A maggio, per la prima volta da inizio anno, l’export italiano ha registrato una flessione congiunturale (-2,0% rispetto al mese precedente), dovuta al calo nei paesi extra-UE (-4,0%). Nel complesso dei primi cinque mesi dell’anno, SACE sottolinea la crescita sostenuta delle nostre esportazioni verso i Paesi UE (+25,4%): la performance si conferma molto positiva per Polonia (+39,0%), Paesi Bassi (+34,2%) e Spagna (+28,8%). Buona dinamica anche nei mercati extra-Ue (+22,3%), grazie alla crescita di Cina (+55,3%), Mercosur (+42,2%) e India (+35,3%). In miglioramento Giappone (+15,1%), USA (+11,2%) e Regno Unito (+9,8%). Si evidenziano performance favorevoli per l’export di autoveicoli verso Cina (+167,4%), Francia (+75,3%), e Regno Unito (+53,4%). Marcata la crescita anche per il comparto dei mobili, che segna un +59,8% verso Parigi, +57,0% verso Pechino e +51,6% verso Londra. In positivo verso le prime due geografie anche le vendite di articoli in pelle (+110,3% in Cina e +41,8% in Francia), a fronte di un calo nel mercato inglese (-18,8%).
A livello di raggruppamenti principali di industrie, continua la crescita dei beni strumentali (+32,2%); anche i beni intermedi mostrano un aumento marcato (+24,2%) e risultano essere l’unico raggruppamento a crescere anche su base congiunturale (+1,1% rispetto ad aprile). Incremento a doppia cifra anche per i beni di consumo (+17,0%). La ripresa è tuttavia ancora contenuta per i beni non durevoli (+10,8%), a fronte della forte performance dei beni durevoli (+56,1%). I mezzi di trasporto registrano una crescita diffusa, soprattutto in Spagna (+55,8%) e Germania (+43,7%), dove a trainare è il comparto automobilistico. Sostenuto anche l’incremento dei metalli e prodotti in metallo determinato dalla ripresa della domanda nel mercato unico (+47,9%), soprattutto in Germania (+55,9%), contro una crescita più contenuta verso i paesi extra-UE (+10,0%).
Tuttavia, il rimbalzo economico visto nel terzo trimestre 2020 non è continuato nei successivi: nei primi tre mesi di quest’anno, il PIL si è contratto dello 0,4% su base trimestrale e dell’1,4% su quella annuale. Atradius si aspetta l’attività economica italiana accelerare a partire dal secondo trimestre, in seguito alla campagna di vaccinazione tuttora in corso e all’allentamento delle restrizioni. Secondo Oxford Economics, il PIL italiano quest’anno dovrebbe rimbalzare del +4,6%, dopo una contrazione dell’8,9% nel 2020. Sia gli investimenti che le esportazioni sono previsti in crescita superiore al 10% su base annua; allo stesso tempo, il rimbalzo dei consumi privati rimarrà modesto a circa +3,5% (-11% nel 2020), a causa della riduzione dei redditi delle famiglie. La disoccupazione aumenterà dal 9,1% al 9,9% nel 2021-22, con quella giovanile ancora molto alta, oltre il 25%.
In questo scenario il debito pubblico italiano è un problema molto precedente alla pandemia. Dopo cinque anni con il disavanzo nell’intervallo 1,5%-2,5% del PIL, il deficit fiscale italiano è aumentato al 9,5% del PIL nel 2020, e si prevede che salirà all’11% del PIL nel corso di quest’anno. La causa di ciò è la recessione, con l’impatto negativo sulle entrate fiscali, insieme alle misure di stimolo destinate a rilanciare l’economia. Nonostante lo stato delle finanze pubbliche, un ampio pacchetto di stimolo di 32 miliardi di euro è stato approvato a marzo. Ecco allora che il debito pubblico salirà a quasi il 160% del PIL, continuando a pesare sul rischio sovrano: a medio e lungo termine, ciò riduce il potenziale di crescita economica e gli investimenti privati, lasciando poco spazio a nuovi investimenti pubblici.
Tuttavia, diversi fattori mitigano il rischio sovrano. La Banca Centrale Europea (BCE) continua a sostenere indirettamente le finanze pubbliche italiane con la politica monetaria straordinariamente allentata. La BCE si è impegnata ad acquistare asset nell’ambito del PEPP, aumentato ed esteso lo scorso dicembre, acquistando fino a 1,85 trilioni di euro di obbligazioni fino a marzo 2022. Questa mossa fornisce ai governi dell’Eurozona un po’ di spazio per aumentare le proprie emissioni di debito, tranquillizzando i mercati obbligazionari. Inoltre, gran parte del debito pubblico ha tassi d’interesse fissi e la scadenza media è aumentata a circa 8 anni.