Tutto rinviato al 2024. È in programma per oggi a Milano, presso lo studio del notaio Marchetti, la firma dell’accordo di proroga tra ArcelorMittal e Invitalia per l’ex-Ilva, oggi Acciaierie d’Italia. Come anticipato da FIRSTonline il 1° marzo, il colosso siderurgico che a Taranto gestisce il più grande stabilimento d’acciaio d’Europa, non cambierà proprietà né governance per i prossimi due anni e resterà nelle mani del gigante ArcelorMittal, che attualmente detiene il 60% del capitale a fronte del 38% di Invitalia (controllata dallo Stato italiano attraverso il Mef).
L’accordo di proroga tra ArcelorMittal e Invitalia
“Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti ha autorizzato i commissari straordinari del gruppo Ilva a sottoscrivere l’accordo di modifica del contratto quadro con le società del gruppo Acciaierie d’Italia (ADI)”, si legge in una nota del Mise.
“Lo schema di accordo, sul quale il comitato di sorveglianza ha espresso parere favorevole, prevede una proroga al 31 maggio 2024 dei termini, precedentemente fissati al 31 maggio 2022, per il verificarsi delle condizioni a cui è vincolato l’obbligo di acquisto dei complessi aziendali da parte di ADI. In relazione ai profili occupazionali, agli investimenti per l’ammodernamento degli impianti e agli interventi di riqualificazione ambientale vengono confermati, con rimodulazione delle tempistiche, gli impegni già previsti nel piano industriale”, continua la nota.
In base a quanto stabilito, ArcelorMittal continuerà ad avere in mano il 60% della società fino al 31 maggio 2024. Confermata per i prossimi 24 mesi anche la governance, con Lucia Morselli nel ruolo di Ceo, espressa da socio privato, e Franco Bernabé in quello di presidente, espressione dello Stato italiano. Rimane in piedi anche il piano industriale che stabilisce, tra l’altro, la sostituzione degli altiforni a carbone con forni elettrici alimentati da preridotto.
Trascorsi questi due anni, si procederà come previsto. Invitalia, verserà 680 milioni di euro e salirà dall’attuale 38% al 60% del capitale della società con ArcelorMIttal che gestisce i siti produttivi in Italia, acquistando i rami d’azienda Ilva.
Le motivazioni del rinvio
La ragione del rinvio del cambio di controllo e di governance è semplice: le condizioni sospensive indicate nel contratto d’investimento del dicembre 2020, che prevedeva che lo Stato dovesse salire al 60%, non sono ancora state superate. Una su tutte: la revoca del sequestro penale dell’area a caldo, posta sotto sigilli nel luglio 2012 con successiva facoltà d’uso riconosciuta per via dello status di impresa strategica nazionale dell’Ilva. Il dissequestro è stato richiesto alla Corte d’Assise di Taranto dagli avvocati di Ilva lo scorso marzo. La Corte, però, non si è ancora pronunciata, ma sulla decisione potrebbe incidere anche il parere negativo, seppur non vincolante, della Procura.
In questo contesto occorre ricordare che il termine per l’attuazione delle prescrizioni ambientali Aia scade ad agosto 2023. Solo a partire da settembre dell’anno prossimo, dunque, l’Ispra potrà verificare se gli investimenti ambientali indicati per avere meno emissioni inquinanti ed una produzione di acciaio più sostenibile, sono stati effettuati oppure no. Anche da qui la necessità di stabilire una proroga biennale e non più breve.