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Eni stringe la cinghia: “Così diventiamo una società più solida”

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Lo scenario esterno è completamente cambiato e cambia anche il piano strategico Eni per il 2015-18. Il taglio del dividendo va oltre le aspettative: 0,80 euro per il 2015, contro un’attesa di limatura intorno ad 1 euro (rispetto a 1,12 euro per azione pagati sul 2014).  Un taglio che sarà equamente diviso (metà  dividendo sarà pagato come anticipo sul 2015, il resto a saldo nel 2016) ma che si va a sommare allo stop sul programma di buyback, attraverso il quale si distribuiva liquidità aggiuntiva agli azionisti.

La Borsa  non ha gradito e sono scattati gli ordini di vendita. Ma il piano strategico presentato da Claudio Descalzi, alla comunità finanziaria a Londra,  va oltre il taglio del dividendo e risponde ad un forte riposizionamento dell’Eni, sempre più orientato sull’esplorazione e sviluppo, una sterzata sul modello della oil&gas company avviata sin dallo scorso maggio. Con l’obiettivo – dichiarato ripetutamente da Descalzi nel corso dell’incontro a Londra – “di essere pienamente sostenibili per via organica, senza attingere a riserve. Da qui la scelta di aumentare l’efficienza, ridurre i costi e aumentare il cash flow”. Anche se ciò comporterà, nel breve, un minor incasso di oltre 300 milioni per il Tesoro.

Il taglio al dividendo

 “Stiamo costruendo un‘Eni molto più solida, in grado di affrontare anche scenari di prezzo del petrolio in calo, continuando al contempo a generare risultati sostenibili e creare valore per gli azionisti. Nel nuovo scenario di prezzi del petrolio abbiamo ritenuto appropriato ribassare il dividendo per il 2015, in linea con i nostri obiettivi strategici”, ha detto Descalzi iniziando la sua presentazione. Il taglio del dividendo, ha detto rispondendo ad una domanda, “non è stato concordato con il nostro principale azionista, il Tesoro, ma prima di decidere abbiamo lungamente discusso nel board e fatto tutti i passi necessari per testare il polso di tutti gli azionisti. Si tratta comunque di un punto da cui ripartire”.
Un tema sul quale è voluta intervenire anche Emma Marcegaglia, presidente dell’Eni, per sottolineare il pieno appoggio del board alla scenlta del management. L’obiettivo per il futuro è di mantenere un equilibrio tra la riduzione del pay out che è previsto scendere dall’attuale 100% ad una quota variabile tra il 60 e l’80 per cento nell’orizzonte del 2017-18 a fronte di una cash neutrality che Eni stima di raggiungere con petrolio a 60 dollari il barile nel 2016 includendo le cessioni e per via organica nel 2017 escludendole.

 Crescita e sviluppo

Il piano parte da uno scenario globale radicalmente diverso da quello previsto nel piano precedente, con un prezzo del Brent stimato ora a 55 dollari al barile nel 2015, oltre la metà della media degli ultimi quattro anni, e previsto in graduale crescita fino a 90 dollari al barile nel 2018.

Nell’Exploration & Production (E&P) il gruppo prevede un tasso di crescita composito del 3,5% nel periodo del piano con un +5% nel 2015 e l’avvio di numerosi progetti: Goliat (Norvegia) nella seconda metà 2015, Perla (Venezuela) nella prima metà dell’anno, Angola avviata nel 2014 e in progressivo ampliamento fino alla seconda metà del 2017 come anche Octp in Ghana. In Indonesia Jangkrik è previsto partire nella prima metà 2017 mentre il Kashagan dopo vari rinvii è in lista per la prima metà del 2016. L’insieme dei progetti  è previsto generare 19 miliardi di euro di cash flow complessivamente con una produzione di 650 mila barili aggiuntivi nel 2018. Cora e Mamba in Mozambico da soli portano 160.000 Boe (barili equivalenti petrolio).

Per il gas and Power il piano prevede un flusso di cassa operativo cumulativo di 3 miliardi di euro e un completo allineamento al mercato oltre al completamento delle rinegoziazioni sui contratti Take or pay entro il 2016. Il ritorno all’Ebit positivo è previsto nel biennio 2015-16 e più marcatamente nel 2017-18. I risparmi sui costi operativi e di logistica sono valutati 300 milioni.

Nel Refining and marketing, il pareggio del flusso di cassa operativo e dell’Ebit adjusted è anticipato al 2015 con un flusso di cassa operativo cumulato superiore a 1,5 miliardi. Confermato il taglio della produzione del 50% già annunciato oltre al programma di riconversioni di cui Gela è “un pilastro”.

Nella chimica, il pareggio del flusso di cassa operativo e dell’ebit adjusted è fissato al 2016. Nelle previsioni del management Eni il taglio del 30% sulla produzione di materie di base e lo spostamento sulla chimica specialistica e bio, insieme alle riconversioni in corso, porteranno 400 milioni di cash flow nel periodo.

Investimenti e dismissioni

Il piano di investimenti si ridurrà del 17% rispetto al precedente piano (2014-17), a quota 48 miliardi circa. La maggior parte del taglio (13% su 17%) avverrà nell’upstream. Quanto alle dismissioni circa il 50% riguarderà la cessione di partecipazioni in recenti scoperte esplorative nelle quali Eni, detenendo quote molto elevate, intende diluirsi pur mantenendo il ruolo di operatore. Una quota del Mozambico potrebbe quindi essere ceduta ma non è inserita nel piano dove non si parla di Saipem. La cessione delle quote azionarie residue in Snam e Galp rappresenterà circa il 25% mentre il restante 25% deriverà dalla cessione di asset maturi upstream e di attività non-core nel mid-downstream (raffinazione e distribuzione).“Nell’elenco dei campi maturi – ha poi precisato Descalzi – ci sono asset in Africa, Golfo del Messico, Italia ma non entro nei dattagli perché abbiamo in corso negoziazioni. Cederemo quote di asset anche in campi dove abbiamo attualemnte quote di equity molto alte”.

Il free cash flow cumulato nel 2015-18 è previsto superiore ai 16 miliardi di euro con un incremento del 40% (confermato) nel corso del piano.

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