L’Unione europea ha iniziato il 2023 con uno scontro sull’energia. Tutto è avvenuto nel momento meno opportuno sia per le conseguenze della guerra in Ucraina, sia per i primi obiettivi di sostenibilità ambientale al 2030. Il dibattito, le divisioni e i provvedimenti sul nucleare, sugli edifici da rendere efficienti o quelli sulle auto con motori con carburanti e-fuel, sono la viva rappresentazione di cambiamenti che riguardano la vita di milioni di persone. La svolta energetica resta una priorità, sebbene gli scenari mutino settimana dopo settimana. Su queste tematiche abbiamo sentito l’opinione del Prof. Alberto Clò, economista, grande esperto di energia, direttore della Rivista Energia, già Ministro dell’Industria e del Commercio Estero negli anni ‘90.
Professore Clò, riguardo alle vicende energetiche in Europa Lei ha scritto che lo scontro principale è tra la Commissione e il Parlamento europeo. Ci può spiegare meglio ?
“Lo scontro si percepisce subito perché le proposte del Parlamento o della Commissione sono spesso in contraddizione fra di loro. Spicca l’assenza di democrazia energetica oltre al problema dei costi che ricadono sui cittadini e l’incostanza dell’opinione pubblica verso le politiche ambientaliste. Sia che si tratti di abitazioni efficienti, di automobili o di altro”.
Cosa intende esattamente per democrazia energetica?
“La mancanza della partecipazione e dell’intervento della popolazione sulle decisioni. Le scelte che si compiono vanno sulle spalle delle persone. A Bruxelles e Strasburgo c’è qualcosa che non convince. La gente si trova davanti a soluzioni di cui sa poco o nulla. Spesso le cose si vengono a sapere da un giorno all’altro. Eppure sono i cittadini che dovranno sostenere quelle decisioni”.
Sta dicendo che le forze politiche non fanno bene il proprio mestiere ?
“Dico che il confronto con i partiti o le istituzioni è inesistente. Conoscere bene cosa succede al Parlamento europeo, chi è a favore e chi è contrario a un determinato provvedimento, aiuta tutti. E poi ci si dimentica che i cittadini sono anche elettori”.
Si riferisce a qualcosa in particolare?
“Prendiamo l’esempio dell’auto elettrica. Sinistra e Verdi, in particolare, hanno sostenuto queste scelte, ma prima o poi saranno chiamati a spiegare il perché. Sono coerenti con le loro idee, ma l’auto elettrica può portare alla riduzione di 600 mila posti di lavoro”.
L’auto elettrica non la convince?
“Non è questo il problema. Penso che la sua diffusione è difficile e che alla fine non darà un grande contributo alla riduzione di CO2. Non bisogna considerare solo gli scarichi dell’auto quando viaggia, ma complessivamente tutta la sua vita”.
Le auto elettriche hanno anche costi più alti.
“Esatto. Le persone sono libere di acquistare ciò che vogliono, ci mancherebbe altro. Ma penso anche che le auto elettriche sono accessibili prevalentemente a persone agiate”.
Passiamo alla ristrutturazione energetica degli edifici. Anche questo è un tema molto dibattuto e divisivo. In Italia abbiamo avuto l’esperienza dei bonus. Che idea si è fatto?
“Partiamo dai costi. L’Europa introduce norme che diventano obblighi per i cittadini. Come ho già avuto modo di spiegare, non capisco dove sta la certezza che le bollette energetiche caleranno. Si devono calcolare i costi reali per rendere una casa green. Lo stesso discorso vale per l’occupazione e la crescita. Non vedo tutta questa sicurezza”.
Aggiungerei anche i tempi prestabiliti per eseguire i lavori.
“Certamente. Siamo davanti a proposte con progetti da chiudere entro il 2033. E perché non nel 2034 o 2032 ? In secondo luogo, ricordo che il patrimonio edilizio europeo assorbe il 40% dei consumi di energia e scarica il 32% delle emissioni. Va da sé che bisogna intervenire, ma altra cosa sono il modo e i tempi”.
Sbaglio o Lei ha detto anche che è una questione “di classe”?
“Si. Mi dice come fanno 25 milioni di proprietari di case in Italia a farsi carico di costi enormi per riqualificare le abitazioni? Magari ci vuole l’aiuto dello Stato, ma il governo ha sostanzialmente abolito il Superbonus che è costato più di 60 miliardi di euro per 360 mila edifici. Le case meno efficienti, poi, sono quelle abitate da persone meno abbienti che non possono affrontare i costi di una ristrutturazione energetica”.
Sul Superbonus l’Italia è divisa tra chi ne sostiene la validità e chi lo vede come uno spreco generalizzato nel settore dell’energia. Inoltre, in Europa ci sono differenze tra Paese e Paese.
“Lo so bene. Per questo sostengo che nelle proposte della Commissione e del Parlamento manca un impact assessment sui singoli Paesi. Anzi, ogni Paese può adattare le regole come ritiene: non penso sia una buona cosa”.
Ci sono spazi negoziali tra Commissione, Parlamento e singoli governi?
“Me lo auguro e questo per arrivare ad una normativa definita e chiara”.
A livello generale capisco che non è molto soddisfatto di ciò che l’Europa sta facendo per dare sostanza alla transizione energetica. È una strada obbligata, però gli ostacoli crescono invece che diminuire e i cittadini spesso sono confusi.
“Siamo davanti a quella che in un mio articolo recente, ho definito un’asimmetria temporale. Paghiamo oggi costi certi ed elevati per benefici incerti nel lungo termine. Questo non favorisce le decisioni che il singolo cittadino deve prendere. In particolare di coloro che hanno bassi redditi”.
Sono tutti i difetti di origine di cui parlava all’inizio?
“Si. La totale assenza di democrazia energetica, il fatto che ogni proposta comporta costi per i cittadini, la perentorietà e gli obblighi che derivano dalle decisioni”.
Cosa dobbiamo aspettarci, Professore Clò?
“Azioni più coordinate che scaturiscano da buone analisi dei problemi e vadano in una pluralità di direzioni, come dice anche il Professor Luigi Pellizzoni. Non mi sembra che l’Europa stia facendo questo”.
Assolutamente condivisibile la scarsità del dibattito pubblico e di conoscenza e condivisione degli impatti .
Personalmente poco convinto degli effetti ambientali ( ma anche del livello di inquinamento causato ) , apprezzo sopratutto la scelta di soluzioni che pongano fine all eccessiva dipendenza ed enorme trasferimento di risorse a vantaggio dei Paesi produttori di petrolio e di gas . La ricerca di fonti non fossili se pure può essere ispirata dagli ambientalisti e dalla grande finanza ( in cerca di nuove fonti di profitto ) , in ,singolare Unione di intenti ,dovrebbe avere anche l’obiettivo di ridurre i trasferimenti ai Paesi produttori di fossili ( shale compreso ) e di ridurre la bolletta energetica per consumatori oltre che ridurre (?) le emissioni nocive . Se l’Europa non enuncia in modo chiaro questi obiettivi renderà la transizione poco accetta ai cittadini e lascerà maggiore spazio alle lobby in cerca di riserve di caccia !!!