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Enogastronomia: alla scoperta del vino bianco Gavi Docg, “l’intruso” nel Piemonte dei grandi rossi

Guai a dire che siamo nelle Langhe, ma è pur sempre Piemonte. Terra di bagnacauda, di zuppe e bolliti, di carni, formaggi e tartufi e, proprio da queste parti, di ravioli, testa in cassetta e amaretti. Terra di grandi vini rossi, eccellenze dell’enologia italiana e sposati alla perfezione con le corpose pietanze tipiche di questa Regione.

Eppure a Gavi, in questo angolo di territorio al centro del triangolo industriale Torino-Milano-Genova, tra le colline di villeggiatura della storica aristocrazia ligure, con i loro saliscendi più volte pedalati dal campionissimo Fausto Coppi e l’outlet di Serravalle che ne è il simbolo commerciale del terzo millennio, si fa uno dei vini bianchi più apprezzati del mondo.

Ad assaggiarlo vengono da tutto il pianeta, persino i cinesi che si aspettano i classici Barolo o Barbera e che invece trovano il Gavi DOCG, detto anticamente Cortese, etichetta Doc dal 1974, Docg dal 1998 e primo vino al mondo OGM Free, non modificato geneticamente. A promuoverlo adesso è il progetto, che fa capo al Consorzio di Tutela del Gavi fondato nel 2011, “Gavi 972” (www.gavi972.it): 972 come l’anno di nascita di questo vino millenario, da sempre bianco per l’influsso della Repubblica di Genova di cui ha fatto parte per secoli (il capoluogo ligure dista meno di 50 km), e così antico da essere stato assaggiato, come narra la leggenda, persino dall’imperatore Federico Barbarossa, che frequentò queste terre nel XII secolo.

Far conoscere un prodotto del genere è dunque d’obbligo, vista la sua storia e le sue caratteristiche uniche che nascono da un territorio particolare, che con la sua composizione calcarea (la terra dei vigneti è in alcuni punti proprio bianca) e la vicinanza del mare dà al vino quell’impronta secca, quasi salmastra, mentre la lavorazione a freddo lo rende insolitamente (per un bianco) conservabile negli anni, favorendone la spumantizzazione e il connubio con qualsiasi tipo di cucina.

In realtà, prima ancora che agli sbalorditi operatori cinesi (“E’ l’Oriente la nuova frontiera del mercato del vino”, conferma il presidente del Consorzio Giampiero Broglia) bisognerebbe farlo conoscere agli italiani stessi che, “a forza di seguire le mode”, come denunciano alcuni dei 320 produttori (tutti a conduzione familiare, di cui il 30% gestito da donne) del Consorzio che comprende 11 Comuni intorno a Gavi per un totale di 1.450 ettari di vigneti, ne sanno meno di un qualsiasi straniero.

Già, perché il Gavi DOCG all’estero non ha bisogno di troppe presentazioni: delle 11,5 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, quasi l’80% è destinato all’export (per un giro d’affari di una cinquantina di milioni di euro). Un mercato che vede in Stati Uniti, Regno Unito (il Gavi è stato anche protagonista alle Olimpiadi di Londra 2012) e Germania gli sbocchi principali, ma il sapido sapore del bianco piemontese ha raggiunto qualsiasi angolo del pianeta, da Hong Kong al Libano, dalle Filippine a Dubai, passando per i Paesi dell’Est Europa (mercato in grande crescita, in particolare Russia, Ucraina e Serbia) per giungere fino a Trinidad&Tobago.

Ma non è tutto: questo prodotto di target medio-alto, che però adesso vuole conquistare anche una gamma più popolare con il contenimento dei prezzi, è stato promosso e utilizzato da alcuni degli chef più famosi del mondo, come Jamie Oliver e Gordon Ramsey, da sommelier di calibro internazionale come Charlie Arturaola e persino dal presidente americano Barack Obama, da sempre grande amante del made in Italy (oltre a bere Gavi, veste Brioni).

Gavi è stato anche citato da Dustin Hoffmann e Harrison Ford in due loro film, ma ora è tempo di guardare al futuro, per rendere ancora più glorioso un passato datato e prestigioso. In Italia? “Viste le attuali condizioni di mercato, è meglio continuare a puntare sulle esportazioni – dice ancora Broglia -: la sfida è quella del Far East, Cina e Giappone, come fanno da anni i nostri vicini francesi”. Già, perchè secondo gli esperti la Cina sarà nel 2020 il primo mercato del mondo, ma attualmente su 100 bottiglie importate solo 6 sono italiane, mentre le francesi sono 55. Un derby infinito, tra Italia e Francia: da Zidane e Materazzi a Pechino, passando per la provincia di Alessandria.

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