Nelle ultime settimane l’Europarlamento e il Consiglio dei ministri dell’UE si erano presi a sportellate. L’ultima risale a giovedì 24 quando l’Assemblea di Strasburgo ha bocciato, rimandandolo al mittente, il bilancio per il 2014. Con la motivazione che il Consiglio, appunto, aveva ridotto i saldi richiesti dall’organo parlamentare e anche quelli che erano stati proposti in origine dalla Commissione di Bruxelles. Ma nell’arco di ventiquattr’ore o poco più il quadro sembra essersi rasserenato. E tutto lascia prevedere che, mentre il comitato di conciliazione Consiglio-Parlamento si accinge ad avviare il negoziato per trovare in tempi strettissini (entro il 13 novembre) un’intesa sul budget 2014, anche il quadro finanziario pluriennale 2014-2020 e le integrazioni al bilancio di quest’anno possano essere varati prima della fine di dicembre.
Il primo segnale positivo è arrivato dal Coreper, il Comitato composto dagli ambasciatori dei 28 Stati membri presso l’Unione europea (che prepara i testi dei provvedimenti del Consiglio), che martedì 29 ha approvato la versione definitiva dell’accordo con il quale si è concluso il negoziato con il Parlamento europeo sulle questioni politiche, ancora in sospeso, che non sono regolate nel “pacchetto” legislativo relativo alla politica di coesione sociale, uno dei capitoli più importanti del progetto di bilancio settennale 2014-2020.
Fra le questioni sulle quali è stato raggiunto questo accordo una assume particolare rilievo poiché sembra indicare un’inizio di inversione di tendenza a sostegno delle aree economicamente più deboli dell’Europa, cioè di quelle che sono (o dovrebbero essere) le destinatarie naturali appunto delle poltiche di coesione. Sono queste regioni infatti quelle che trarranno il maggior vantaggio dall’inclusione, fra i criteri impiegati per individuare i territori più bisognosi del sostegno dei fondi strutturali europei, di tre parametri significativi in particolare per le regioni italiane in ritardo di sviluppo: il tasso di disoccupazione, il livello di povertà e la riduzione del prodotto interno lordo.
“Questo accordo – ha sottolineato il presidente di turno del Coreper per il secondo semestre di quest’anno, il lituano Raimundas Karoblis – è importante poiché consentirà di cominciare a impiegare sin dal primo giorno del 2014 quei 300 e passa miliardi di euro che il progetto di bilancio 2014-2020 ha destinato alla politica di coesione di nuova generazione”. Ed è importante anche poichè lo sblocco dei fondi per la coesione molto probabilmente consentirà il superamento del rifiuto, apertamente dichiarato, del Parlamento europeo di inserire il quadro finanziario settennale all’ordine del giorno della prossima sessione plenaria, in programma a Strasburgo dal 18 al 21 novembre.
Ma c’è un altro segnale che indirettamente contribuisce ad alimentare l’ottimismo sulle prospettive dei bilanci europei. Il segnale proviene dal Consiglio dei ministri dell’UE che mercoledì 30 ha approvato l’emendamento che assegna al bilancio 2013 quei 3,9 miliardi di euro necessari per saldare le fatture arretrate relative a pagamenti anticipati dagli Stati membri a valere sui fondi strutturali.
Una somma che, secondo un formale impegno sottoscritto a fine 2012 dai presidenti del Consiglio, della Commissione e del Parlamento europei, avrebbe dovuto integrare il bilancio 2013 prima della fine di quest’anno. “Un debito che il Consiglio si è rifiutato di onorare”. aveva affermato nei giorni scorsi il presidente del gruppo liberaldemocratico a Strasburgo Guy Verhofstadt. Dichiarazione alla quale avevano fatto eco quelle a muso duro del presidente dell’Europarlamento Martin Schulz (del gruppo dei socialisti e democratici) e del capo della delegazione italiana nel gruppo del PPE nonché relatore del bilancio in questione Giovanni La Via. Fermi entrambi sulla posizione che “senza la preventiva approvazione delle integrazioni al budget 2013, il Parlamento non darà il proprio consenso al bilancio settennale 2014-2020”.
“Evidentemente la fermezza del Parlamento ha avuto effetto”, dice ora Giovanni La Via. Il quale prevede che l’Europarlamento non avrà alcuna difficoltà ad approvare in occasione della plenaria di novembre l’emendamento relativo al “rabbocco” di 3,9 miliardi. Ma manifesta perplessità nei confronti di un altro emendamento licenziato dal Consiglio. “Si tratta – spiega – di una previsione di spesa di 509 milioni: di questi, 109 sono destinati al Frontex e ad altre spese per l’accoglienza degli immigrati e di coloro che chiedono asilo. Gli altri 400 milioni sono indirizzati ad interventi di solidarietà per i danni provocati dalle alluvioni in Austria, in Germania e nella Repubblica Ceca oltre che dagli incendi boschivi in Romania”.
Qui potrebbe aprirsi però un altro contenzioso fra il Parlamento e il Consiglio. “Al fondo di solidarietà si attinge in occasione di calamità naturali particolarmente gravi. Ma non si può accettare – aggiunge La Via – che il costo delle risorse giustamente indirizzate verso i Paesi colpiti da calamità naturali sia coperto per effetto di sottrazioni di fondi nei confronti di territori e popolazioni ai quali erano stati assegnati. E questo credo che il Parlamento non sarà disposto ad approvarlo”.
Ma alla fine, prevedono i frequentatori abituali dei Palazzi di Bruxelles e di Strasburgo, un accordo si troverà. E ci sono buone probabilità che l’iter legislativo degli emendamenti al bilancio 2013, del quadro finanziario 2014-2020 e – perché no? – anche del budget 2014 possano concludersi positivamente prima della fine dell’anno.