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Etna: il team mondiale che studia il vulcano

«Tutto ciò che la natura ha di grande, tutto ciò che ha di piacevole, tutto ciò che ha di terribile, si può paragonare all’Etna, e l’Etna non si può paragonare a nulla» scriveva nel 1788 lo scrittore francese Dominique Vivand Denon dopo aver toccato le pendici del vulcano come tanti altri giovani che alla fine del ‘700 cominciarono a considerare la Sicilia una meta fondamentale del Grand Tour, tappa obbligata della vita dei rampolli europei, vista come un’occasione imperdibile di crescita ed elevazione culturale.

Con i suoi 3.340 metri di altezza l’Etna rappresenta il vulcano attivo più alto della Placca euroasiatica, una caratteristica che, insieme ai fiumi di fuoco che sgorgano periodicamente da una montagna vecchia 570mila anni, ha affascinato e continua ad affascinare letterati, studiosi e scienziati spingendo l’Unesco  a inserirla (nel 2013) nell’elenco dei beni costituenti il Patrimonio dell’umanità.

Alle sue pendici, al centro della città di Catania, la cui popolazione nutre un amore viscerale per quella che in dialetto viene affettuosamente chiamata “a muntagna”, si trova la sede dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia diretto dal sismologo Eugenio Privitera. Da piazza Roma, i tecnici controllano ogni respiro e ogni sussulto dell’Etna. Un piccolo esercito formato da ingegneri, sismologi, vulcanologi, geologi, tecnici spaziali e meteorologi osserva e studia 24 ore su 24 tutti le evoluzioni che avvengono in particolare nei quartieri sommitali. Un lavoro estenuante di raccolta dei dati che parte dalle rilevazioni dei gas emessi tra i pendii di lava nera, primo “segnale” della presenza di magma.

Poi, di tanto in tanto, l’Etna comincia a sussultare, “si arrabbia” per i catanesi, sbuffando colonne di lava alte chilometri. Nel dicembre 2015, secondo l’Idgv, sono stati raggiunti i 7 km di altezza, ma il “record” spetta ancora all’eruzione del 1999, quando dal ventre del vulcano fuoriuscirono masse di magma che arrivarono a 12km di altezza.

Ogni eruzione, ogni sussulto, viene vissuto come uno spettacolo che la natura regala a chi ha la fortuna di potervi assistere. In realtà spesso, la bellezza viene accompagnata da timori e disagi. Durante gli episodi parossistici più forti la pioggia di cenere inonda Catania, mandando in tilt il vicino aeroporto di Fontanarossa e causando più di un disagio ai cittadini.

Ma sono proprio questi i momenti in cui l’Idgv lavora più freneticamente utilizzando le strumentazioni più sofisticate, dalle telecamere ai centri di calcolo, passando per stazioni sismiche, presidi gps, strumenti magnetici e gravimetrici e sensori ad infrarossi. Lo scopo è quello di raccogliere il maggior numero di dati possibili provenienti dal suolo per poi confrontarli con quelli che arrivano dal cielo, dato che nel 2009 è stata creato anche “un sistema di osservazione satellitare”. Sull’Etna questi scienziati sanno ormai tutto o quasi e rappresentano una vera e propria eccellenza a livello mondiale. Ai non addetti ai lavori dovranno “accontentarsi” di osservare con ogni affascinati uno degli spettacoli più belli della natura.

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