“Il petrolio non ci interessa più”: le parole del presidente Edoardo Garrone sanciscono la svolta green di Erg che finirà, come annunciato dai vertici nel corso dell’incontro con la stampa nella centrale idroelettrica di Galleto, in Umbria (rilevata a novembre 2015 da E.On), con un possibile cambio di denominazione sociale e con l’ingresso, dopo la liberalizzazione programmata nel 2018, nel mercato retail dell’energia elettrica.
“Siamo gli unici tra i grandi produttori di energia – ha detto l’amministratore delegato Luca Bettonte – a non essere ancora presenti sul mercato retail: valuteremo un ingresso dopo il 2018, si tratta di 20 milioni di potenziali clienti e ci interessano”. Erg è stata fondata nel 1938 a Genova ed è l’acronimo di Edoardo Raffinerie Garrone: un legame, quello col petrolio, che ora non c’è più. “Siamo orgogliosi del nostro passato – ha detto il nipote del fondatore – ma ad oggi dei 5.330 GWh prodotti, l’85% arriva da fonti rinnovabili e il 12% dall’impianto termoelettrico di Priolo, in Sicilia, che non può tecnicamente considerarsi fonte rinnovabile ma che ha tutte le caratteristiche green. Siamo praticamente al 100% green”.
Rimangono fuori solo gli impianti di distribuzione di Total-Erg, una joint venture nella quale Erg partecipa con il 51%, che ancora funziona ma che è prontissima ad essere ceduta: “La joint-venture ha dato ottimi risultati ma non è più parte del nostro core business”, ha confermato Bettonte, ricordando che ormai Erg è il primo player italiano nell’eolico e che continuerà ad esserlo, con ulteriori 400 milioni investiti per la crescita organica nel settore, previsti dal piano industriale al 2018.
“Dal 2008 abbiamo venduto asset petroliferi per 3,3 miliardi, reinvestendone ancora di più (3,9, di cui 3 in Italia) in energie rinnovabili. Il tutto senza rinunciare a 800 milioni di dividendi distribuiti in questo periodo”. Proprio oggi Erg ha staccato la cedola del 2015, di 1 euro per azione (di cui 0,5 di dividendo straordinario). “La politica dei dividendi – ha aggiunto a tal proposito il vicepresidente Alessandro Garrone – è confermata: nei prossimi anni continuerà ad essere almeno 0,5 euro per azione, e confermiamo anche che la quota di maggioranza resterà della holding San Quirico della famiglia Garrone, anche se non è detto che resti al 63%”.
Nella svolta green è stata dunque data la precedenza all’eolico: “Il solare lo abbiamo scartato perché troppo basato sugli incentivi, mentre sull’eolico la politica degli incentivi ha funzionato, creando un’industria matura”. Erg produce 1.700 MW sfruttando l’energia prodotta dal vento (il 63% della propria produzione complessiva), di cui un migliaio in Italia. Una quota però destinata a scendere: “Prima del 2015 investivamo il 19% all’estero, in sei Paesi tra cui Bulgaria, Romania, Polonia, Francia, Germania e da ultimo nel Regno Unito con importanti investimenti previsti nel piano industriale al 2018 in Scozia e Irlanda del Nord. Ora la quota estera è al 37% e finirà per arrivare quasi alla metà”. Perché? “Vorremmo investire anche in Italia – ha spiegato Bettonte – ma non è possibile perché da più di un anno aspettiamo il decreto che regolamenti il settore”.
Una situazione che Bettonte ha definito “imbarazzante” e che mette a rischio il re-powering dei siti più redditizi. “Oggi potremmo sfruttarli ancora meglio con le nuove tecnologie, invece ci tocca investire in altri Paesi europei dove il margine di produttività è inferiore ma il rischio è ridotto perché almeno ci sono regole certe. In particolare in Francia e in Germania”. Un paradosso che non ha impedito a Erg di insistere sull’Italia, puntando anche sull’idroelettrico con un grande investimento su uno dei più interessanti bacini idrici europei, che ha sede a Galleto ma che in realtà interessa tre regioni del Centro (Umbria, Lazio e Marche) sfruttando l’energia prodotta dall’acqua di tre fiumi (Tevere, Nera, Velino) e dal lago di Piediluco, che alimenta una cascata ancora più alta di quella vicina – solo turistica – delle Marmore. “Sedici centrali, sette dighe e 150 km di gallerie: un complesso di assoluta avanguardia realizzato negli anni ’20-’30 e capace di produrre oltre 1.000 MW che si completano benissimo con l’eolico perché nella parte centrale dell’anno c’è meno vento ma va più forte l’idroelettrico”, spiega Alessandro Bianchi, ingegnere responsabile della centrale Erg Hydro di Galleto.
Un patrimonio tornato in mani italiane dopo essere stato rilevato negli anni prima dalla spagnola Endesa e poi da E.On. “Solo nel 2015 – precisa Bettonte – abbiamo investito complessivamente 1,3 miliardi di euro, di cui 950 milioni per la centrale hydro, rispetto a una capitalizzazione di Borsa di 1,8 miliardi: oltre 900MW di nuova potenza installata e acquisita negli ultimi dodici mesi”. Una scelta che ha avuto un ottimo impatto sull’ambiente (quasi un milione di tonnellate di CO2 evitati, pari all’equivalente emesso da 300mila voli Roma-New York) ma anche sui conti: i manager del gruppo hanno tenuto a sottolineare l’abbattimento del debito a 1,3 miliardi nel 2018 (nel 2015 è salito a 1,45) e i risultati del 2015 e del primo trimestre 2016 sono stati incoraggianti. A marzo il margine operativo lordo consolidato è cresciuto del 46% a 163 milioni e l’utile netto del 68% a 57 milioni. A dicembre, Erg ha chiuso con un utile netto a valori correnti di 96 milioni di euro, in forte aumento rispetto ai 60 milioni del 2014 (+60%).