Profitti, qualità del business, margini di crescita. Ma anche sostenibilità, diventata sempre più importante nelle strategie delle società. Ambiente, Sociale e Governance, i cosiddetti fattori ESG, sono ormai imprescindibili per qualunque azienda che intende crescere e avere un futuro. A dimostrarlo ci sono le politiche messe in atto da Eurizon (gruppo Intesa Sanpaolo) una delle più importanti società di gestione del risparmio del Paese, che da tempo ormai ha messo la sostenibilità al centro delle proprie scelte di investimento. Non a caso, due anni fa la società guidata da Saverio Perissinotto è stata tra le prime in Italia ad aver aderito alla Net Zero Asset Managers Initiative. Non solo, partecipa anche a numerosi gruppi di lavoro e campagne internazionali, tra cui il “Sovereign Bond and Country Pathways working group” promosso da IIGCC e la “Science Based Target Campaign 2023” di CDP con lo scopo di promuovere le migliori pratiche sul tema del cambiamento climatico e la trasparenza ambientale delle aziende nell’ambito dell’attività di stewardship collettiva. Inoltre, a questo proposito, Eurizon ha aderito nel mese di settembre a “Nature Action 100”, un’iniziativa globale guidata da investitori che ha l’obiettivo di promuovere le azioni necessarie per favorire la conservazione e limitare la perdita di biodiversità. Insomma, un impegno sulla sostenibilità a tutto tondo che guarda al presente, ma che mira anche e soprattutto a promuovere azioni virtuose che abbiano un impatto positivo sulle generazioni future.
Federica Calvetti, ESG Coordinator di Eurizon, spiega a FIRSTonline quali sono le iniziative intraprese dalla società negli ultimi anni, quali sono i traguardi raggiunti e come dovrà essere un asset allocation sostenibile nel 2024.
Dottoressa Calvetti, la sostenibilità e i criteri ESG stanno diventando sempre più centrali nella strategia delle società. Eurizon come si sta muovendo?
«Negli ultimi anni la sostenibilità ha acquisito un ruolo centrale all’interno dei processi decisionali delle società nelle quali investiamo e questo vale anche per noi. Eurizon ha intrapreso un percorso a lungo termine volto a creare dei modelli sostenibili che pensino alle generazioni future: dal 2021 la sostenibilità è uno dei valori fondanti di Eurizon e si declina in diversi ambiti. Innanzitutto, siamo una società di gestione del risparmio, dunque la sostenibilità è stata integrata nel processo di investimento. I criteri ESG vengono utilizzati nell’analisi e nella selezione degli strumenti finanziari. Rappresentano innanzitutto una dimensione di rischio: mappare e selezionare gli emittenti sulla base dei fattori ESG significa prendere in considerazione in quali rischi aggiuntivi può incorrere un’azienda sulla base del contesto in cui opera e delle proprie scelte e azioni. Non solo sotto il profilo ambientale e climatico, ma anche delle pratiche di governance adottate, delle modalità con cui viene gestito il capitale umano. I fattori ESG rappresentano però anche la dimensione dell’opportunità per un’azienda, specialmente alla luce delle sfide ambientali in cui la società opera e nel contesto del cambiamento climatico che sta interessando tutta la società. Il secondo modo in cui la sostenibilità entra nei nostri processi aziendali è attraverso la stewardship, quindi attraverso l’engagement con le società partecipate e l’esercizio del diritto di voto. Il nostro ruolo di azionisti nelle società in cui investiamo ci consente di partecipare alla vita societaria degli emittenti. Il voto rappresenta così uno strumento strategico a nostra disposizione per influenzare positivamente le società in cui investiamo. In ultimo dobbiamo tenere presente anche le attività di devoluzione della SGR. Abbiamo una gamma di prodotti riconducibili al sistema etico che si impegnano a devolvere una quota parte delle commissioni di gestione o una quota parte del patrimonio a beneficio di iniziative promosse annualmente dai dipendenti della SGR e valutate e approvate da un apposito Comitato. Nel corso degli ultimi anni abbiamo supportato numerose iniziative di carattere umanitario. Gli enti beneficiari di queste donazioni ci aggiornano anno dopo anno sui progetti che hanno potuto gestire grazie ai fondi ricevuti. Questo ci fa sentire utili anche da questo punto di vista».
Come ha già accennato, sostenibilità non significa solo ambiente, ma anche gestione delle risorse e dei diritti umani. Quali sono le vostre iniziative in questo ambito?
«All’interno dell’attività che svolgiamo in ambito ESG, ogni anno definiamo i temi chiave che vogliamo approfondire e sviluppare. Tra questi c’è sicuramente l’ambiente, ma anche le tematiche sociali e di governance sono messe in evidenza. In particolare sul sociale poniamo molta attenzione alla gestione dei diritti umani anche nelle catene di fornitura delle società nelle quali investiamo. Indaghiamo il modo in cui le aziende si impegnano ad offrire e garantire adeguate condizioni di lavoro ai propri dipendenti, le pratiche che adottano nei confronti della forza lavoro e cerchiamo di capire quali sforzi occorre mettere in atto per influenzare positivamente le catene del valore. Non agiamo sempre da soli, quest’anno abbiamo sottoscritto un’iniziativa di engagement collettivo chiamata Advanced. È sponsorizzata da UNI PRI ed è finalizzata a promuovere il rispetto dei diritti umani nei confronti di alcune aziende per cui la tematica risulta particolarmente sensibile. Vogliamo dialogare con le società per influenzare e indirizzare il modo in cui questi temi vengono affrontati, indagando come i diritti umani vengono rispettati, approfondendo le controversie che possono nascere, specialmente quando vi è un’esposizione a geografie particolarmente critiche, e capendo come l’azienda si muove in questi contesti. Per noi in particolare è importante capire qual è il livello di attenzione del management verso questi temi e il modo in cui li monitora e se ne occupa».
Su quali altri campi agite?
«All’attività di engagement uniamo il voto, che offre un segnale importante per il management della società, in particolare nel momento in cui ci rendiamo conto che non si sta facendo abbastanza su determinati temi, anche in materia di governance che per noi è la base della sostenibilità. Le aziende che adottano buone pratiche di governance generalmente performano bene anche sugli aspetti ambientali e sociali. Per esempio, proprio di recente abbiamo iniziato ad osservare come buone pratiche di corporate governance siano correlate positivamente a migliori risultati in ambito Net Zero. Siamo infine attivi nel Comitato Gestori di Assogestioni, partecipiamo alla formazione delle liste di minoranza grazie alle quali possiamo avere una rappresentazione negli organi sociali delle società che sono nei nostri portafogli e ciò ci permette di essere ancora più vicini alla società stessa. In generale tramite la governance e l’esercizio del diritto di voto diamo dei messaggi al management su quelle che sono le nostre aspettative minime».
Quali sono queste aspettative?
«Per fare un esempio, in materia di corporate governance, ci aspettiamo che ci sia una separazione tra Chair e Ceo, che le società adottino dei criteri di indipendenza del board. Il board deve essere diverso per genere, esperienza, punti di vista. Deve essere in grado di gestire i cambiamenti epocali che stiamo vivendo e di pensare fuori dagli schemi».
Concentriamoci ora sulla diversità di genere. Secondo gli ultimi dati, nell’Ue le donne continuano a guadagnare meno degli uomini, con un divario retributivo medio pari al 13%, mentre secondo l’Inps la differenza di retribuzione tra uomini e donne in Italia ha raggiunto i 7.922 euro annui. Quanto la diversità di genere incide sulla governance e sulla competitività e quali sono le mosse da intraprendere per ridurre le disparità?
«La parità di genere, anche retributiva, rappresenta un aspetto molto importante per Eurizon. A questo proposito, anche il regolatore, all’interno della normativa di settore, si è speso sul tema della diversità e dall’entrata in vigore della normativa SFDR di secondo livello ha imposto alle case di gestione di esplicitare l’unadjusted gender pay gap (ossia il divario retributivo di genere non corretto) e la presenza del genere meno rappresentato all’interno dei consigli di amministrazione delle società in portafoglio. L’industria ha pubblicato quantitativamente questi dati per la prima volta il 30 giugno del 2023. Salario, retribuzione complessiva e rappresentazione di genere sono estremamente importanti per il regolatore e diventano centrali anche nell’attività di stewardship che Eurizon effettua. Anche all’interno del Comitato dei gestori di Assogestioni poniamo molta attenzione al bilanciamento di genere delle nomine. Nel primo semestre di quest’anno, per esempio, il 51% dei candidati eletti nei cda nelle quali sono state effettuate nomine con la lista di minoranza erano donne. Ad oggi ci siamo dati delle linee guida in base alle quali votiamo contro il management delle società che non hanno almeno il 33% di donne nei consigli di amministrazione, eccezion fatta per Cina e Giappone dove sarebbe ancora troppo difficile rispettare queste percentuali. Ma comunque chiediamo loro che ci sia almeno 1 donna e monitoriamo i loro miglioramenti. Per quanto riguarda l’Europa l’obiettivo è raggiungere il 40%. In generale possiamo affermare che nei Paesi più sviluppati la tematica della rappresentazione è diventata importante per tutti, mentre siamo indietro sul tema della retribuzione, che è spesso legato anche a tematiche di retention della forza lavoro e al fatto che ci siano delle opportunità di carriera comparabili tra uomini e donne.
Torniamo alla Stewardship. Quali risultati avete raggiunto e quali sono quelli che intendete realizzare nel prossimo periodo? Vi è già capitato di votare contro determinate pratiche o cda perché non rispettavano i criteri che voi avete stabilito?
«Si, faccio un esempio: in tema ambientale le società possono portare i loro piani di transizione all’approvazione degli azionisti durante l’assemblea annuale. Si tratta delle proposte c.d. “Say on Climate”. Eurizon fa parte della Net Zero Asset Managers Initiative e dunque poniamo molta attenzione ai piani di transizione delle società e al modo in cui queste intendono traghettare i loro business verso modelli a basse emissioni. Quest’anno ci siamo dotati di una metodologia che ci permette di valutare in maniera oggettiva la credibilità dei piani. In ognuno di essi devono esserci degli elementi chiave minimi. Se non sono presenti, votiamo contro il piano, dando un messaggio negativo al management che l’ha presentato. Nel 2023 abbiamo votato contro dei piani di transizione che non rispettavano i nostri criteri. Lo stesso abbiamo fatto sulla materia sociale: per esempio, nel primo semestre dell’anno, la SGR ha espresso il voto su 14 risoluzioni che richiedevano alle società più trasparenza circa le operazioni in paesi ad alto rischio dove i diritti umani e dei lavoratori sono meno tutelati».
Passiamo agli investimenti, quanto incide la sostenibilità di un fondo o di un asset nelle vostre scelte?
«Il processo di investimento integra l’analisi finanziaria con la considerazione degli aspetti non finanziari che risultano tuttavia “materiali” ai fini della valutazione di una società. L’analisi dell’emittente basata su criteri finanziari quali profitti, aspettative di crescita, ecc. viene accompagnata da un’analisi di sostenibilità che tiene conto dei rischi e dell’opportunità rispetto al contesto economico e sociale in cui la società stessa opera. Poi, se scegliamo di investire, monitoriamo i risultati che l’emittente raggiunge sia sotto il profilo finanziario che sotto quello della sostenibilità. Utilizziamo infine la stewardship per dialogare con il management, partecipare ai lavori assembleari e agire attraverso il voto».
Come si colloca per Eurizon un asset allocation sostenibile nel 2024?
«Sicuramente quando parliamo di sostenibilità dobbiamo guardare anche alla gamma dei prodotti di investimento a disposizione. In Europa il trend è ormai chiaro: vi è grande domanda per prodotti di investimento che integrino i fattori di sostenibilità o abbiano dichiarati obiettivi sostenibili. Parlo in particolare dei fondi qualificati ai sensi dell’articolo 8 o dell’articolo 9 del Regolamento UE 2019/2088 (SFDR). Quando questa normativa è entrata in vigore a Marzo 2021, circa il 41% del patrimonio dei nostri fondi era costituito da prodotti articoli 8 e 9. Oggi siamo oltre il 70%. Una crescita raggiunta in due anni e mezzo grazie all’evoluzione e affinamento degli strumenti e delle strategie di integrazione positiva dei fattori ESG nel processo di investimento e alla crescente penetrazione nel tempo dei prodotti attenti alla sostenibilità. Va ricordato poi che i nostri prodotti non investono nei settori e considerati non responsabili (quelli delle armi controverse, dell’estrazione e produzione di energia elettrica da carbone termico e dello sfruttamento delle sabbie bituminose), ma anche negli emittenti che per loro natura presentano rischi di sostenibilità più elevati di altri perché hanno dei rating molto bassi. In questo senso il 2024 sarà sicuramente un anno di ulteriore consolidamento dei numeri dell’industria e di crescita di asset che inglobano in maniera positiva i fattori ESG nelle scelte di investimento».