X

EXPO, meno 6 all’inaugurazione: la presenza del Medio Oriente e del resto del mondo

Mancano ormai solo 6 giorni alla inaugurazione dell’Expo 2015 di Milano dedicata al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” (1° maggio – 31 ottobre). Proseguiamo il nostro tour virtuale che abbiamo avviato su First on line il 19 febbraio scorso con la visita ai padiglioni dei paesi del Medio oriente e del resto del mondo.

I ricchi paesi del Golfo hanno dimostrato il loro interesse per il nostro paese e la passione per le Expo allestendo padiglioni di grande interesse. Il più spettacolare, è quello degli Emirati Arabi Uniti, che, fra l’altro, si sono aggiudicati l’Expo 2020. Il Padiglione, che si estende su uno spazio complessivo di 4.386 metri quadri, progettato dall’archistar Norman Foster ha muri di sabbia increspata dal vento alti dodici metri.

L’ingresso, delineato da uno schermo video lungo settantacinque metri, ricorda un vero e proprio falaj (è il nome degli antichi canale irrigui) digitale. L’esibizione principale è divisa in due parti. La prima è contenuta dentro un cilindro, che consente all’auditorium di ruotare, giocando con l’orientamento del pubblico. I visitatori transitano nella seconda parte dell’esposizione principale (Future Talk) prima di uscire tramite una rampa in discesa. La rampa passa accanto al ristorante, permettendo di vedere uno scorcio della cucina. Infine, al termine della rampa, si scopre un’oasi situata sotto e intorno all’auditorium che ospita esibizioni incentrate sul tema della sostenibilità.

Ma anche il Kuwait vuol lasciare un segno importante a Expo 2015. Il padiglione, il cui concept architettonico è stato sviluppato dallo studio di Italo Rota, è un affascinante spaccato del territorio della cultura, delle risorse umane e paesaggistiche di un Paese nato dal deserto e che in esso ha trovato la propria ricchezza. La struttura del padiglione richiama il profilo delle tradizionali imbarcazioni kuwaitiane, i Dhow, tuttora utilizzate nelle acque del Golfo Arabico.

Il percorso espositivo si sviluppa in tre sezioni: nella prima sono presentate le caratteristiche del territorio e del clima del Kuwait; nella seconda viene mostrato come lo studio e la ricerca scientifica abbiano permesso di trasformare queste condizioni complesse in un habitat ospitale e fertile; mentre nell’ultima sezione i visitatori possono immergersi in prima persona nella cultura kuwaitiana. Il viaggio all’interno del padiglione si conclude nel grande spazio dedicato alla ristorazione che, circondato da colture idroponiche all’esterno (pomodori, fragole, insalate), è arricchito da elementi tipici dei souk arabi e da un grande focolare al centro, consentendo ai visitatori di rilassarsi e gustare i sapori della cucina tradizionale kuwaitiana.

Il minuscolo, ma ricchissimo Bahrain non è da meno dei suo vicini. Il padiglione, 2.000 metri quadrati, è stato progettato dall’architetto Anne Holtrop e dal paesaggista Anouk Vogel. E’ concepito come un paesaggio continuo di frutteti che si intersecano in una serie di spazi espositivi chiusi. Costruito in pannelli prefabbricati in calcestruzzo bianco dalla lombarda Restaura, il Padiglione verrà trasferito in Bahrain alla fine di Expo Milano 2015 e sarà ricostruito trasformandosi in un giardino botanico. I componenti prefabbricati degli edifici, visibili attraverso le cuciture che li collegano l’un l’altro, ricordano le forme presenti nell’archeologia tipica del Bahrain. Il cuore del Padiglione rende omaggio a questo ricco patrimonio: dieci frutteti distinti, ognuno dei quali porterà i suoi frutti, in tempi diversi, lungo tutto il semestre di Expo Milano 2015.

Meno “firmato”, ma di sicuro interesse, anche il padiglione dell’Oman: su un’area complessiva di 2.790 metri quadri racconta la cura con cui gli omaniti tutelano, gestiscono e custodiscono l’acqua, preziosa risorsa vitale. Il visitatore potrà assaggiare prodotti locali come miele, datteri e latte di cammello, e passeggiare all’interno del giardino suddiviso in tre spazi, a simboleggiare il sole, la sabbia, il mare. E quello del Qatar che mette in mostra le tecnologie più moderne per un’agricoltura possibile ai confini del deserto.

Con benaugurante preveggenza gli organizzatori hanno collocato il Padiglione dell’Iran davanti a quello degli Stati Uniti. I temi della tradizione, sostenibilità, apertura verso la diversità, sono sviluppati nel padiglione dell’Iran, Paese ponte tra Oriente e Occidente. Il concept del Padiglione è stato studiato dal team guidato dall’architetto locale Kamran Safamanesh, la prima fase avanzata di architettura è stata sviluppata da Rah Shahr Architectural Consulting Engineers mentre la seconda fase è stata seguita dallo studio italiano RPA S.r.l.

I tre temi sono riassunti da un elemento che li contiene tutti: il sofreh, un riquadro di stoffa che identifica la tavola imbandita, uno degli oggetti più importanti per la cultura culinaria iraniana. Da questa immagine deriva l’architettura del Padiglione: una struttura aperta simile a una tenda la cui pelle interna ricorda il ricamo tipico del sofreh. La sua trama racconta la storia del cibo e dell’agricoltura del popolo iraniano passato e presente. Gradualmente la superficie si dispiega in aria in una parete curva a cellule triangolari, contenente diversi oggetti-teche espositive. In alto un mosaico di specchi riflette e riproduce quanto accade al di sotto. Il padiglione è diviso in due livelli distinti: il piano superiore è dedicato allo spazio espositivo, diviso secondo le sette regioni climatiche dell’Iran, mentre il piano inferiore è riservato ai prodotti tipici e alla cucina iraniana, insieme a tutti gli altri servizi richiesti per l’accoglienza dei visitatori.

Altro capolavoro diplomatico dell’expo la collocazione del Padiglione di Israele, a buona distanza da Iran e Usa, ma vicino a quello della Santa Sede. Il Padiglione, che si sviluppa su di un’area complessiva di 2369 metri quadri, grazie ai migliori strumenti e metodi di edutainment il visitatore è immerso in una potente esperienza visiva che presenta un meraviglioso viaggio nell’ingegneria agricola con uno sguardo verso il domani dell’umanità. Il padiglione è diviso in quattro aree. L’elemento caratterizzante ideato dall’architetto David Knafo è il “giardino verticale”: una parete lunga 70 metri e alta 12 interamente adorna di piante vive, i cui fiori e colori cambieranno con il passare delle stagioni.

Un impatto visivo di forte spettacolarità, per dar modo al Paese di affrancarsi dall’immagine di un territorio arido. Il richiamo alla vegetazione simboleggia la posizione d’avanguardia del Paese nel settore agroalimentare e nella lotta contro la desertificazione. Negli anni sono stati raggiunti dei grandi risultati grazie all’utilizzo di soluzioni innovative e tecnologicamente avanzate, all’ottimizzazione delle risorse idriche e alle opere di bonifica dei terreni incolti. Con la cucina a vista, all’interno del ristorante dai vividi colori e dal sottofondo musicale tradizionale, Israele conferma la volontà di stupire con i frutti della terra, la tradizione e l’ingegno.

Dall’Asia arrivano alcuni dei padiglioni più interessanti (oltre a quelli di Cina e Giappone che abbiamo illustrato rispettivamente il 21 marzo e il 18 aprile). Da non perdere quello della Malaysia. Il padiglione, che si sviluppa su 2.047 metri quadrati, ha la forma di quattro semi, simbolo di crescita, realizzati con il “Glulam” un innovativo legno strutturale ricavato da materiale locale. Interessanti anche quelli di Vietnam, Corea, Indonesia, Nepal e Thailandia. Quest’ultimo si estende su uno spazio complessivo di 2.947 metri quadri e ha una forma che riprende al centro quella del cappello tradizionale dei coltivatori di riso thailandesi, il “ngob”.

Ricca la presenza dei paesi africani. La maggior parte ha scelto di partecipare con la soluzione dei Cluster (vedi articolo del 15 aprile). Ma alcuni hanno allestito stand propri di notevole qualità come l’Angola, il Marocco, e il Sudan
L’America del Sud può vantare il sofisticato padiglione in legno bianco del Cile firmato da Cristian Undurraga. Ma è da visitare anche il padiglione del Brasile, 4.133 metri quadri, che riflette nelle strutture la metafora della rete – flessibilità, fluidità, decentralizzazione – per mostrare la connessione e l’integrazione dei diversi soggetti grazie ai quali il Brasile ha conquistato il ruolo di primato mondiale come produttore di cibo. Da non perdere anche i padiglioni di Argentina, Colombia ed Ecuador. E l’originale il padiglione dell’Uruguay degli architetti Diaz e Gimenez.

Assente l’Oceania, se si esclude il piccolo arcipelago della Vanuatu presente nel Cluster Spezie.

ECCO TUTTI GLI ARTICOLI SULL’EXPO PUBBLICATI DA FIRSTonline

19 febbraio: profilo generale; 1° marzo contributo di Accenture; 6 marzo contributo di Enel e FCA-CHN; 11 marzo contributo di Intesa San Paolo; 16 marzo contributo di Tim, Finmeccanica e Samsung; 21 marzo la presenza cinese; 31 marzo gli spazi Corporate; 4 aprile il padiglione francese; 10 aprile le ricadute di Expo sul mercato dell’auto; FCA per la mobilità sostenibile nella manifestazione; 15 aprile i Cluster; 18 aprile i padiglioni di Italia, Usa, Russia e Giappone; 21 aprile i padiglioni dei paesi europei; 24 aprile i padiglioni dei paesi del Medio oriente e del resto del mondo.

Related Post
Categories: Cultura