Riunioni su riunioni, ma ancora il quadro per salvare Eurovita non è definito. Si sperava questa settimana nel tavolo organizzato al Mef, che vorrebbe evitare la messa in liquidazione del gruppo assicurativo, al quale si sono seduti banche e assicurazioni. Ma nulla. Questa settimana si è tenuta anche una riunione tra le associazioni dei consumatori e l’amministratore straordinario Alessandro Santoliquido. Ma nulla.
Persino il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha fatto cenno nelle sue Considerazioni finali ai cantieri aperti per una soluzione di sistema su Eurovita, vista l’assenza di un fondo di garanzia. Via Nazionale “segue attentamente la questione in collaborazione con Ivass e in contatto con le autorità di governo” ha dichiarato ieri Ignazio Visco ricordando che, nonostante la contrazione della raccolta netta delle gestioni separate, le compagnie assicurative italiane “sono nel complesso robuste e ben capitalizzate e in grado di reagire alle mutate condizioni di mercato tornando a privilegiare la componente prettamente assicurativa della propria offerta”. Ma nulla si muove.
Come si sa il “piano A” per salvare Eurovita era che le cinque maggiori compagnie assicurative (Poste Vita, Intesa Vita, Generali, Unipol e Allianz) acquisiscano ognuna un pezzo della società – con relative polizze – garantendo così la continuità dei contratti ai clienti, che vedrebbero così solo cambiare il nome della controparte. Questo piano però risulta molto più complicato del previsto. Ecco perché per l’immediato, si sta facendo largo il “piano B”: i big assicurativi aprono il portafoglio e ricapitalizzano Eurovita, per poi cucinare lo spezzatino in tutta calma.
La data del 30 giugno rinviabile solo con un accordo
Ma, per lo meno al momento, di certo c’è solo la data del 30 giugno, quando terminerà il blocco dei riscatti delle polizze vita, imposta dall’Ivass. Data che ha detto lo stesso Santoliquido, se si arrivasse a un accordo, si potrebbe spostare di un altro mese e teoricamente di 3 mesi, cioè fino a settembre. Ma sono ipotesi: “la proroga del blocco ci sarà solo se si trova una soluzione entro fine giugno, perché se il progetto di soluzione salta, allora verosimilmente si andrà in liquidazione” ha spiegato l’avvocato Antonio Pinto che rappresenta Confconsumatori. Del resto proprio le associazioni dei consumatori, ha detto Pinto dopo l’incontro, si stanno facendo carico di spiegare ai clienti che la corsa agli sportelli per i riscatti non avrebbe nessun senso logico e nemmeno ma anche economico. Infatti, tutti ovviamente saranno liberi di chiedere il riscatto, una volta che saranno passati con altra compagnia. Tuttavia, per coloro che non hanno una qualche effettiva esigenza economica a breve (ad esempio l’acquisto della casa o il sostegno dei figli…), un principio base di educazione finanziaria, sarebbe quello di proseguire nel contratto originario, per evitare possibili minusvalenze fisiologiche di mercato, collegate ad esempio ai titoli obbligazionari”.
Del resto occorre considerare che la qualità del patrimonio di Eurovita è buona, non ci sono investimenti su titoli in default, gli investimenti sono su asset solidi. Anche gli investimenti sui titoli di alcune delle banche distributrici rappresentano una componente minima (1%) del portafoglio.
Il vero nodo è: chi, quanto e come si paga. Il tasso richiesto
Non sono poche le rotelle che fanno parte dell’ingranaggio che si sta costruendo per evitare che il caso Eurovita non diventi un caso sistemico, modello Lehman. Ma alla fine tutto ruota intorno a un tema: chi dovrà pagare gli eventuali riscatti, sempre che si verifichino e ovviamente verrà a costare.
Se le banche sedute al tavolo (una quindicina in tutto con Intesa, Fineco, Fideuram, Credem e Sparkasse capofila) si dicono consapevoli della necessità di accollarsi questo onere per le polizze Eurovita che hanno distribuito nei loro sportelli, è proprio sulle modalità dell’intervento che le posizioni con le cinque big assicurative chiamate in campo ( Intesa Vita, Poste, Generali, Unipol e Allianz) appaiono ad oggi divergenti.
La cifra che le banche dovrebbero garantire sarebbe di circa 6 miliardi di gestioni separate, sempre se in linea teorica, tutti i clienti riscattassero in anticipo le polizze. Ma il rialzo dei tassi di interesse colpisce duro anche qui e gli istituti, secondo alcune fonti, avrebbero chiesto alle compagnie un tasso del 2,5% sulla liquidità che dovranno fornire, partendo dal rendimento dei titoli sottostanti.
Compagnie e banche più piccole non sono d’accordo
Ma non solo le compagnie non sono per nulla d’accordo, ma anche le banche più piccole tra quelle che hanno distribuito le polizze Eurovita nei loro sportelli ritengono il pricing degli istituti sistemici è ritenuto inaccettabile. Tra queste ci sono Banca di Piacenza, Banca Popolare di Puglia e Basilicata, ma anche Mps e Credem che hanno chiesto sostegno alle banche più grandi, quelle “sistemiche” fino a 2 miliardi. Inoltre le banche hanno sollevato il problema delle incertezze legate alla contabilizzazione della concessione di linee di credito concesse a loro volta ai clienti a condizioni non di mercato.
Il ruolo del ministero dell’Economia
Le cinque compagnie ( Generali, Poste Vita, Unipol, Intesa Sanpaolo Vita e Allianz) che hanno incontrato questa settimana i dirigenti del ministero guidato da Giancarlo Giorgetti hanno confermato la disponibilità a prendere parte al salvataggio, ma da quel tavolo non è uscito alcun accordo. Il ministero dell’Economia intenzionato, a quanto pare, ad assumere la regia dell’operazione di messa in sicurezza della compagnia finita in amministrazione straordinaria ora dovrà presumibilmente richiamare al tavolo le banche per cercare una sintesi. L’unica vera svolta potrebbe arrivare dalla concessione di una garanzia pubblica che possa coprire i costi per le banche più piccole, ma la richiesta in questo senso è rimasta finora inascoltata.