Enipower ha rinunciato a investire Taranto. La decisione è frutto della mancata conclusione del lungo iter autorizzativo avviato nel 2007, con la presentazione del progetto per la realizzazione di una nuova centrale a ciclo combinato. Enipower aveva avvisato: “Se la città non lo percepisce come un investimento positivo sia in termini ambientali sia economici, ritireremo senza dubbio il progetto”. E così è stato.
Le opposizioni locali sono state molte, nonostante ci fosse il parere del favorevole del ministro dell’Ambiente. Il progetto prevedeva che una nuova centrale a gas naturale sostituisse gli impianti alimentati a olio combustibile, riducendo le emissioni in atmosfera. Ma spiegarne ii vantaggi è stato inutile.
Il caso di Enipower a Taranto è solo l’ultimo di una lunga serie. Come racconta il rapporto Nimby (Non in my backyard) del 2012, in Italia le opposizioni a impianti energetici e infrastrutture sono aumentate dek 7% a quota 354. A farne le spese sono quasi sempre le multinazionali che decidono, di conseguenza, di investire altrove. Emblematico il caso di Decathlon e quello di Ikea (bloccata prima in Toscana, poi in Piemonte e in Veneto).