Sliding doors giallorosso. La sfida contro il Manchester United (ore 21), infatti, è un vero e proprio crocevia per la stagione della Roma, ancora nel limbo tra un possibile trionfo e un fallimento senza appello. Da una parte l’opzione A, dunque vincere l’Europa League e, allo stesso tempo, qualificarsi in Champions dalla porta principale, dall’altra quella B, ovvero restare a bocca asciutta, con un inevitabile riflesso sui progetti societari, presenti e futuri. Trattasi dunque di match delicatissimo, anche perché l’avversario in questione non è certo abbordabile: il coefficiente di difficoltà è massimo, ma d’altronde, arrivati a questo punto, non si scherza più.
“È la partita più importante della mia carriera – ha spiegato Fonseca senza mezzi termini – Si tratta di una grande opportunità non solo per il club e i giocatori, ma anche per la città. Purtroppo in campionato siamo calati, dunque questo trofeo assume un’importanza davvero enorme. Loro hanno tanti giocatori forti, quindi dobbiamo essere preparati, non possiamo andare là solo per difenderci: servirà il coraggio di giocarcela”.
Il tecnico portoghese sa bene di giocarsi tutto, anche se la sua avventura nella Capitale sembra comunque giunta al capolinea. Da diverse settimane si susseguono voci sull’arrivo di Sarri, peraltro mai smentite da nessuno, il che induce a pensare che i giochi, indipendentemente dal risultato finale, siano già stati fatti. Un conto però sarebbe lasciare da perdente, senza trofei e con una misera qualificazione in Conference League (sempre che il Sassuolo non tolga anche quello), un altro da trionfatore, portando un trofeo internazionale in bacheca dopo 60 anni (la Coppa delle Fiere del 1960/61) e, soprattutto, una qualificazione alla prossima Champions, preziosissima per le casse societarie: anche lui, qualora l’addio fosse confermato, ne guadagnerebbe in immagine e prestigio, rilanciandosi così per la sua prossima avventura.
Insomma, la posta in palio è alta per tutti, come si è visto dai duemila tifosi giunti a Trigoria per caricare la squadra, in vista di una trasferta che, da quelle parte, non evoca certo ricordi felici. Tre i precedenti della Roma a Old Trafford, tutti nel biennio 2007-2008 e tutti vinti dallo United: a bruciare particolarmente quello dell’11 aprile 2007, finito con un rotondo e umiliante 7-1. “Fu una delle nostre maggiori imprese internazionali”, ha ricordato Sir Alex Ferguson, all’epoca allenatore dei Red Devils, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport, ma a incendiare il clima ci aveva già pensato Ole Gunnar Solskjaer, anch’egli presente in quella serata, dichiarando di non conoscere la Roma e di non averla mai vista giocare. “Non volevo mancare di rispetto a nessuno, appena abbiamo saputo che sarebbe stata la nostra avversaria ci siamo informati – ha fatto marcia indietro il norvegese – La Roma è una grande squadra, con storia e tradizione, ma noi sappiamo cosa vuol dire vincere questa coppa: ci pensiamo da quando siamo scesi dalla Champions, ora vogliamo la ciliegina finale sulla stagione”.
A livello di formazione sembra star meglio il Manchester, alle prese con le sole assenze di Martial e Jones: Rashford, infatti, in dubbio per un problema alla caviglia, ha recuperato e sarà regolarmente in campo. Il 4-2-3-1 inglese vedrà così De Gea in porta, Wan-Bissaka, Maguire, Lindelof e Alex Telles in difesa, McTominay e Fred a centrocampo, Rashford, Bruno Fernandes e Pogba alle spalle di Cavani.
Qualche assenza in più invece per la Roma, che oltre al solito Zaniolo dovrà rinunciare agli infortunati Pedro, El Shaarawy e Calafiori e allo squalificato Mancini. Fonseca punterà così su un 3-4-2-1 con Pau Lopez tra i pali, Smalling, Cristante e Ibanez nel reparto arretrato, Karsdorp, Veretout, Diawara e Spinazzola in mediana, Pellegrini e Mkhitaryan sulla trequarti, Dzeko in attacco.