Eni archivia il 2020 con un rosso di 8,563 miliardi (contro l’utile netto di 148 milioni del 2019), di cui circa 3,3 miliardi di perdita operativa. Lo comunica il gruppo in una nota, precisando che la perdita netta adjusted ammonta a 742 milioni, per effetto “della flessione della performance operativa, dei minori risultati delle JV e altre partecipazioni industriali a causa del deterioramento del quadro macroeconomico e dell’andamento del tax rate”. L’utile operativo adjusted si è attestato a 1,898 miliardi, in calo del 78% su base annua.
“Nell’anno più difficile nella storia dell’industria energetica, Eni ha dato prova di grande forza e flessibilità, progredendo nel processo irreversibile di transizione energetica – commenta Claudio Descalzi, amministratore delegato del gruppo – In pochi mesi abbiamo rivisto il nostro programma di spesa e minimizzato l’impatto sulla cassa della caduta del prezzo del greggio, aumentato la nostra liquidità e difeso la nostra solidità patrimoniale”.
Eni non sfugge, dunque, alla profonda crisi che ha colpito il settore con prezzi del Brent in calo del 35% rispetto al 2019. Certamente è uno degli effetti del lockdown globale dovuto alla pandemia da Covid-19 ma anche il sintomo di una crisi strutturale che ha colpito tutti i grandi gruppi dell’oil, da Shell a Total, alla più piccola Repsol.
Nel solo quarto trimestre, Eni ha registrato una perdita netta di 725 milioni, un utile netto adjusted di 66 milioni e un utile operativo adjusted di 488 milioni. “I risultati del quarto trimestre, con un prezzo del Brent a 44 dollari al barile sostanzialmente stabile rispetto al trimestre precedente, superano le aspettative del mercato a livello di utile operativo e utile netto”, prosegue Descalzi.
Il manager sottolinea inoltre che “la generazione di cassa adjusted 2020 di 6,7 miliardi è stata in grado di autofinanziare i capex con un avanzo di 1,7 miliardi”, mentre “l’indebitamento netto (ante IFRS 16) rimane al livello di fine 2019 e il leverage si attesta intorno al 30%”.
In tutto il 2020, la produzione di idrocarburi ha raggiunto quota 1,733 milioni di barili al giorno, in calo del 7% rispetto agli 1,871 milioni del 2019, ma in linea con le attese del gruppo. Il consiglio d’amministrazione di Eni proporrà all’assemblea degli azionisti la distribuzione di un dividendo di 36 centesimi per azione (meno della metà rispetto agli 86 euro del 2019), di cui 12 distribuiti già a settembre in acconto.
“Mentre il settore upstream consolida fortemente la tendenza alla ripresa – conclude Descalzi – nell’anno i business destinati alla generazione e vendita di prodotti decarbonizzati hanno conseguito risultati eccellenti, con l’Ebit di Eni gas e luce in aumento del 17% e le lavorazioni delle bio raffinerie del 130%, oltre a 1GW di capacità di generazione da solare ed eolico già installata o in fase di sviluppo. Abbiamo posto le basi per una forte accelerazione delle rinnovabili, con l’ingresso in due mercati strategici quali gli Usa e l’eolico offshore del Mare del Nord, con la partecipazione al progetto Dogger Bank in Uk che sarà il più grande al mondo nel suo genere”.
PIANO STRATEGICO
“Ci impegniamo a raggiungere la totale decarbonizzazione di tutti i nostri prodotti e processi entro il 2050”, ha ribadito l’Ad Claudio Descalzi presentando la Strategy 2021-2024, che per Eni si arricchisce di ulteriori dettagli e di nuovi obiettivi intermedi per accelerare sulla transizione verde. Per quanto riguarda le emissioni di CO2, si aggiungono i nuovi obiettivi di riduzione di emissioni assolute del 25% entro il 2030 (rispetto al 2018), e del 65% entro il 2040. Sulla riduzione del carbone i nuovi obiettivi intermedi sono di un calo -15% al 2030, precedentemente previsto al 2035. Entro il 2040 Eni ha confermato di voler raggiungere l’obiettivo del -40%. Per raggiungere questi traguardi, il cane a sei zampe punterà sempre di più sulle rinnovabili, con una crescita della capacità installata da rinnovabili prevista a 15 GW entro il 2030.
Obiettivi ambiziosi anche sul fronte finanziario: l’Ebitda sarà raddoppiato a quasi 1 miliardo nel 2024, e Descalzi ha insistito su una migliore solidità finanziaria “per minimizzare l’impatto della volatilità dei prezzi”. Prevista la riduzione della cash neutrality del gruppo a copertura del capex e del dividend floor (0,36 euro per azione) sotto i 40 dollari al barile nel corso del prossimo quadriennio. Non mancherà nemmeno una migliore politica retributiva per gli azionisti: dividend floor a 0,36 euro per azione con Brent già a 43 dollari al barile, rispetto al precedente livello di 45dollari; buyback di 300 milioni l’anno con Brent a 56 dollari al barile. Confermato il buyback a 400 milioni/anno da 61 dollari al barile e 800 milioni/anno da 66 dollari.