebook ha risposto senza esitare: “Yes”.
Intanto, però, con i passare del tempo lo scandalo continua ad allargarsi, il titolo Facebook rimane sotto pressione sul Nasdaq e – malgrado le dichiarazioni del diretto interessato – un grande investitore della società ha chiesto la testa di Zuckerberg. Si tratta di Scott Stringer, delegato al Bilancio della città di New York e gestore di fondi con almeno un miliardo di dollari di azioni in Facebook.