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Europa, “non perdere per strada il rapporto con gli Stati Uniti sulla sicurezza”: intervista all’ambasciatore Massolo

Intervista all’ambasciatore Giampiero Massolo, già segretario generale della Farnesina e oggi presidente di Mundy’s. “Popolari, socialisti e liberali sono destinati a rimanere l’asse portante anche della nuova legislatura europea. Per gli incarichi al vertice della Ue gli orientamenti dei Governi restano decisivi, ma è troppo presto per fare nomi. L’Europa deve costruire la sua sicurezza ma d’intesa con gli Usa se non vuole trovarsi a fare i conti in futuro con un nuovo Putin”

Europa, “non perdere per strada il rapporto con gli Stati Uniti sulla sicurezza”: intervista all’ambasciatore Massolo

Non si avventura a fare previsioni su quello che sarà il risultato delle prossime elezioni europee ma insiste sulla necessità per l’Ue di ripensare alla propria sicurezza in sintonia con gli Stati Uniti l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente di Mundys ed ex presidente dell’Ispi dopo una lunga carriera che lo ha visto ai vertici della Farnesina come segretario generale per poi passare alla guida dell’intelligence come direttore del Dis.

Ambasciatore Massolo non trova che in questa campagna elettorale per le europee si parli troppo poco di temi europei?
Assolutamente si. E’ una campagna centrata soprattutto su temi nazionali e riflette gli equilibri tra le varie forze di coalizione ma questo non solo in Italia. Anche le posizioni differenti sulla crisi di Gaza e sul sostegno da dare all’Ucraina riflettono dibattiti tra forze politiche nazionali.

Un voto che servirà quindi a ridisegnare più gli equilibri delle forze nazionali che quelli tra famiglie politiche europee?
Ha ragione la Meloni a dire che i conti si faranno solo alla fine quando saranno noti i risultati del voto anche dal punto di vista del numero dei seggi che verranno assegnati. Solo allora si potrà vedere come avrà influito sul peso tra le varie forze della coalizione e come potrà contribuire a ridisegnare nuovi equilibri tra le famiglie politiche europee.

Ma si può immaginare oppure no un’affermazione significativa delle forze conservatrici di destra?
Popolari, socialisti e liberali sono destinati a rimanere l’asse portante anche della nuova legislatura europea anche se probabilmente assisteremo ad un’affermazione degli schieramenti di destra come Ecr e Rn della Le Pen. Ma è difficile immaginare che questo potrà incidere sulle decisioni per gli incarichi come quello di presidente della Commissione. Come si è già visto nel passato per la nomina delle principali cariche europee serve un consenso molto ampio perché c’è una grande dispersione di voti. Il peso delle forze nel nuovo parlamento europeo sarà certamente importante ma è bene ricordare che alla fine al centro dei meccanismi decisionali restano sempre i Governi che devono raggiungere quel consenso ampio necessario all’accordo per gli incarichi dei vertici europei.

E parlando di incarichi di vertice possiamo realisticamente immaginare che una poltrona come quella di presidente del Consiglio europeo possa andare a ex premier italiani come Enrico Letta o Mario Draghi?
Mi sembra molto prematuro fare ipotesi del genere che in ogni caso rappresenterebbero un riconoscimento della professionalità e della competenza di due ex premier italiani. Ma detto ciò è troppo presto per fare nomi.

Il 22 maggio scorso i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Polonia hanno firmato un documento noto come Agenda Weimar per rafforzare la politica estera e di sicurezza europea, accelerare le azioni per la dimensione estera dell’Unione e accrescere l’influenza della Ue nel mondo. Cosa vuol dire tutto ciò? Che il tradizionale asse franco-tedesco si allea con il nuovo governo Tusk per contrapporsi ai sovranisti di Orban?
Tusk ha riportato la Polonia in Europa e ne ha aumentato il potere nella crisi dell’Ucraina perché si trova ad essere Paese di frontiera dal quale partono tutti gli aiuti militari a Kiev. C’è qualche dubbio tuttavia che l’asse franco-tedesco possa continuare ad essere necessario per il prossimo futuro né la presenza della Polonia potrebbe cambiare la situazione. Semmai il vagone di testa franco-tedesco avrebbe bisogno, come nel passato, del contributo italiano.

La crisi Ucraina alle porte dell’Europa, anche senza contare le fughe in avanti di Macron, interroga gli Stati membri sulla necessità di investire di più nelle spese militari come alleati Nato. Basterà tutto ciò?
Non potevamo immaginare, fino a due anni fa, che avremmo avuto ancora bisogno della Nato per difenderci. Ma su questo occorre essere chiari: non basta spendere di più sia esso il 2% o anche più del Pil. L’importante è non perdere per strada gli Stati Uniti. E questo lo si fa creando una più forte complementarietà tra Ue e Nato. La sicurezza l’Europa la deve costruire ma d’intesa con gli Stati Uniti se non vuole trovarsi a fare i conti in futuro con un nuovo Putin.

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