Tutto il mondo è Paese. Mentre l’Italia è ancora alla ricerca di se stessa e di un nuovo governo, parrebbe che anche in giro per l’Europa non tutti se la stiano ridendo. Anche chi un governo ce l’ha, teoricamente solido in quanto eletto da meno di un anno e senza le insidie del Porcellum, come la Francia, dove il presidente Hollande ha visto in pochi giorni naufragare l’immagine del proprio esecutivo (dimissioni del ministro delle Finanze Cahuzac dopo aver ammesso di avere conti all’estero) e del proprio partito, con la vicenda rivelata oggi da Le Monde secondo cui il tesoriere di fiducia Jean-Jacques Augier è azionista di due società offshore alle isole Cayman.
“Niente di illegale”, si è difeso Augier, ma la vicenda fa comunque arrossire una gauche che aveva basato buona parte della sua campagna elettorale proprio sulla moralizzazione dell’attività pubblica, e che ora vede i suoi stessi elettori raffreddare l’entusiasmo nei confronti di un presidente eletto poco più di 10 mesi fa: neanche due su tre di loro (il 62%) rinnoverebbero la fiducia a Hollande. Per non parlare poi di tutti i francesi: meno del 30% dei cittadini è attualmente soddisfatto del proprio presidente, un record negativo inedito nella storia della Repubblica transalpina.
Ma non va molto meglio dall’altra parte del Reno: la ricca Germania di Angela Merkel (paparazzata durante le vacanze pasquali a Ischia, circostanza che la avrebbe non poco irritata) offre oggi alle cronache internazionali la versione teutonica del nostrano caso Mps, con tutte le cautele e le dovute proporzioni. Deutsche Bank, il più grande istituto creditizio del Paese, è infatti finito nel mirino della rigidissima Bundesbank: secondo quanto riportato dal Financial Times tre ex dirigenti avrebbero tenuto nascoste perdite fra i 4 e i 12 miliardi di dollari su contratti derivati complessi nel pieno della crisi finanziaria globale fra il 2007 e il 2009. Francoforte smentisce seccamente ma il caso c’è e fa seguito a un’indagine avviata alla fine dello scorso anno dalla Securities and Exchange Commission (Sec), l’organo di vigilanza sui mercati degli Stati Uniti.
Infine, la Spagna, notoriamente compagna di disgrazie dell’Italia, come si vuole da tradizione mediterranea. La quarta economia dell’area euro, oltre a tutto il resto è ora coinvolta in uno scandalo che fa tremare persino il trono di re Juan Carlos, pronto ad abdicare in favore del figlio Felipe dopo la convocazione dell’Infanta Cristina davanti al giudice per il presunto coinvolgimento nel caso Noos. La 47enne dal sangue blu potrebbe infatti avere un ruolo compromettente nell’inchiesta per corruzione aperta alla fine del 2011 del tribunale di Palma di Maiorca, nelle Baleari, dove ora dovrà testimoniare come “persona sospetta” nel caso che coinvolge il marito Inaki Urdangarin, ex campione di pallamano che si è dato (maldestramente?) agli affari.
Secondo la magistratura, la Fondazione Noos avrebbe organizzato diversi eventi legati al mondo dello sport per il governo della Comunità Autonoma delle isole Baleari, giustificando con fatture false o gonfiate i soldi pubblici ricevuti dal governo regionale, nel periodo in esame (2003-2007) per un totale di sei milioni di fondi pubblici. Stesso tipo di illecito, fra l’altro, che in sede di Unione europea viene contestato al Real Madrid, uno dei club calcistici più ricchi del mondo e da sempre legato alla dinastia reale. Bruxelles sospetta che la società di Florentino Perez abbia sopravvalutato – rivendendoli alla Municipalità di Madrid – alcuni terreni di proprietà gonfiandone il valore del 5400%, da 421mila euro a quasi 23 milioni.
L’Italia si affretti a formare un nuovo governo: ci manca solo che rimaniamo indietro.