Il processo Eternit si chiude con una sentenza storica. I giudici della prima sezione del tribunale di Torino hanno condannato a 16 anni di reclusione il magnate svizzero Stephan Schmidheiny (65 anni) e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne (91 anni). I due ex numeri uno della multinazionale avevano continuato a mantenere operative le loro fabbriche in Italia, esponendo i lavoratori alla contaminazione da amianto, che in molti casi si è rivelata fatale. Pur conoscendo i rischi, i supermanager non hanno imposto alcuna precauzione.
L’accusa aveva chiesto per gli imputati, accusati di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche, una condanna a 12 anni, saliti a 20 a causa della continuazione del reato. Schmidheiny e De Cartier sono stati giudicati colpevoli solo per gli stabilimenti di Cavagnolo (Torino) e Casale Monferrarto (Alessandria). Quanto agli stabilimenti di Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli), i reati sono caduti in prescrizione.
Il giudice Casalbore ha disposto anche una serie di risarcimenti, fra cui 100mila euro per l’Associazione nazionale esposti amianto, 4 milioni per il comune di Cavagnolo, 15 milioni per l’Inail, e 70mila euro per l’associazione Medicina democratica e per il Wwf. Altri indennizzi, mediamente di 100mila euro, per ciascuna delle sigle sindacali, che si erano dichiarate parti civili nel processo. A ogni parente delle vittime andranno 30 mila euro e in tutto il risarcimento ai familiari dovrebbe ammontare a 120 milioni.