Oggi, dalle 7 del mattino, in tutto il Regno Unito tranne l’Irlanda del Nord si aprono i seggi (che chiudono i battenti alle 20) per l’elezione dei 73 deputati britannici al Parlamento europeo. Mezz’ora dopo porte aperte anche nelle sezioni elettorali in Olanda, dove la chiusura è fissata per le 21, per consentire ai cittadini del Paese dei tulipani di scegliere i 26 eurodeputati che per i prossimi cinque anni li rappresenteranno all’Assemblea di Strasburgo. Comincia così – con il voto nel Paese più antieuropeo d’Europa e in quello dove si è affermato uno dei partiti più euroscettici del continente – questa lunga tornata elettorale destinata a concludersi nella tarda serata di domenica 25 (le ultime sezioni elettorali a chiudere i battenti, alle 23, saranno quelle italiane).
Un caso o una perfida scelta politica di chi non ama l’Europa, per imprimere una spinta aggiuntiva al crescente euroscetticismo registrato puntualmente da sondaggi pre-elettorali a volte non disinteressati? A pensar male si fa peccato, ma talvolta ci si prende…, ripeteva Giulio Andreotti. Senza volere, per carità!, “far peccato” e tenendo conto che le norme europee (poche in realtà, per il resto sono di competenza di ciascuno Stato membro dell’UE) impongono a tutti i 28 uffici elettorali nazionali di non divulgare i risultati prima dell’ultima chiusura dei seggi (quelli italiani, alle 23 di domenica 25), non può non sorgere qualche dubbio. Sulla possibilità cioè che nell’arco delle 72 ore fra giovedì sera e domenica sera alcune indicazioni – relative ai risultati non soltanto in Gran Bretagna e in Olanda, ma anche in altri Paesi (Irlanda, Repubblica Ceca, Lettonia, Malta e Slovacchia) dove si vota venerdì 23 o sabato 24) possano filtrare dal segreto dei seggi dove le operazioni di voto, e anche quelle di scrutinio, si sono già abbondantemente concluse.
Come che sia, queste elezioni si tengono in una stagione cruciale per la lunga storia dell’integrazione europea, incominciata il 9 maggio di 64 anni fa con la dichiarazione di Robert Schuman. Quando il ministro degli Esteri francese offrì al cancelliere tedesco Konrad Adenauer, capo del governo della Germania sconfitta (considerata dalla Francia “il nemico di sempre”), il ramoscello d’ulivo della prospettiva, appunto, di un’integrazione sovranazionale.
Stagione cruciale poiché l’Europa, e meno che mai l’Italia, non è ancora del tutto fuori dalla devastante crisi economico-finanziaria esplosa ormai da sei anni, e non sembra aver imboccato la strada del risanamento e del rilancio. A causa di forti resistenze da parte di alcuni Paesi, ma anche dei deludenti effetti (ulteriore frenata dell’economia e sensibile crescita della disoccupazione) che le ricette suggerite dai portabandiera del rigore (Germania e Paesi nordici in primis) hanno determinato. Così che, oggi più che mai, si è allargato a macchia d’olio il disamore di ampi strati della popolazione nei confronti della prospettiva di “più Europa”. Testimoniata da un crescente astensionismo elettorale e dalla rapida affermazione di partiti e movimenti sostenitori di “meno Europa”, con il corollario di un drastico “no” all’euro. Di partiti e movimenti che, parlando “alla pancia” più che alla testa dei cittadini, pensano di poter allargare le loro aree di consenso. E scommettono quindi proprio sulle elezioni europee per raggiungere facili successi elettorali del tutto insperati fino a non molto tempo fa.
In un simile contesto, le elezioni europee – queste più di quelle che le hanno precedute dal 1976 in poi, da quando cioè il Parlamento europeo è eletto a scrutinio universale – offrono quindi ai cittadini dei 28 Stati che compongono l’UE l’opportunità di indicare in piena libertà di scelta all’Europa qual è la strada più conveniente da imboccare per riemergere dal gorgo della crisi. Anche poiché, quest’anno per la prima volta, il partito che prenderà più voti proporrà agli Stati membri un proprio candidato come presidente della Commissione di Bruxelles (in buona sostanza, il governo dell’Unione europea). Candidato sul quale l’ultima parola sarà costituita da un voto dell’Europarlamento. Così che, in buona sostanza, saranno gli elettori direttamente a decidere chi guiderà l’Europa per i prossimi cinque anni.
Questo è il motivo per cui la scelta di ciascun elettore quando sarà nella cabina del seggio dovrà necessariamente presupporre un approfondimento di questioni che ad alcuni possono apparire particolarmente complesse: valutazione che, certo, ha qualche fondamento. Ma certe complessità oggi, grazie a un’informazione sempre più completa da parte di un’enorme quantità di strumenti mediatici, a cominciare da internet. Dove, per comprendere meglio quali sono le poste in gioco e quali le soluzioni proposte, può essere utile navigare nei siti non solo dei giornali ma anche dei partiti; e soprattutto tuffarsi fra le pagine del sito del Parlamento europeo, che in tema di chiarezza e di completezza non è secondo a nessun altro.