Entro il 2040 in Europa dovremo ridurre le emissioni di gas serra del 90%. Come era in parte prevedibile la Commissione europea ha raccomandato ai paesi membri di raggiungere il nuovo traguardo. Maroš Šefčovič, vicepresidente della Commissione per il Green Deal ha detto che “così facendo, manterremo la rotta della transizione verde, continuando a garantire la competitività delle nostre imprese a livello globale e creando posti di lavoro stabili”. Nei fatti è un nuovo obiettivo climatico e sempre misurato sui livelli del 1990. Nell’annuncio non si fa riferimento a traguardi sostenibili per il settore agricolo. Il possibile sforzo di riduzione del 30% rispetto al 2015 richiesto agli agricoltori contenuto nella prima versione del documento, è scomparso.
Il vento della protesta dei trattori ha soffiato forte sul Parlamento.
La legge sul clima con il piano di riduzione prevede a riduzione dei gas nella misura del 55% al 2030. La neutralità climatica dell’Unione resta fissata al 2050. Quella di oggi- spiega la nota di Strasburgo- stabilisce una serie di condizioni politiche necessarie per raggiungere l’obiettivo del 90%. La garanzia della competitività dell’industria europea, una maggiore attenzione a una transizione giusta che non lasci indietro nessuno, condizioni di parità con i partner internazionali e un dialogo strategico sul quadro post 2030.
La novità per i commissari, rispetto all’ultima COP28 di Dubai, è che il resto del mondo si sta muovendo nella stessa direzione. Una lettura, diciamo, accelerata della transizione energetica da parte della Commissione, ma che ha visto 11 governi- eccetto l’Italia- sollecitare misure più stringenti. Le emissioni sono aumentate e COP28 non è stata il massimo per i traguardi mondiali per il clima. ” L’ Ue – aggiunge il comunicato- è stata all’avanguardia nell’azione internazionale per il clima e dovrebbe mantenere la rotta, creando opportunità affinché l’industria europea possa prosperare in nuovi mercati globali per le tecnologie pulite”.
Nuove regole dopo le elezioni di giugno?
Siamo comunque sempre a una segnalazione non cogente, per l’evidente condizione pre-elettorale. Il tema sarà centrale nella campagna per il rinnovamento del parlamento di Strasburgo. Da qui a giugno, insomma, si muoverà poco o nulla.
La questione dei pesticidi, rinviata sempre ieri dalla Presidente Ursula Von der Leyen, indica la cifra del momento politico. Era importante rivedere la strategia per tutto ciò che ne consegue sull’industria e sugli approvvigionamenti di energia. L’argine vero alle emissioni sostanzialmente è stato spostato.
I danni per tutti
Le rinnovabili hanno segnato passi avanti nel 2023 e avere approvato una tassonomia con più fonti va a merito dell’attuale Commissione.
Ma nessuno sa cosa accadrà a giugno. L’Europa del post voto vuole essere resiliente contro le crisi future, è stato detto. Vada come vada la guerra in Ucraina, resta in gioco l’indipendenza energetica dalle importazioni di combustibili fossili.
Nel 2022 i danni sono stati più del 4% del PIL di tutto il Continente. I costi e gli impatti umani dei cambiamenti climatici sono sempre più visibili.
Negli ultimi cinque anni, i danni economici provocati dai cambiamenti climatici sono stati stimati in 170 miliardi di euro. La valutazione d’impatto della Commissione aggiunge che “un maggiore riscaldamento globale dovuto all’inazione potrebbe ridurre il PIL dell’UE di circa il 7% entro la fine del secolo”. Nonostante scenari di queste dimensioni a Strasburgo non hanno potuto fare di più. Una raccomandazione a futura memoria .
Purtroppo bisognerebbe fare di piú ma nessuno si vuole sporcare le mani. Rimandiamo sempre a chi verrà dopo di noi, un’altra occasione persa.