Tuttavia molte imprese di produzione e trasformazione alimentare (soprattutto quelle di piccole dimensioni) continuano ad attraversare una fase di crisi: la concorrenza è forte e il potere contrattuale di grandi rivenditori e catene di discount continua a crescere, rendendo la vita sempre più difficile a molti dei loro fornitori i cui margini di profitto si mantengono bassi o persino in contrazione. Contemporaneamente le imprese del settore restano esposte a rischi non prevedibili, tra cui le oscillazioni dei prezzi delle materie prime e le problematiche in materia di salute pubblica. In un contesto d’incertezza, efficienza e bassi costi di produzione diventano essenziali per mantenere un vantaggio competitivo, sostenere crescita delle vendite e miglioramento dei margini di profitto: tutto questo, insieme alle economie di scala e al maggior potere contrattuale, sembra essere più facilmente raggiungibile attraverso la concentrazione del mercato. Non deve quindi sorprendere se in molti Paesi europei le attività di fusione e acquisizione, e il conseguente processo di consolidamento, hanno registrato un’accelerazione proprio nel settore alimentare.
Export e alimentare: è l’unione che fa la forza
Nonostante il settore alimentare registri un volume di export pari a 36,9 mld, produzione, trasformazione e vendita al dettaglio continuano ad essere frammentate e molte imprese sopravvivono solo grazie alla reputazione del “Made in Italy”.
Per l’economia italiana il settore alimentare è uno dei più importanti, con circa 385.000 addetti, un fatturato totale di circa 135 miliardi di euro nel 2015 e un volume di export pari a 36,9 mld. Dopo diversi anni di crisi economica, la performance del settore alimentare italiano ha registrato una ripresa nel 2014 grazie alla riduzione dei prezzi per l’energia e le materie prime. Come riporta Atradius, a livello globale il settore alimentare continua a registrare una performance soddisfacente, con il rischio di credito sostanzialmente stabile in molti Paesi. Rispetto ad altri comparti industriali, infatti, il settore alimentare dispone di una buona elasticità durante i periodi di crisi.
In Italia, tuttavia, i processi di produzione, trasformazione e vendita al dettaglio di generi alimentari continuano ad essere molto frammentati, con forte concorrenza, indebitamento elevato e pressione sui margini di profitto. Persino gli operatori principali sono più piccoli rispetto alle grandi catene di retail a livello internazionale, con il processo di concentrazione del retail che, secondo gli analisti, dovrebbe registrare un’ulteriore accelerazione nel 2017. Nonostante ciò molte imprese italiane, soprattutto nei segmenti della pasta e dei prodotti da forno, beneficiano della solida reputazione internazionale del “Made in Italy”. E le prospettive a breve termine restano positive, con un’ulteriore crescita della domanda proveniente da UE, USA e mercati asiatici.
Nel mese di ottobre 2012 è stata introdotta una nuova legge che fissa i termini massimi di pagamento per il settore alimentare a 30 giorni per le merci deperibili e a 60 giorni per quelle non deperibili; tuttavia, la nuova legge ha avuto finora un effetto limitato e i pagamenti nel settore alimentare richiedono in media 90 giorni. In linea generale, il numero di ritardi e insolvenze è basso rispetto ad altri comparti industriali italiani e dovrebbe mantenersi stabile nel primo semestre del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016, mentre la crescita del valore aggiunto del settore dovrebbe aumentare dell’1,2%.