Foglia dopo foglia prosegue lo smantellamento del gigante immobiliare Evergrande, i cui debiti (305 miliardi di dollari ovvero 260 miliardi di euro) gravano come un macigno sulle sorti della finanza cinese. E non solo cinese a giudicare dal report di Bank of America. che stamane sottolinea come in questi anni le corporations Usa hanno fatto più utili con Pechino che negli Stati Uniti.
Anche per questo la notizia della sospensione degli scambi su Evergrande, decisa stamane a sorpresa e senza spiegazioni ufficiali da parte della Borsa di Hong Kong, ha fatto correre un brivido nella schiena dei grandi banchieri, consapevoli dell’effetto domino di un eventuale default del colosso del mattone su banche e società di gestione Usa, inglesi nonché francesi o la solita Ubs. In realtà, con il passare delle ore è filtrata l’indiscrezione che lo stop dei titoli Evergrande e della sua controllata Property Services erano legati al prossimo annuncio della vendita del 51% di quest’ultima ad un altro gruppo immobiliare, la Hopson Development, che rileverà il 51% della società di servizi quotata ad Hong Kong da poco meno di un anno per 5,1 miliardi di dollari (contro 7,7 dell’attuale valore di Borsa). Prende così velocità l’asta degli assets più pregiati di Evergrande: venerdì scorso era passato di mano il 20% della Shenging Bank, ceduto ad una banca di Stato. Assai più incerto il destino della New Energy Vehicle, la società dell’auto elettrica che Evergrande ha rinunciato a far debuttare in Borsa.
Facile prevedere che le vendite proseguiranno, magari coinvolgendo alcuni degli 800 cantieri fermi in tutta la Cina, una ferita che pesa su decine di migliaia di cittadini che hanno pagato case che non sono state ultimate. Quel che è certo è che non si ha traccia di pagamento per la nuova tranche di debito in dollari (200 milioni) in scadenza stamane. La linea delle autorità, insomma, sembra chiara: favorire il rimborso delle obbligazioni contratte con i clienti cinesi, rimandare al mittente quelli con le istituzioni occidentali. In fin dei conti, scrivono i giornali cinesi, chi ha acquistato a gennaio obbligazioni Evergrande ad un interesse dell’11 per cento sapeva di correre un alto rischio. Ed il governo di Pechino intende seguire la linea dettata da Xi Jingping: sì al legittimo desiderio di una casa per il popolo, no alla speculazione. Un intento nobile ma che si scontra con la realtà del mercato così come è cresciuto in questi anni, in una commistione tra interessi politici e consorterie varie.
Al proposito è emblematico il caso del compratore, la Hopson Property, un gruppo di dimensioni più che ragguardevoli (2,1 miliardi di dollari le entrate dei primi sei mesi) con forti interessi nelle zone a più alto tasso di sviluppo, dall’area di Shanghai e Shenzhen fino a Guangzhou (dove resta per ora senza proprietà la squadra di calcio allenata fino all’anno scorso da Fabio Cannavaro). La Hopson è stata fondata nel 1992 da un ex politico, Chung Mang Yee in cordata con alcuni notabili, accumulando rendite immobiliari. E per superare il conflitto di interesse, alla testa del gruppo è stata di recente nominata Chu Kut Yung, che altri non è che la figlia del boss.
Non sarà facile, date le premesse, venire a capo della bolla dell’immobiliare, settore che ha rappresentato fino al 40% del Pil del Celeste Impero oltre ad essere, grazie alle aste sui terreni, la prima fonte di ricavi per la finanza pubblica. Diciotto mesi fa, a rileggere le cronache, un lotto di 288 appartamenti a Shenzhen venne venduto on line in soli 14 minuti. Oggi, complici banche assai più severe, ci vorrebbero mesi o forse più.