La decarbonizzazione, la tutela occupazionale e ambientale e gli ammortizzatori sociali restano i capisaldi della ripartenza dell’ex Ilva. L’incontro governo-sindacati di ieri a Roma ha fatto chiarezza sui possibili acquirenti di Acciaierie d’Italia. Il ministro Adolfo Urso ha detto che ci sono sei player per rilevare l’azienda e la gara dovrebbe essere pronta entro agosto. Sarà vero? Lavoratori e sindacati aspettano. In ogni caso sono queste le due notizie principali emerse dal solito elenco di cose di cui si parla da mesi. I punti di cui si diceva all’inizio restano il core business della ripresa completa di Taranto. Un fallimento dell’operazione vendita rimetterebbe indietro l’orologio del rilancio e Urso (almeno lui) dovrebbe trarne le conseguenze.
Ex Ilva, l’Ue ci guarda
Il via libera dell’Ue al prestito ponte da 320 milioni è nelle mani del governo che tra i sei operatori interessati ha parlato di due italiani, due indiani, uno ucraino e uno canadese. Va da se che l’Ue segue la vicenda per le somme assegnate. Secondo l’Ansa tra i gruppi italiani ci sono i nomi di Arvedi e Marcegaglia. Tra gli stranieri ci sono le indiane Vulcan Green Steel e Steel Mont, il gruppo ucraino Metinvest e la canadese Stelco. Si discute intanto se i lavoratori da mettere in cassa integrazione debbano essere 5.200 o 4.700 da luglio 2024 a giugno 2026. Per gli impatti ambientali, hanno assicurato i commissari dell’azienda, sono tutti salvaguardati dal piano ambientale del decreto del 2017, dove si stabilisce il limite massimo di produzione di acciaio a 8 milioni di tonnellate l’anno. Ma su questo punto non ci sarà vera chiarezza fino a quando non vedremo la nuova proprietà e gli obiettivi del piano industriale. L’ambiente non sarà aspetto secondario, sia dal punto di vista socio sanitario sia da quello penale. I precedenti accumulati possono solo spaventare.