C’è un limite alla schiavitù dell’audience, ma quel limite è stato abbondantemente superato domenica scorsa nella pagliacciata di Beppe Grillo da Fabio Fazio “In che tempo che fa” sulla Nove. Più che uno show di un comico che ormai non fa più ridere nessuno è stato un comizio senza che Fazio sentisse il dovere di replicare, salvo che nella pessima caduta di stile di Grillo quando ha attaccato Giulia Bongiorno, che difende la ragazza che accusa Ciro Grillo di violenza sessuale. Che squallore. Ha proprio ragione Aldo Grasso, il migliore dei critici televisivi, che sul Corriere della Sera scrive di una “pagina non esaltante di tv, un goffo tentativo di ridare cittadinanza mediale a un signore che con gli sberleffi, la furia giustizialista, l’imbroglio politico mascherato da millenarismo pop e con una concezione della democrazia radicale (uno vale uno) che ha recato al Paese danni enormi”. Non si poteva scrivere meglio, ma se è giusto interrogarsi, come hanno fatto nei giorni scorsi su FIRSTonline Marco Cecchini, Alfredo Recanatesi e Bruno Manfellotto, sulla qualità (assai scadente) dell’informazione dopo l’irruzione del web, altrettanto va fatto per l’entertainment sulla tv e sulla radio. Che dire della volgarità di una trasmissione come “La Zanzara” su Radio 24 che fa audience, oh certo, ma offusca la reputazione e la credibilità di un gruppo glorioso come Il Sole 24 Ore? E non è che un esempio. Giù dalla torre Beppe Grillo ma anche Fabio Fazio e “La Zanzara”.